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Contaminazioni
microbiche
VALUTAZIONE DELLE CONTAMINAZIONI BIOTICHE
Localizzazione temporale e spaziale della contaminazione
Origine della contaminazione: Contaminazioni primarie (materie prime). Un esempio lo troviamo nelle carni fresche; la contaminazione primaria si verifica prima che le masse muscolari siano esposte all'ambiente esterno (superfici, attrezzature ecc.) (microflora endogena). In questo caso la contaminazione si può verificare con due modalità:
a) Stress êCollasso Immunitario ê Aggressione dei germi attraverso il circolo ematico
b) Contaminazione a livello di iugulazione ê immissione di germi nel circolo attraverso coltelli sporchi. Contaminando il sangue l'organismo agonizzante non può più reagire ed i germi si possono propagare.
(Contaminazioni profonde e diffuse)
Contaminazioni secondarie (processo di produzione). Generalmente nelle carni si caratterizza per essere una contaminazione superficiale ê avviene durante la scuoiatura, l'eviscerazione, le manipolazioni e gli interventi effettuati sulle carni durante la lavorazione. Esiste una microflora sulle superfici dell'organismo che, oltre a poter annoverare gran parte dei microrganismi che destano preoccupazione, ha l'opportunità di arricchirsi per la connessione diretta con l'esterno, sia durante la vita dell'animale, che durante le operazioni di abbattimento (polmoni, mammelle, intestino, genitali), cosicché può rappresentare una fonte di contaminazione per le carni, quindi è necessaria la massima attenzione durante l'asportazione dei tessuti e organi che la contengono.
Nello stabilimento è necessario controllare:
1) Aria (effetto aerosol) ê gestione delle pressioni.
2) Acqua ê deve essere potabile ad eccezione di quella antincendio. La potabilizzazione prevede: filtratura, e clorazione per raggiungere 0,2 - 0,3 ppm di Cloro libero.
3) Suolo êsi ritrovano m.o. ubiquitari che parassitano organismi a sangue caldo e che tuttavia resistono all'ambiente esterno.
4) Contenitori degli alimenti
5) Utensili di lavoro
6) Personale addetto (libretto sanitario)
Non si possono purtroppo eliminare tutte queste contaminazioni quindi il prodotto finito avrà una sua flora microbica che però deve essere ridotta quanto più possibile.
Con la conservazione quindi dovremo usare metodi che limitino quanto più la flora microbica.
Magnitudo della contaminazione iniziale
Agenti microbici contaminanti: significato dei microrganismi presenti nel substrato alimentare
1) Agenti inerti ê per incapacità di determinare alcuna azione a causa delle potenzialità genotipiche o a causa delle condizioni ambientali e di substrato;
2) Agenti alteranti ê provocano deterioramenti o perdite di qualità del prodotto (cambiamenti di colore, odore, sapore, …)
3) Agenti patogeni ê hanno la capacità di provocare un danno all'organismo del consumatore.
4) Agenti tecnologici (lattobacilli, micrococcaceae, muffe, ecc.)
5) Agenti probiotici (lattobacilli), con funzioni positive nei confronti della salute umana.
MARKERS MICROBICI DI CONTAMINAZIONE
La valutazione di sicurezza effettuata mediante analisi microbiologiche presenta alcune difficoltà tecniche dovute a:
a) distribuzione non omogenea dei batteri patogeni nella massa di prodotto o nei singoli componenti (unità campionarie) del lotto di produzione;
b) presenza di cariche bassissime di patogeni, caratterizzati da particolare virulenza, i quali possono sfuggire alla ricerca analitica (tipico il caso delle
shigelle);
c) presenza di patogeni non batterici, dai virus ai protozoi agli elminti, la cui ricerca esula dai normali protocolli di controllo e presenta notevoli difficoltà di esecuzione.
Per questi motivi, oltre ai patogeni classici si effettua la ricerca di microrganismi in grado di evidenziare meglio il rischio di contaminazione da patogeni.
microrganismi "indice": agenti microbici non dotati di potere patogeno, aventi punti di comunanza con gli agenti patogeni, in relazione a:
1. Localizzazione e vie di trasmissione (ecologia)
2. Comportamento nei riguardi delle variabili tecnologiche.
microrganismi "indicatori": agenti microbici presenti nelle materie prime o nei semilavorati che, essendo sensibili ai trattamenti tecnologici, sono in grado di misurare l'efficacia di questi.
I gruppi microbici più frequentemente utilizzati
Carica Batterica Aerobica Totale: agenti microbici aerobi, in grado di crescere in terreno nutritivo, a 32° C in 48-72 h (mesofili), a 10° C in 10-15 gg (psicrotrofi), a 55° C in 48 h (termofili). (nelle acque 36° e 22° C.
Un trattamento di sanificazione è efficace se sulle superfici la concentrazione della C.B.T. è sotto 100 unità x cm2. Un altro trattamento dove sono utili gli indicatori è quello della potabilizzazione dell'acqua.
Enterobatteriaceae: batteri bastoncellari, aerobi facoltativi, Gram negativi, non sporigeni, ossidasi negativi, catalasi positivi, che fermentano gli zuccheri, capaci di ridurre i nitrati a nitriti
Coliformi totali: Enterobacteriaceae che fermentano lattosio con produzione di gas in presenza di sali biliari, o di altri agenti tensioattivi con analoghe proprietà inibitorie della crescita, in un minimo di ventiquattro ore ad una temperatura di 30° C
Coliformi fecali: Coliformi che crescono in un minimo di ventiquattro ore ad una temperatura di 44 °C ± 0,2 °C;
Escherichia coli: Coliformi fecali che producono indolo dal triptofano in 24 ore alla temperatura di 44 °C ± 0,2 °C.
Enterococchi: specie batteriche Gram positivi, di forma coccacea, disposti a catenelle, in grado di moltiplicarsi in presenza di bile al 40%, azide sodica ( sale biliare ) ed etil violetto (entrambi inibitori di Gram negativi e batteri sporigeni Gram +), a 37°C.
Clostridi solfito-riduttori: Bacilli Gram positivi, anaerobi, sporigeni in grado di ridurre il solfito (SO32-) a solfuro (S2-).
Batteriofagi (colifagi): virus in grado di attaccare specie batteriche. I colifagi sono virus che attaccano i batteri
coliformi.
APPROCCIO ALLA STIMA DEL RISCHIO ALIMENTARE DI NATURA MICROBIOLOGICA
Identificazione dei pericoli biotici. Nel caso dei pericoli biologici, la dimostrazione del legame fra la presenza nell'alimento dell'agente patogeno e lo stato di malattia conseguente all'ingestione può necessitare di informazioni relative alle condizioni in cui il microrganismo sopravvive, cresce, causa infezione e muore. Tutte queste informazioni saranno poi la base di lavoro per la valutazione dell'esposizione, dove l'impatto dei processi produttivi, dei sistemi di distribuzione, delle modalità di preparazione culinaria e di consumo dell'alimento saranno analizzate ed integrate (Lammerding A.M e Paoli G.M, 1999). Il percorso operativo con cui svolgere il lavoro è notevolmente diverso a seconda dell'obbiettivo preposto. Se la domanda preliminare è "può un tale microrganismo costituire un pericolo alimentare ?", le informazioni necessarie in questa fase riguardano tutti i dati epidemiologici in grado di chiarire se la trasmissione alimentare gioca un ruolo reale nella eziologia della malattia. Se invece la domanda preliminare è "può questo alimento costituire pericolo alimentare ?", allora la ricerca deve orientarsi sui dati epidemiologici e microbiologici in grado di determinare quali patogeni potrebbero essere associati all'alimento. I due approcci operativi condurranno a segnalare, nel primo caso un certo numero di alimenti che potrebbero potenzialmente costituire il veicolo per il patogeno, nel secondo invece un certo gruppo di microrganismi potenzialmente patogeni. In ambedue i casi si può intuire facilmente la mole di lavoro necessaria al raggiungimento di giudizi estremamente sintetici.
Procedura di identificazione dei pericoli biologici (strumenti di ricerca): dati epidemiologici; dati ed informazioni raccolti da strumenti di sorveglianza; studi di somministrazioni sperimentali eseguiti su animali o persone; report di casi documentati.
Stima dell'esposizione ai pericoli biotici. Nel campo degli agenti biologici, la valutazione dell'esposizione ad un determinato pericolo si basa sulla descrizione delle modalità con cui raggiunge la sostanza alimentare, il tipo di distribuzione, le opportunità di crescita presenti durante le fasi di produzione, distribuzione e consumo. Da questa analisi possiamo trarre gli elementi necessari a stimare quanto pericolo può raggiungere il consumatore, sia in termini qualitativi che quantitativi.
Il livello quantitativo della contaminazione potenziale è un elemento informativo che gioca un ruolo molto importante nella valutazione del rischio. La frequenza di infezione, la morbilità e la mortalità sono fattori correlati proporzionalmente con la quantità dei patogeni ingeriti. Proprio per queste ragioni, la stima della contaminazione non può essere calcolata semplicemente sulla base dei risultati di analisi microbiologiche effettuate sull'alimento. La presenza di un patogeno in un alimento è infatti spesso sporadica e raramente esiste una descrizione della distribuzione di un agente in un prodotto. Tuttavia, sotto l'azione di variabili connesse sia a caratteristiche intrinseche della sostanza alimentare che a fattori ambientali e modalità di consumo, anche piccole contaminazioni possono condurre alla realizzazione di pericoli gravi.
Così, quando un campione di alimento da all'analisi un risultato negativo, non dobbiamo farci ingannare, in quanto la presenza di germi potenzialmente patogeni esiste, ma viene considerata al di sotto del livello minimo di contaminazione rilevabile dal metodo analitico. In tali situazioni, se il prodotto viene successivamente manipolato erroneamente, può comunque essere causa di
tossinfezione.
I dati riportati in letteratura (vedi tabella) rappresentano una base di informazioni insostituibile, in quanto danno delle indicazioni sul livello di contaminazione delle derrate alimentari o sui prodotti finiti. Ma frequentemente l'incidenza dei patogeni nei prodotti finiti deve essere dedotta dal livello di contaminazione del prodotto crudo, valutando l'impatto dei fattori che agiscono successivamente, vale adire nelle fasi di produzione, distribuzione, preparazione e consumo.
La stima della contaminazione presente al momento del consumo viene quindi effettuata applicando modelli matematici predittivi, corredando eventualmente i risultati ottenuti con i dati analitici di verifica. Fra tutti gli strumenti in nostro possesso, i modelli matematici utilizzati nella valutazione della sicurezza dei processi termici possono vantare una affidabilità molto alta.
Un momento importante della stima dell'esposizione è la valutazione degli effetti sulla contaminazione dell'alimento degli interventi del consumatore. Questa fase può essere condotta in modo molto sofisticato, se si includono le tecniche di preparazione degli alimenti ed le modalità di consumo degli stessi, i quali comunque possono influenzare marcatamente, sia i livelli del patogeno nell'alimento, sia la quantità dei cibi consumati.
Ad esempio, la stima dell'esposizione ad un determinato pericolo biologico presente nella carne di bovino richiede la conoscenza dei tempi di cottura e delle temperature utilizzate nella fase di preparazione precedente al consumo. (ICMSF working group on microbial risk assessment 1998).
Stima del rapporto dose/risposta nei pericoli biotici. La definizione di risposta all'esposizione di pericoli biologici è stata affrontata, con il risultato di presentare varie possibilità, in rapporto alla tipologia di agente.
Nel caso degli enterobatteri vengono solitamente assunte a riferimento tre campi di caratterizzazione della risposta:
a) infezione;
b) morbilità;
c) mortalità.
Il termine infezione è usato con significati diversi nelle varie discipline che si occupano di microbiologia; è quindi importante fissare una definizione univoca. In microbiologia alimentare si intende l'avvenuta colonizzazione del microrganismo a livello intestinale, indipendentemente dalla manifestazione di una qualche sintomatologia clinicamente apparente.
Il parametro morbilità esprime la quota di popolazione esposta al pericolo che manifesta sintomatologia clinica. La mortalità invece indica la quota di individui che, a seguito della malattia, vanno incontro a morte. Per altri agenti biologici, i riferimenti relativi alla risposta sono diversi. Per esempio, potrebbero essere presi in considerazione l'incidenza di manifestazioni croniche, come artriti o sindromi uremiche-emolitiche.
Le variabili che caratterizzano la risposta dell'ospite nei riguardi di un'esposizione ad un patogeno alimentare sono contenute all'interno dei seguenti fattori:
1) virulenza del microrganismo;
2) numero di microrganismi ingeriti;
3) sensibilità individuale, stato di salute ed immunitario dell'ospite;
4) attributi dell'alimento che possono alterare le condizioni di partenza, sia dell'ospite che dell'agente.
1) Virulenza del microrganismo. La virulenza del microrganismo esprime la risultante degli effetti di vari fattori, che agiscono autonomamente o anche in modo combinato. Possiamo indicare fra i più importanti:
a) capacità a sintetizzare tossine;
b) possesso di fattori di adesione alle superfici tessutali e cellulari;
c) capacità ad eludere le risposte immunitarie dell'ospite;
d) capacità a resistere a condizioni estreme e agli antibiotici.
Molte di queste potenzialità sono contenute in geni extra-cromosomici e possono essere trasmesse fra individui di una stessa specie.
2) Numero di microrganismi ingeriti. La quantità di agente ingerita influenza sia la probabilità di infezione (morbilità), che la stessa gravità della malattia. Su larga scala, l'aumento di presenza di un patogeno su di un alimento provoca l'incremento della morbilità, la riduzione del periodo di incubazione e, generalmente, l'aumento di gravità delle manifestazioni patologiche.
L'espressione geometrica che lega il numero di microrganismi ingeriti alla percentuale di popolazione che manifesta la risposta si caratterizza per essere una curva sigmoide. Anche da questa rappresentazione emerge la considerazione che al di sotto di una certa dose, non si manifestano effetti sull'ospite. Si introduce cioè il concetto di "dose minima infettante". Tale campo della curva dose-risposta è già stato calcolato per molti agenti batterici (vedi tabella). Tuttavia, per effetto di considerazioni sulla estrema variabilità dei fattori in gioco, e per la conseguente adozione di tecniche di stima della probabilità, attualmente si tende a preferire un parametro che esprime in modo più appropriato il concetto di base, vale adire il punto "0" della scala: "probabilità di risposta per l'ingestione di una sola cellula batterica".
Nel caso della shigella, patogeno conosciuto per la sua alta infettività, la probabilità stimata è di 0,005. Vale a dire che possiamo affermare che su una popolazione di 1000 persone che ingeriscono una cellula di shigella, 5 individui diventeranno infetti (ICMSF 1998).
3) Sensibilità individuale, stato di salute ed immunitario dell'ospite. Su questo fattore si concentrano molte delle attuali attenzioni degli studiosi che si occupano di risk analysis. In effetti, molte condizioni fisiologiche, parafisiologiche o patologiche dell'ospite possono condizionare questo parametro. In particolare, possiamo enumerare fra le più frequenti:
a) età, soprattutto nell'infanzia e nell'anzianità;
b) stato di salute;
c) immunodebilitazione provocata da malattie (es. AIDS) o dall'azione di sostanze farmaceutiche (cortisonici, antinfiammatori);
d) particolari stati di ridotta attività delle difese aspecifiche (uso di formaci antiulcera, parasimpatico-litici, ecc.).
Stime attendibili sull'incidenza di individui particolarmente sensibili nella popolazione hanno potuto accertare che può raggiungere anche il 20% (ICMSF 1998).
Sotto questo aspetto, occorre tenere presente che se si utilizzano in modo semplicistico i dati calcolati nelle prove effettuate su volontari sani, l'infettività dei vari agenti sarà necessariamente sottostimata, proprio nei riguardi di quel 20% di popolazione. Nell'ambito dello studio delle modalità con cui procedere all'analisi del rapporto fra dose e risposta, ci si chiede fra gli esperti se sia più corretto considerare le quote di individui eccezionalmente sensibili come le code del diagramma di distribuzione dell'intera popolazione o collocarli in popolazioni a se stanti (ICMSF 1998). Una o l'altra possibilità ha ovviamente molte conseguenze per la fase della gestione della prevenzione. A gruppi delimitabili e specifici possono essere destinati provvedimenti preventivi altrettanto delimitati e specifici.
4) Attributi dell'alimento che possono alterare le condizioni di partenza, sia dell'ospite che dell'agente. Le caratteristiche fisico-chimiche e compositive dell'alimento possono in effetti condizionare anche marcatamente la risposta dell'ospite.
Fra queste condizioni possiamo inserire fattori che agiscono prima o durante l'ingestione. Nei riguardi della prima evenienza, una debole acidità dell'alimento può indurre nel microrganismo una resistenza alle condizioni ambientali gastriche. Durante il transito in ambiente gastrico, alcune componenti chimiche nell'alimento (es. lipidi) possono proteggere i microrganismi eventualmente in esse incluse. Allo stesso modo, lo stato liquido dell'alimento può indurre un incremento di velocità al bolo alimentare e ridurre gli effetti dell'ambiente gastrico sui microrganismi, particolarmente quando l'ingestione avviene a stomaco vuoto (ICMSF 1998).
Caratterizzazione dei rischi biotici. Nel campo dei pericoli biotici, si è giunti a caratterizzazioni del rischio di una certa completezza nei riguardi di Escherichia coli O157:H7 in carne macinata bovina, della Toxoplasmosi, Listeria monocytogenes. Questi tentativi di applicazione del modello risk assessment sono tuttora oggetto di aggiornamenti e revisioni, tuttavia hanno concorso a fare chiarezza nei riguardi di molti aspetti legati alla diffusione di queste malattie (Lammerding A.M., Paoli G.M. 1997; FDA/FSIS 1999; Borchert L.L. 1998).
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