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Note esplicative sul taglio della coda e delle orecchie

a cura di Marco Ragatzu

Siamo giunti al momento di discutere in merito alla questione che ha visto rimandi e proroghe da oramai molto tempo. Parlo da cinofilo, nel più profondo senso etimologico del termine, e questa voce non è altro che l’eco di quanto tutti coloro affiliati all’Ente Nazionale della Cinofilia Italiana tentano di far comprendere a chi oggi si trova a prendere decisioni importanti in merito alla questione “salute e benessere animale”.  Tanto è stato scritto, molto si è cercato di approfondire, soltanto per dare modo di capire il vero problema e concepire i giusti provvedimenti. Amputare la coda al cane, comprensibilmente, può apparire come un atto barbarico, ma questa apparenza è in verità smentita da ragioni storiche che trovano natali con la nascita delle diverse razze canine selezionate dall’uomo, quindi patrimonio dell’umanità.  Lasciamo da parte l’aspetto estetico, che rappresenta il fattore meno rilevante a proposito della decisione da parte dell’essere umano di ridurre la lunghezza della coda al cane.  Non parliamo quindi di quanto potrebbe essere sgradevole l’aspetto di quelle razze che siamo abituati a vedere con coda corta, ma della inutile e sicura sofferenza che questi cani si troverebbero a dover sopportare nel caso in cui il disegno di legge che si discuterà in questi giorni, dovesse essere approvato. L’uomo ha selezionato non soltanto l’aspetto fisico, ma anche le particolari caratteristiche psicologiche e comportamentali nel cane, tutte standardizzate. Questo gruppo di cani è caratterizzato, per quanto concerne la parte anatomica in causa, da atteggiamenti che vengono testati e presi in considerazione per definire il grado di “tipo”, (inteso come tipicità di razza), posseduto, al fine di mettere in evidenza il potenziale riproduttore per la selezione zootecnica di quelle date razze. L’Ente Nazionale della Cinofilia Italiana, o le Associazioni di Razza in collaborazione con questo, organizzano le verifiche funzionali zootecniche, (comunemente definite “prove di lavoro”), atte a stabilire l’entità delle caratteristiche eventualmente possedute, in riferimento agli standard di razza emanati e riconosciuti non soltanto dall’Enci ma anche dalla Federazione Cinologica Internazionale, tutto per proporre i migliori soggetti quali riproduttori  da prendersi in considerazione. Oggi noi ci troviamo nel dovere di mantenere e salvaguardare queste tipologie di cani, conservandone le qualità originarie. Uno degli aspetti che caratterizza appunto queste razze, è il continuo e facile dimenìo di coda, che il cane accentua in particolari condizioni, quale reazione in risposta a sensazioni di eccitamento emotivo. Tali condizioni si riscontrano in questi cani nella vita di tutti i giorni, a contatto con l’essere umano, in famiglia nel calore di casa, piuttosto che in giardino o a spasso per la via del paese, e la mancata riduzione dell’apparato caudale causerebbe una continua e dolorosa ulcerazione che condurrebbe all’obbligatorio intervento chirurgico in età adulta. Ecco il vero motivo che ha spinto l’uomo sino ad oggi a praticare questa azione apparentemente barbarica in una età limitata ai primissimi giorni di vita, quando  cioè la sensazione del dolore non è ancora così sviluppata, e con mezzi che permettono al cucciolo di non provare sofferenza. Come possiamo noi oggi, dopo secoli di intenso lavoro che ha portato a fissare queste caratteristiche genetiche, modificare gli atteggiamenti comportamentali per evitare una vita di dolori al cane? Tutto ciò non sarà possibile, e porterà inevitabilmente alla drastica riduzione dell’allevamento e selezione di razze come le nostre Bracco Italiano e Spinone Italiano, (ma non soltanto di queste),  per giungere alla quasi totale scomparsa causata dalla mancanza di riproduttori in grado di mantenere quei numeri minimi indispensabili al mantenimento. Per non pensare poi a tutti gli operatori, non soltanto a chi alleva, ma anche a chi opera in merito a preparazione, addestramento, e presentazione nelle manifestazioni cinotecniche ufficiali, centinaia di professionisti che si ritroverebbero ad abbandonare il proprio lavoro. Ecco, tutto ciò rappresenta l’argomentare di quanto i rappresentanti delle Associazioni di razza di quel tipo di cane indicato come “continentale”, vorrebbero fosse discusso con chi al nostro Governo si accinge a prendere delle decisioni così importanti, e per tale motivo teniamo a che si comprendessero gli effettivi motivi che hanno spinto l’uomo ad agire nel modo che oggi si vorrebbe abrogare.

Fonte: www.enci.it - Data di pubblicazione: 04 novembre 2009

Marco Ragatzu
Esperto Giudice ENCI,
Presidente del Club Italiano Bracco Francese e
Vicepresidente del Weimaraner Club Italia

 

L'articolo ci è stato inviato per e-mail dal Sig. Gian Carlo Bosio

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