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Studio sull’efficacia dell’associazione miltefosina più allopurinolo in cani leishmaniotici

leishmania
( nell'immagine: protozoi Leishmania - fonte: www.zetesislab.com )

Manna L, Vitale F, Reale S, Picillo E, Neglia G, Vescio F, Gravino AE - Vet J. 2008 Sep 23.

La miltefosina, un alchilfosfolipide originariamente sviluppato come agente antineoplastico, è un nuovo farmaco per la terapia della leishmaniosi viscerale umana. Oltre ad essere direttamente tossica per il parassita, stimola l’attivazione dei linfociti T e dei macrofagi e la produzione delle sostanze intermedie microbicide attive del NO. È altamente efficace contro Leishmania nell’uomo, nel topo ed in vitro. Studi recenti hanno riportato buone risposte alla miltefosina nell’uomo, ma in molti pazienti sono stati osservati gravi effetti collaterali (per es.: trombocitopenia).

Lo studio ha incluso 28 cani, di diversi sesso e razza, con diagnosi di leishmaniosi sulla base dei segni clinici, dell’IFI e della PCR real-time. Prima della terapia in ogni paziente è stato eseguito un profilo biochimico (proteine totali, creatinina, BUN, globuline ed albumina) e l’esame delle urine. La condizione clinica dei cani è stata classificata sulla base di un punteggio, da 0 a 12, che ha incluso la presenza e la gravità dei segni clinici (lesioni cutanee, perdita di peso, diarrea emorragica, ipertermia, lesioni oculari, orchite, ematuria) ed il titolo IFI (1/40, 1/80-1/160, >1/160); il punteggio clinico è stato stabilito prima della terapia e dopo 1, 3, 6, 9 e 12 mesi. Agli stessi intervalli è stata eseguita la PCR real-time su sangue intero ed agoaspirato linfonodale. I controlli sono stati rappresentati dai campioni prelevati da 15 cani abruzzesi (leishmaniosi canina non endemica). I 28 cani sono stati trattati con miltefosina (2 mg/kg/die OS) ed allopurinolo (10 mg/kg/die OS) per 30 giorni, e poi col solo allopurinolo per altri 11 mesi . Alcuni soggetti hanno ricevuto un secondo ciclo di miltefosina entro 6 mesi dal primo, in seguito a recidiva clinica (gruppo R, 4 cani); 4 soggetti (gruppo A2), con carica parassitaria rimasta piuttosto elevata, hanno ricevuto il secondo ciclo, sempre entro 6 mesi dal primo, per stabilire se l’ulteriore trattamento fosse in grado di eradicare i parassiti residui. Due dei 28 cani sono andati in insufficienza renale (BUN > 200 mg/dl, creatininemia > 2,4 mg/dl) quasi al momento della diagnosi e sono morti 3-5 giorni dopo l’inizio del trattamento. Altri due cani hanno avuto effetti collaterali (nausea, vomito, riduzione di WBC ed RBC) 7 giorni dopo l’inizio della terapia che è stata interrotta ed i due soggetti sono stati esclusi dal follow-up (totale dei cani monitorati per 12 mesi: 24).

Dopo 1 mese di terapia, i 24 cani hanno mostrato un progressivo miglioramento clinico (la media del punteggio clinico è passata da 5,19 a 2,1), tra cui la diminuzione del titolo sierologico ed una marcata riduzione del DNA parassitario nelle biopsie linfonodali (riduzione non verificatasi nel sangue, in cui, comunque, la carica è sempre stata molto inferiore rispetto ai linfonodi). Entro 6 mesi, 4 cani (gruppo R) sono andati incontro a recidiva dei segni clinici (3 il terzo mese ed 1 il quarto); questi soggetti R hanno ricevuto un altro mese di miltefosina. La PCR real-time è rimasta positiva in tutti i cani di tutti i gruppi ad ogni controllo, anche se la riduzione della carica linfonodale media è risultata notevole (nei 16 cani A1: da 2843 al T0 a 147,35 al T12 [dodicesimo mese]; nei 4 cani A2: da 4892 al T0 a 57,85 al T12; nei 4 cani R: da 3435 al T0 a 107,25 al T12).

Nella terapia della leishmaniosi viscerale in pazienti umani coinfetti da HIV, nonostante l’iniziale miglioramento clinico, la miltefosina da sola non è risultata in grado di curare le recidive. Gli Autori hanno recentemente testato la miltefosina in monoterapia in cani leishmaniotici e, dopo una diminuzione della carica parassitaria nei tessuti, sono state osservate recidive col concomitante aumento parassitario. In questo studio, dopo un mese di terapia associata miltefosina ed allopurinolo, è stata osservata un’evidente e progressiva diminuzione del DNA parassitario nei linfonodi, senza però ottenere la completa eradicazione, neppure con un secondo ciclo. È probabile che la bassa carica registrata durante il follow-up di 12 mesi sia stata dovuta all’attività dell’allopurinolo dopo la sospensione della miltefosina. Gli Autori rilevano che, benché il secondo ciclo di miltefosina non abbia ridotto significativamente la carica parassitaria nel gruppo R (cani andati incontro a recidiva), nel gruppo A2 (cani non andati incontro a recidiva ma con carica molto alta all’inizio [oltre 4000 in media] e sempre piuttosto elevata al T1 [633] ed al T3 [507]) è stata osservata una diminuzione significativa (al T6 [78,5], T9 [56] e T12 [58]) rispetto al T3; questo potrebbe giustificare un protocollo terapeutico di 2 mesi di miltefosina ed allopurinolo seguito solo da quest’ultimo per un lungo periodo (sono necessari ulteriori studi).

Conclusioni degli Autori:

  • L’utilizzo della miltefosina nella terapia della leishmaniosi deve essere valutato con attenzione. Com’è stato dimostrato dall’impiego degli antimoniali nell’uomo e nel cane, può essere indotta farmacoresistenza nel parassita. Per farmaci come la miltefosina, che ha una lunga emivita ed una tendenza a selezionare stipiti resistenti, è essenziale il monitoraggio della dose giornaliera e del completamento della terapia;

  • L’associazione miltefosina-allopurinolo si è rivelata un buon protocollo per controllare e rallentare la progressione della malattia;

  • I nuovi mezzi diagnostici molecolari, come la PCR real-time (quantitativa), sono un valido strumento per monitorare il trattamento, anche nella prospettiva di un’eventuale riduzione del dosaggio, in funzione della diminuzione della carica parassitaria, per limitare il rischio degli effetti collaterali.

 

Sito web consigliato dallo staff:
LEISHMANIA.it

 

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