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L'inseminazione artificiale e la conservazione del seme nel cane

a cura del Dott. Saverio Mariotti

L'interesse nei confronti dell'inseminazione artificiale negli animali domestici è nato in tempi lontani, tant'è che il primo successo a seguito dell'utilizzo di questa tecnica nei mammiferi si ebbe già nel 1780, quando, grazie all'abate Lazzaro Spallanzani, nacquero tre cuccioli di razza Spaniel.
Attualmente, in molte specie di interesse zootecnico l'inseminazione artificiale è impiegata di routine, permettendo il largo impiego di riproduttori selezionati, allo scopo di ottenere miglioramenti zootecnici, incrementando qualità e quantità delle produzioni.
Nel cane, benché sia stato il mammifero in cui sono state svolte le prime ricerche, l'inseminazione artificiale, e soprattutto le metodiche di conservazione del seme, si sono sviluppate più lentamente, anche per i minori interessi economici coinvolti.

In questa specie, l'inseminazione artificiale può essere effettuata:

1. con seme fresco: raccolta di seme da un maschio e immediata inseminazione nella femmina, senza conservazione;
2. con seme refrigerato: prelievo, diluizione e refrigerazione a temperatura di 4-10° C dello sperma che può essere così conservato per alcuni giorni prima del suo utilizzo;
3. con seme congelato: il seme viene portato alla temperatura dell'azoto liquido e conservato per un tempo indeterminato prima dell'inseminazione.

I principali vantaggi dell'inseminazione artificiale con seme fresco sono: 

  • prevenzione del contagio del maschio da parte di malattie trasmissibili con la monta;

  • inseminazione di più femmine con un eiaculato;

  • l'utilizzo di soggetti impossibilitati alla monta per patologie muscolo-scheletriche di origine traumatica o senile, che impediscono di sopportare lo sforzo fisico richiesto dai partners, durante l'atto sessuale;

  • trattamento di alcuni tipi di infertilità;

  • l'accoppiamento fra soggetti riluttanti;

  • il perpetrarsi di razze che hanno difficoltà nell'accoppiarsi (bulldog inglesi, bouledogue francesi, ecc.ecc.).

Utilizzando invece il seme crioconservato, abbiamo, oltre ai precedenti vantaggi, ulteriori benefici. Fin dal 1776, Spallanzani osservò che, se dopo averli portati alla temperatura della neve, gli spermatozoi venivano riportati alla temperatura corporea, questi riacquistavano la motilità. Le basse temperature determinano nella cellula una diminuzione del metabolismo ed una maggiore longevità, che permettono di conservare il seme refrigerato per alcuni giorni.

Grazie all'utilizzo dell'azoto liquido, che ha una temperatura di -196°C, il seme congelato può essere conservato, in teoria, per più di 2000 anni (Mazur, 1987); ed è proprio su questa caratteristica che si basa l'interesse e la sempre maggiore diffusione di questa metodologia che permette di:

1. disporre nel tempo del materiale seminale di soggetti ritenuti miglioratori, incrementando il loro contributo nel miglioramento della razza e permettendo al patrimonio genetico di tali individui di essere disponibile anche dopo la loro morte;

2. trasportare facilmente il seme crioconservato, garantendo la spedizione anche in paesi lontani e permettendo quindi agli allevatori sia di disporre di un maggiore pool genetico, sia di eliminare le difficoltà ed i costi del viaggio dei riproduttori, realizzando, quindi, più ampi programmi di selezione;

3. riuscire a creare dei programmi per salvare specie selvatiche in pericolo di estinzione. Il cane domestico, ad esempio, è usato dagli scienziati come modello per i canidi selvatici e, quindi, gli studi sulla crioconservazione del seme mirano anche alla creazione di una banca del seme per altre specie (Goodrowe et al, 1998).

Senza dubbio, però, l'inseminazione artificiale e la conservazione del seme, possono portare con sé anche degli svantaggi:

· eventuale presenza di troppi figli dei riproduttori più richiesti, che a lungo andare potrebbe impoverire il pool genetico della razza (Watson,1990);

· trasmissione di patologie di origine genetica che impediscono l'accoppiamento naturale, quale ad esempio fatti stenotici vaginali, oppure di cause di sub-fertilità od infertilità che possono essere risolte con l'impiego dell'inseminazione artificiale;

· diminuita fertilità, in tutte le specie, del seme crioconservato rispetto a quello fresco. Nel cane, le percentuali di gravidanza da seme congelato sono, nella pratica clinica, il 40-60% (Linde Fosberg, et al 1989, Linde-Fosberg et al 2000), contro l'85-90% riportato per l'accoppiamento naturale (Daurio et al,1987; England et al,1989);

· necessità, in tutte le specie, di un accurato management riproduttivo nelle femmine;

· nel cane, soprattutto nei soggetti di piccola taglia, il congelamento del seme è una tecnica costosa, in quanto il numero di spermatozoi prelevati è indubbiamente scarso rispetto a quelli necessari per una inseminazione artificiale. Infatti, le dosi inseminanti prodotte con un eiaculato sono generalmente da 1 a 5.

PRELIEVO

Le tecniche per prelevare il seme nel cane sono principalmente due:

· mediante l'utilizzo di una vagina artificiale;

· attraverso un massaggio manuale.

Indipendentemente dal metodo usato, è importante effettuare la raccolta in un ambiente pulito, tranquillo, munito di un pavimento non scivoloso, ed è importante la presenza del proprietario del cane, che infonda sicurezza, tranquillizzando soprattutto a quei soggetti non abituati a tale manualità, mentre colui che preleva il seme non deve essere né brusco, né precipitoso.
Se il cane risulta restio, ci si può aiutare con la presenza di una femmina in estro, o, se non è possibile, utilizzando della garza o cotone imbevuti di fluido vaginale di cagne in calore e conservati in freezer in bustine di plastica. Nei soggetti particolarmente timidi, sarebbe opportuno effettuare il primo prelievo nell'ambiente in cui vive l'animale e in cui si trova maggiormente a suo agio.

L'eiaculazione nel cane avviene in tre frazioni (Linde-Fosberg, 1995):

1. prespermatica: è la prima frazione, di colore trasparente e traslucido, di volume che varia da 0,1 a 3 ml e che viene emessa in circa 30 secondi-1 minuto. Questa frazione, priva di spermatozoi e composta da liquido prostatico, in animali particolarmente eccitati può essere anche assente;

2. spermatica: è la seconda frazione, di colore lattiginoso, di volume che varia da 0,5 a 3 ml, emesso in 1-2 minuti. E' la parte ricca di spermatozoi, che le conferiscono l'opacità;

3. postspermatica: è la terza frazione, di colore nuovamente trasparente, di volume molto variabile (da 2 a 40 ml), di origine prostatica e che viene emessa finché il pene non perde l'erezione (5-30 minuti).

Successivamente è importante effettuare delle analisi sul seme al fine di valutarne la qualità:
· valutazione macroscopica: volume, colore e pH dell'eiaculato;
· valutazione microscopica nella quale i parametri più frequentemente presi in considerazione sono la motilità, la concentrazione e il numero totale, la vitalità e la morfologia degli spermatozoi.


LA CONSERVAZIONE DEL SEME

Elementi di criobiologia: eventi durante il congelamento
Alla base della criopreservazione vi è lo sfruttamento dell'azione del freddo (in azoto liquido a -196°C), che determina il rallentamento o l'arresto metabolico della cellula; tutto ciò causa agli spermatozoi anche un notevole stress, non tanto alle bassissime temperature di conservazione, quanto a temperature tra i +20°C ed i -60°C (Mazur,1985).
Il danno subito dagli spermatozoi è determinato dalla velocità di raffreddamento, dall'intervallo delle temperature e dal cambiamento delle temperature al di sopra del punto di congelamento (Watson,1996), e da danni indotti da disidratazione, cambiamenti osmotici e formazione di cristalli di ghiaccio, eventi che si verificano invece a temperature fra i -15 e i -60°C (Mazur,1985).
Durante il raffreddamento al di sopra di 0°C, soprattutto sotto ai 20°C, lo spermatozoo subisce delle modificazioni, specialmente a carico dei lipidi della membrana cellulare, degli acrosomi e dei mitocondri, che causano un drastico calo della mobilità, movimenti circolari, diminuita produzione di energia, aumento di permeabilità della membrana plasmatica, alterata struttura delle proteine, variazioni della concentrazione di ioni (soprattutto dello ione Ca++ che, aumentando, rende più instabile la membrana cellulare degli spermatozoi) e morte della cellula (Amann e Pickett, 1987). Questo fenomeno è detto "Shock da freddo" ("Cold shock") e può essere parzialmente prevenuto, diluendo il seme in diluenti contenenti sostanze protettrici, quali latte e tuorlo d'uovo, prima del raffreddamento.
Al di sotto di 0°C invece il congelamento molto lento di uno spermatozoo in sospensione, causa la formazione di cristalli di ghiaccio nel materiale extracellulare, a causa del congelamento dell'acqua qui presente; la membrana cellulare, invece, a queste temperature, impedisce la cristallizzazione dell'acqua intracellulare, che , per un effetto osmotico e di aumento di tensione di vapore, passa nello spazio extracellulare, causando un restringimento della cellula, ed un eccesso di concentrazione di soluti all'interno della cellula stessa ("Solution effects"), oltre che modificazioni del pH (Van Der Berg e Soliman, 1969). Al momento dello scongelamento, queste modificazioni indotte da un congelamento troppo lento, possono determinare la morte di questi elementi cellulari.
Quando invece il congelamento è molto rapido, si assiste al congelamento intracellulare dell'acqua conformazione di cristalli di ghiaccio, che possono determinare danni meccanici, fino a causare la rottura della membrana cellulare.
Quando invece le velocità di congelamento non sono né troppo lente, né troppo rapide, assistiamo a dei cambiamenti negli spermatozoi che, però, al momento dello scongelamento, non determinano gravi danni, permettendo allo spermatozoo di rimanere fecondo, sempre che venga scongelato in maniera idonea.
Infatti, se lo spermatozoo viene congelato lentamente, assistiamo sempre ad una disidratazione della cellula, che deve essere equilibrata tramite uno scongelamento lento, che permetta alla cellula spermatica di riacquisire gradualmente l'acqua persa durante il congelamento. Se lo spermatozoo viene congelato a velocità adeguata, si assiste alla formazione di piccoli cristalli di ghiaccio intracellulari, che non causano danni alle membrane, a meno che siano sottoposti ad uno scongelamento troppo lento, perché tali cristalli, in questo caso, tendono ad aggregarsi, formando cristalli di volume maggiore, potenzialmente dannosi per la cellula (Mazur, 1985; Griffiths, 1979).
Prima del congelamento, è consuetudine sottoporre gli spermatozoi ad un trattamento detto "equilibrazione", che consiste nel mantenere il seme opportunamente diluito alla temperatura di 4°C per un tempo che varia tra i 45 minuti e le 4 ore, periodo durante il quale sembra che gli spermatozoi acquisiscano una maggiore resistenza agli effetti del congelamento (England, 1993), in quanto, in questo lasso di tempo, avvengono dei cambiamenti nella membrana plasmatica dello spermatozoo e dei flussi ionici che la rendono più resistente al freddo (Emmens, 1966).
Gli studi in questo campo hanno quindi suggerito che, rispetto all'immersione diretta in azoto liquido, sia preferibile un congelamento più lento (White, 1993),che può essere ottenuto, dopo opportuno confezionamento del seme, utilizzando un congelatore programmabile, oppure posizionando le confezioni nei vapori dell'azoto liquido, generalmente a 4 cm dalla superficie per 10 minuti prima dell'immersione.
Un differente metodo di congelamento prevede che il seme diluito sia confezionato in pellets, ovvero si fanno cadere gocce di seme diluito in buchi scavati in blocchi di diossido di carbonio, e poi le sfere congelate che si formano si conservano in sacchetti a loro volta immersi in azoto liquido (Seager, 1969).

Per ridurre i danni derivati dallo shock da freddo, e dal processo di congelamento-scongelamento, sono indispensabili i mestrui diluitori, i quali svolgono, anche altre funzioni:

1. permettono il mantenimento dell'osmolarità, pH e della concentrazione ionica,

2. provvedono ad una sorgente di energia,

3. inibiscono la crescita batterica,

4. aumentano il volume dell'eiaculato, permettendo la preparazione di più dosi inseminanti (Watson, 1990).


MOMENTO DELL'INSEMINAZIONE

A differenza degli spermatozoi canini appena eiaculati, che possono rimanere mobili in vitro per circa 6 giorni (Concannon et al, 1983) e attivi per 11 giorni nelle vie genitali femminili (Doak et al, 1967), il seme criopreservato rimane vitale per un tempo minore (12-24 ore).
Per questo motivo, al fine di ottenere la fecondazione degli oociti, prodotti da femmine in fase estrale, essenziale è l'identificazione del momento più fecondo della femmina.
Il ciclo estrale della cagna è diviso in 4 fasi: proestro, estro, diestro ed anestro, fase, quest'ultima, di relativa quiescenza riproduttiva.
proestro: è la fase di incremento dell'attività follicolare che precede l'estro; inizia con la comparsa di uno scolo siero-ematico vulvare, per terminare con l'insorgenza di un atteggiamento di recettività sessuale (inizio dell'estro).
Per quanto riguarda la sua durata, questa è variabile: è generalmente di 6-11 giorni, con una media di 9 giorni; possibili però sono variazioni individuali fisiologiche, che fanno oscillare la sua durata tra 2-3 giorni ad un massimo di 25 giorni.
Il profilo endocrino è caratterizzato da una produzione da parte dei follicoli ovarici di estrogeni, i quali sono i responsabili delle modificazioni comportamentali (umore gioviale, scoraggiamento di qualsiasi approccio sessuale, anche con aggressività), delle secrezioni utero-vaginali, del richiamo ferormonico per i maschi e della preparazione dell'endometrio.
I tassi di estradiolo variano dai 5- 15 ng/ml iniziali, fino a 25-60 ng/ml con il proprio picco nel momento immediatamente precedente l'estro, caratterizzato invece da un calo della concentrazione serica di quest'ormone Il proestro è infatti una fase di estrogeni crescenti, mentre l'estro una fase di estrogeni calanti; i livelli basali si osservano invece in diestro ed anestro.
Il progesterone, durante il proestro, si manterrà a livelli basali (al di sotto di 0,5 ng/ml), aumentando soltanto nel periodo fra proestro ed estro, in concomitanza del calo degli estrogeni, raggiungendo il valore di 1 ng/ml, valore indicativo dell'inizio della fase estrale.
Per quanto riguarda l'aspetto della citologia vaginale, osserveremo un'iniziale fase caratterizzata da emazie, cellule parabasali e intermedie, neutrofili e batteri più o meno abbondanti, per poi osservare la scomparsa dei neutrofili, a causa dell'ispessimento della mucosa vaginale, che funge da barriera per questi elementi, la comparsa di cellule di tipo superficiale, nucleate (nucleo vescicoloso, picnotico) e non, ed una diminuzione del numero dell'emazie.
estro: è il periodo in cui la femmina accetta l'accoppiamento e termina con il suo rifiuto: in media, la sua durata è di 5-9 giorni, con variabilità individuali da un minimo di 1-2 giorni, ad un massimo di 18-20 giorni.
Dal punto di vista ormonale abbiamo la diminuzione della concentrazione degli estrogeni e, grazie alla luteinizzazzione di alcune cellule follicolari, l'incremento del progesterone (al di sopra di 1 ng/ml); è questa situazione che esercita un intenso feedback positivo sull'asse ipotalamo-ipofisario, cui consegue il picco preovulatorio di FSH e, soprattutto, di LH, che scatena i processi ovulatori entro 24-48 ore e la successiva formazione di corpi lutei, che aumentano ancor più la sintesi di progesterone la cui concentrazione serica passa da circa 2 ng/ml al momento del picco di LH, a 4-10 ng/ml al momento dell'ovulazione.
Dal punto di vista colpocitologico, osserviamo la presenza di sole cellule superficiali anucleate e cheratinizzate su sfondo limpido, privo di muco e detriti (tipici invece della fase proestrale), e sono del tutto assenti i neutrofili, che riappariranno col diestro, mente le emazie possono essere presenti o meno.
diestro: è per definizione la fase successiva all'estro, nel corso della quale osserviamo un'alta concentrazione di progesterone ed indisponibilità all'accoppiamento; questa fase termina quando il progesterone ritorna ai livelli basali (al di sotto di 1 ng/ml). Dal punto di vista colpocitologico, abbiamo un brusco passaggio da una percentuale dell'80-100% di cellule superficiali nell'estro, ad un'analoga percentuale di cellule intermedie e parabasali ed al ritorno dei neutrofili.
La sua durata in una cagna gravida varia dai 56 ai 58 giorni, quando, cioè, poco prima del parto, si ha la luteolisi; nelle cagne non gravide, invece, dura circa 60-100 giorni.

A seguito di una monta naturale, i fattori temporali che fanno sì che l'accoppiamento sia coronato da una gravidanza sono molteplici e legati sia agli spermatozoi, che all'ovulo:

1) gli spermatozoi possiedono una longevità, nell'apparato genitale femminile, che può arrivare anche a 11 giorni (Doak et al., 1967), richiedendo per la capacitazione (maturazione in utero) 7 ore;

2) molto più complessa è l'incognita della cagna, a causa delle grosse differenze in giorni della durata delle diverse fasi estrali; comunque, in media, possiamo affermare che il picco di LH si verifica il secondo giorno dell'estro (Yeager, 1990), l'ovulazione inizia dopo 24-48 ore (quarto giorno dell'estro) (Wildt, 1978) e richiede circa 48-72 ore, per la deiescenza del 75% dei follicoli maturi (Wildt,1978). In questa specie, dai follicoli si liberano oociti primari, che richiedono 24-72 ore di maturazione per passare allo stadio di oociti secondari e, quindi, per poter essere fecondati.

Inoltre, gli oociti canini sembrano essere in grado di sopravvivere per 2-4 giorni all'interno degli ovidutti. Per questi motivi, i giorni più fertili per la cagna sono ritenuti quelli fra il quinto e l'ottavo giorno dall'inizio della fase estrale, ovvero tra il secondo ed il quinto dall'inizio dell'ovulazione.
La longevità e fertilità, sia dei gameti maschili che femminili, in questa specie, ci permettono di comprendere anche come un singolo accoppiamento possa essere facilmente coronato dal successo; le cose si complicano, e non poco, usando invece il seme criopreservato.
Si stima che la sua sopravvivenza nelle vie genitali femminili sia di sole 12-24 ore (Linde-Forsberg,1995), inoltre dopo lo scongelamento, abbiamo una significativa diminuzione di motilità e vitalità ed un aumento di difetti, soprattutto la perdita od il danno dell' acrosoma (Oettlè, 1986).
Si è anche osservato che alcuni eiaculati di ottima qualità non rispondono bene al congelamento, quindi anche quando vi è una normale fertilità in seguito ad accoppiamento naturale non si ha nessuna garanzia che quello stesso seme dopo il processo di congelamento-scongelamento mantenga una sufficiente vitalità e sia ancora capace di fecondare.
I problemi aumentano anche a causa della grande variabilità individuale delle diverse fasi estrali:

per individuare i giorni più fertili, non è possibile affidarsi al comportamento della femmina, occorre monitorare il progesterone serico, aiutandosi anche con strisci vaginali:

-al picco di LH il progesterone ha una concentrazione di circa 2ng/ml e lo striscio vaginale indica che siamo in fase estrale, 

-all'ovulazione (2 giorni dopo il picco di LH) il progesterone ha una concentrazione di 4-8 ng/ml e lo striscio indica ancora la fase estrale.

Il momento ottimale per l'utilizzo del seme criopreservato è 2-5 giorni dopo l'ovulazione, quando il progesterone serico è maggiore di 10 ng/ml e lo striscio non indica ancora l'inizio del diestro (sono preferibili 2-3 inseminazioni a distanza di 24-48 ore l'una dall'altra) (Linde-fosberg, 1995).
E' necessario anche porre attenzione alla quantità di spermatozoi criopreservati che vengono utilizzati: benché con seme fresco, se la deposizione avviene in cima al corno uterino, siano sufficienti 10-20x106 di spermatozoi per ottenere la fecondazione di numerosi ovuli (Tsustui et al., 1988); usando seme criopreservato, depositato in utero, si consiglia di usare 150-200x106 di spermatozoi per ciascuna inseminazione (Wilson, 1993).


TECNICHE D'INSEMINAZIONE

Per quanto riguarda la sede di deposizione del seme, questa può essere la vagina o l'utero, raggiungibile per via transcervicale o chirurgica.
Durante il normale accoppiamento, l'eiaculazione avviene al livello vaginale e, grazie alla pressione che si viene a determinare, sia per la grande quantità di liquidi prodotti dalla prostata, sia per l'azione ermetica determinata dal bulbo del glande, gli spermatozoi raggiungono velocemente l'utero (il cane è per questo considerato tra le specie che depositano il seme in sede intrauterina).
Gli spermatozoi rimangono quindi per pochissimo tempo in vagina, la quale rappresenta un ambiente sfavorevole per i gameti maschili, che, in grande percentuale, stazionando in questa sede anatomica vanno incontro al distacco della coda (Linde-Fosberg, 1995).
Quando si effettua un'inseminazione artificiale con deposizione vaginale, si utilizza un catetere di plastica, lungo dai 20 ai 45 cm e largo 0,5 cm, il quale deve essere introdotto in vagina e sospinto cranialmente, stando bene attenti a non inserirlo nel meato uretrale, posto nella parte ventrale del vestibolo vaginale; per evitare ciò, si può introdurre l'indice (nelle razze piccole il mignolo) fino a trovare il meato uretrale, successivamente si introduce il catetere, che scorrerà sulla superficie dorsale del dito.
Importante sarebbe anche riuscire ad individuare, tramite palpazione addominale, la cervice (struttura arrotondata, od ovoidale, dura e lunga 0,5-1,5 cm, liberamente mobile), in modo da percepire la giusta posizione in cui fermare il catetere e in cui, tramite un siringa da 10-20 ml, depositare il materiale seminale (si consiglia di aspirare alcuni cc di aria nella siringa, che andranno nel catetere, una volta esaurito il materiale seminale da introdurre, in modo da depositare anche il liquido qui presente).
Successivamente la cagna sarà mantenuta con il posteriore sollevato per circa 10 minuti, per poter facilitare il passaggio degli spermatozoi in utero, grazie alla forza di gravità. Linde-Fosberg, nel 1995, ha infatti dimostrato, depositando del materiale radiopaco nella vagina craniale di una cagna in estro, che questo passa in utero, tenendo la cagna con il posteriore sollevato, mentre non passa, se adagiata sul fianco.
Data la scarsa vitalità e sopravvivenza degli spermatozoi criopreservati, è però più opportuno effettuare la deposizione direttamente in utero. Durante il cateterismo uterino l'ostacolo maggiore da superare è dato dalla cervice, la quale è inclinata verso il pavimento della vagina, che termina a fondo cieco e che presenta numerose pieghe epiteliali prima di raccordarsi con l'utero.
Per superare tale ostacolo, ci si può avvalere del catetere norvegese, che permette di effettuare inseminazioni intrauterine transcervicali: è un catetere di acciaio, lungo dai 20 ai 50 cm (ne esistono 3 misure), che termina con una sfera del diametro di 0,5-1 mm, e che viene utilizzato unitamente ad una guaina protettiva in nylon (adattamento norvegese di un catetere usato per l'inseminazione delle volpi).
Altro metodo di inseminazione transcervicale intrauterina è quello che si avvale di un endoscopio, che penetra in vagina, fino ad evidenziare l'ostio cervicale, dopo di che si fa passare nel canale di servizio e poi attraverso la cervice, un catetere urinario (Wilson et al, 1993). I problemi di questa tecnica sono l'alto costo degli endoscopi e la difficoltà del loro utilizzo in razze di piccola taglia o in cagne con vagina molto lunga, a causa delle dimensioni di tali strumenti.
Infine si può effettuare un'inseminazione intrauterina chirurgica, attraverso una laparatomia mediana caudale, effettuando una incisione di 4-6 cm, tra l'ombellico e il pube: si esteriorizza il corpo dell'utero, dove si inserisce l'ago della siringa con un'inclinazione di 45° e si inocula lentamente il seme, il quale distenderà leggermente i corni uterini.
Una volta sfilato l'ago, si posiziona una garza imbevuta di soluzione salina, trattenendola per 1 minuto; si riposiziona l'organo e si procede alla sutura (si consiglia di mantenere il tavolo leggermente inclinato, in modo da rialzare la parte posteriore della cagna, fino al termine dell'anestesia).
E' possibile effettuare lo stesso intervento anche per via laparoscopica. Ad ogni modo, per motivi etici, l'utilizzo della chirurgia, laparoscopica o meno, allo scopo di ottenere una gravidanza, può essere discutibile.

Prendendo quindi in considerazione i problemi specifici della specie canina, la ricerca nel campo del congelamento del seme deve mirare sia a migliorare le tecniche utilizzate, in modo da aumentare la fertilità degli spermatozoi post-scongelamento, che a raccogliere un maggior numero di spermatozoi in modo da incrementare il numero di dosi inseminanti prodotte per ciascun congelamento.
Essenziale è però che ci sia una normativa che regolarizzi l'utilizzo del seme crioconservato; normativa che solo l'Ente della Cinofilia Italiana deve deliberare.
Numerosi sono gli stati sia facenti parte dell'F.C.I. e non, che gia possono impiegare l'utilizzo di seme congelato; in Italia purtroppo le istituzioni sembrano non occuparsi ancora del problema e sia gli allevatori che i veterinari, o stanno ad aspettare che si faccia chiarezza sull'argomento, o stanno già utilizzando tale tecnica per cercare di sfruttare i vantaggi di menagement e di ampliare con più facilità il pool genetico delle diverse razze canine.

Dott. Saverio Mariotti
www.deldavid.it 

Fossombrone desidera ringraziare il Dott. Saverio Mariotti per l'articolo inviato

 

 

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