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Appunti di Terapia Medica Veterinaria

farmaci

Testo tratto da appunti di Medicina veterinaria della Facoltà di M.V. di Pisa
( sono state riportate in questa pagina solo le parti riguardanti il cane e il gatto )

a cura del Prof Michele Corazza;
con la collaborazione di:
Prof Marco Bizzzeti, Prof.ssa Grazia Guidi, Dott.ssa Francesca Pisseri

 

Trattamento delle parassitosi intestinali

Cane e gatto

Le parassitosi intestinali del cane e gatto vengono diagnosticate in soggetti di tutte le età, ma con una maggiore prevalenza nei giovani. Le abitudini defecatorie dei cani e la fecalizzazione e contaminazione degli ambienti espone la specie canina (e altre uomo compreso) alle infezioni. In realtà rispetto al passato l'incidenza delle parassitosi è molto diminuita per le maggiori attenzioni sanitarie cui sono sottoposti i cani di proprietà. Nel gatto, sebbene possano essere diagnosticate alcune parassitosi ad ogni età, la prevalenza nei gattini è molto più elevata a causa della trasmissione verticale delle infezioni. Infine l'abitudine di deporre le feci nelle lettiere ha ridotto di molto la possibilità di contagio nella specie felina.
Molti dei moderni farmaci hanno ampio spettro d'azione e sono attivi su più tipi di parassiti. Nessuno di questi ha azione anche sulle larve migranti, pertanto è buona norma ripetere il trattamento dopo 2-4 settimane. Infine, devono essere trattate anche le fattrici dopo circa tre settimane d'allattamento.
Buona norma è quella di rimuovere le feci dall'ambiente ed evitarne così la contaminazione. In particolare per le ascaridiosi e ancilostomiasi è importante trattare in più occasioni i cuccioli a partire dalle 4-6 settimane di età e contemporaneamente anche le fattrici.

Tabella riassuntiva di alcuni antielmintici per uso orale e relative dosi per il cane:

Febantel

Ancylostoma caninum, Toxocara canis, Toxascaris leonina, Trichuris vulpis, Uncinarla stenocefala

10 mg/kg/24h/3-5 giorni

Fenbendazolo

Ancylostoma caninum, Toxocara canis, Toxascaris leonina, Trichuris vulpis, Uncinarla stenocefala

50 mg/kg/24h/3-5 giorni

Mebendazolo

Ancylostoma caninum, Toxocara canis, Toxascaris leonina, Trichuris vulpis, Uncinarla stenocefala

22 mg/kg/24h/3-5 giorni

Pyrantel pamoato

Ancylostoma caninum, Toxocara canis, Toxascaris leonina, Trichuris vulpis, Uncinarla stenocefala

5-15 mg/kg

Oxfendazolo

Ancylostoma caninum, Toxocara canis, Toxascaris leonina, Trichuris vulpis, Uncinarla stenocefala (+tenie)

12 mg/kg24h/3 giorni

Prevenzione delle infestazioni nel cane
Alcune parassitosi possono essere prevenute attraverso la somministrazione delle molecole in tabella.
L'importanza della prevenzione sta nell'evitare sia il contagio dei cani che nella riduzione del pericolo della trasmissione all'uomo del T. canis.

Tabella riassuntiva dei farmaci utilizzabili nella prevenzione delle infestazioni:

Ivermectina &

Pyrantel pamoato

(Cardotek plus®)

Toxocara canis, Toxascaris leonina, Anchilostoma caninum, Uncinaria stenocefala

IVM 0,006 mg/kg/30 giorni PO

Pyr 5 mg/kg/30 giorni PO

Milbemicime oxime

(Interceptor®)

Toxocara canis, Anchilostoma caninum, Trichuris vulpis

0,5 mg/kg/30 giorni PO

Fenbendazolo

Toxocara canis, Anchilostoma caninum, Trichuris vulpis

0,5 mg/kg/24h nelle gravide dal 40°g al 35° dopo lo svezzamento PO

Febantel (per es. Drontal®)
Agisce inibendo la fumarato-reduttasi del parassita inibendone l'utilizzazione del glucosio. 
Nel 3% circa dei soggetti trattati possono essere osservati effetti collaterali quali: scialorrea e vomito. Questo farmaco è teratogeno pertanto non deve essere somministrato in gravidanza.

Fenbendazolo (per es. Panacur®)
E' uno dei principi attivi del febantel, ma contrariamente a questa molecola viene scarsamente assorbito dall'intestino. Non vengono riportati effetti collaterali. Il fenbendazolo non risulta teratogeno e può essere usato anche in gravidanza riducendo così la trasmissione transplacentare e lattogena dei parassiti.

Mebendazolo (per es. Len®, Kilan®, Telmin®)
Viene scarsamente assorbito dall'intestino e gli effetti collaterali riconosciuti sono la scialorrea ed il vomito. Sono state riportate reazioni idiosincrasiche e tossicità epatica acuta. 

Oxfendazolo (per es. Dolthene®)
E' uno dei principi attivi del febantel, ma contrariamente a questa molecola viene scarsamente assorbito dall'intestino. Non vengono riportati effetti collaterali. E' sconsigliato l'uso in gravidanza prima dei 35-40 gg di gestazione. E' attivo anche nei confronti delle tenie.

Pyrantel pamoato (per es. Nemex®, Felex®, Pyrantel 6%® etc)
Agisce bloccando la depolarizzazione neuromuscolare del parassita. Viene assorbito in scarsa quantità dall'intestino ed è ritenuto sicuro durante la gravidanza ed allattamento.


Trattamento delle infezioni da cestodi e trematodi

Cane e gatto

Le tenie del cane e gatto sono molte, ma l'infezione da cestodi più frequente è provocata dal Dipylidium caninum che ha come ospite intermedio la pulce. Le infezioni da cestodi sono in genere asintomatiche o paucisintomatiche (prurito anale, lieve tenesmo), ma i parassiti sono ben visibili sulle feci e preoccupano molto i proprietari. 
Il farmaco d'elezione è il Praziquantel (per es Droncit®, Drontal®, Nemex POP®, Pralen®, Duelmint®) che viene somministrato in un'unica soluzione alla dose di 5 mg/kg PO SC (10 mg/kg PO SC per Echinococcus granulosus, 20 mg/kg PO SC nel caso di Diphyllobotrius spp e 25 mg/kg PO SC Paragonimus spp). Il farmaco è ben assorbito dall'intestino e attraversa la barriera ematoencefalica. Le indicazioni della letteratura sono ambigue da un lato ne sconsigliano l'uso in cani e gatti di età inferiore a 4-6 settimane dall'altro ne permettono l'uso in gravidanza. 
L'epsiprantel (per es. Cestex®, cane: 5,5 mg/kg PO, gatto: 2,75 mg/kg PO), farmaco analogo al primo e con indicazioni identiche, non viene assorbito che in minima parte dall'intestino, ma la casa farmaceutica ne sconsiglia comunque l'uso in soggetti sotto le 6 settimane di vita (!!?). Non sono riportati effetti collaterali seri a parte l'anoressia e problemi gastroenterici transitori. 
Il praziquantel viene frequentemente associato ad altre molecole quali il pyrantel e oxantel pamoato, al mebendazolo e fenbendazolo per il trattamento combinato delle parassitosi multiple.
Allo scopo di evitare recidive è consigliabile ripetere il trattamento dopo 3 settimane ed eseguire un corretto trattamento e prevenzione dell'infestazione da pulci.


Trattamento delle parassitosi dell'apparato respiratorio

Cane e gatto

Le parassitosi broncopolmonari sono infrequenti o infrequentemente diagnosticate negli animali d'affezione. I parassiti in questione sono l'Aeleurostrongylus abstrusus nel gatto, l'Angiostrongylus vasorum, l'Oslerus osleri ed il Crenosoma vulpis nel cane, la Capillaria aerophila in entrambi le specie. Il cane viene occasionalmente infettato da un'acaro il Pneumonyssoides caninum che si localizza nelle cavità nasali provocando riniti croniche.
L'ivermectina o moxidectina alla dose di 400-600 mcg/kg SC è efficace nei confronti di tutte le specie indicate sopra. La somministrazione deve essere ripetuta ogni 2-3 settimane sino a negativizzazione dell'esame coprologico o lavaggio broncoalveolare. Il fenbendazolo è parimenti efficace alla dose di 50 mg/kg/24h PO per 2 settimane.


Trattamento delle filariosi

Cane e gatto

La Dirofilaria immitis è l'agente eziologico della filariosi cardiopolmonare del cane e gatto. Il Dipetalonema reconditum e la Filaria repens infettano solo il cane ed i parassiti adulti si localizzano nel tessuto sottocutaneo e grasso perirenale. La sintomatologia relativa a queste due specie è legata in particolare a fenomeni di ipersensibilità nei confronti delle microfilarie. La filariosi cardiopolmonare è una malattia pericolosa e la sua gravità è in funzione del numero assoluto di parassiti adulti, del rapporto numero di filarie e dimensioni dell'ospite (i cani di piccola taglia e i gatti hanno complicazioni cardio-vascolari maggiori), durata della malattia (le arteriti, le modificazioni cardiache, renali, epatiche, i fenomeni infiammatori polmonari e i tromboembolismi sono più gravi nei cani ammalati da tempo) e d'altre malattie concomitanti. La diagnosi è affidata al reperimento nel sangue periferico delle microfilarie e loro identificazione o tramite test ELISA nel caso della D. immitis. Il protocollo della terapia adulticida deve tenere conto delle complicazioni cardiovascolari in modo da limitare le conseguenze dei fenomeni tromboembolici che seguono la morte dei parassiti adulti. Tutti i soggetti prima della terapia devono essere valutati in base: 
1) alla sintomatologia. Alcuni soggetti sono asintomatici o paucisintomatici (tosse e lieve intolleranza all'esercizio) e probabilmente a basso rischio di gravi fenomeni tromboembolici, altri sono palesemente sintomatici (perdita di peso, scadenti condizioni generali, tosse persistente, dispnea, episodi di sincope, ascite, edemi etc) e ad alto rischio di fenomeni tromboembolici.
2) alle modificazioni di alcuni parametri ematologici e del profilo biochimico. Nei casi gravi possono essere rilevate: anemia, emoglobinuria, eosinofilia, iperazotemia, aumento delle attività degli enzimi epatici, bilirubinemia e bilirubinuria.
3) ai rilievi della diagnostica per immagine a) esame radiografico del torace per valutare le modificazioni cardiache, vascolari e quadri compatibili con la broncopolmonite eosinofilica, b) esame ecografico del cuore e delle AA polmonari per stabilire approssimativamente il numero di parassiti adulti, c) esame ecografico dell'addome per individuare l'eventuale stasi epatica e la presenza di versamento. 
Protocollo di terapia standard da applicare nei soggetti a basso rischio di tromboembolismi
1) Somministrazione di acido acetil salicilico (Aspirinetta®) alla dose di 5mg/kg/24h PO per due settimane prima della terapia adulticida e per tre settimane dopo. Lo scopo è quello di ridurre l'adesione piastrinica e diminuire la proliferazione mioendoteliale dell'intima dell'AA polmonare.
2) Somministrazione di prednisone alla dose di 1-2 mg/kg/24 PO nel caso di modificazioni evidenti del parenchima polmonare e dei vasi o in corso di broncopolmonite allergica. Il trattamento dovrebbe essere interrotto una volta ottenuto il risultato desiderato perché i glucocorticoidi promuovono la coaugulazione e somministrati per periodi lunghi, potrebbero aggravare i tromboembolismi. 
3) Somministrazione di melarsomina di-idrocloruro (Immiticide®) alla dose di 2,5 mg/kg/24h IM (MM lunghissimi del dorso) per due giorni consecutivi

Avvertenze ed effetti collaterali

Il farmaco è una molecola arsenicale attiva nei confronti dei parassiti adulti e di oltre 4 mesi di età. Non è attivo nei confronti degli stati larvali precedenti. A distanza di 6-24 ore dall'inoculazione possono essere osservate tumefazioni dolorose nel sito di inoculo e, quando il farmaco non viene iniettato come previsto nei MM lunghissimi del dorso, è possibile rilevare vere e proprie miositi. La melarsomina e più efficace della molecola più vecchia: la tioacetarsamide (Caparsolate®) per le sue caratteristiche farmacocinetiche, ma proprio per questo sono più seri i rischi di tromboembolismi. Gli effetti collaterali direttamente correlabili al farmaco sono: scialorrea, depressione del sensorio, anoressia, tremori, barcollamento e aumento delle attività degli enzimi epatici.
Raramente, a distanza di 60-120 minuti dalla somministrazione può comparire edema polmonare da arseniati antagonizzabile con Dimercaprolo (BAL) da somministrare nella dose di 3 mg/kg entro 3 ore da quella della melarsomina.

4) Somministrazione di ivermectina alla dose di 500 mcg/kg SC per l'uccisione delle microfilarie 4 settimane dopo il trattamento adulticida. La microfilaremia deve essere controllata a distanza di 4-5 settimane ed eventualmente trattata di nuovo. 
Protocollo di terapia standard da applicare nei soggetti ad alto rischio di tromboembolismi
1) Somministrazione di acido acetil salicilico (Aspirinetta®) alla dose di 5mg/kg/24h PO per due settimane prima della terapia adulticida e per tre settimane dopo. Somministrazione di prednisone alla dose di 1-2 mg/kg/24 PO. 
2) Somministrazione di melarsomina di-idrocloruro (Immiticide®) alla dose di 2,5 mg/kg IM (MM lunghissimi del dorso) una sola volta. Dopo 1-3 mesi deve ripetuta la terapia in modo convenzionale. 
3) In caso di emoglobinuria, somministrare eparina alla dose di 100-200 UI/kg/8h SC 
4) Somministrazione di ivermectina alla dose di 500 mcg/kg SC per l'uccisione delle microfilarie 4 settimane dopo il trattamento adulticida. La microfilaremia deve essere controllata a distanza di 4-5 settimane ed eventualmente trattata di nuovo. 

Durante il periodo di trattamento, i soggetti devono rispettare il riposo assoluto.

Complicazioni del trattamento
Con la morte dei parassiti adulti e l'occlusione dei vasi polmonari possono essere osservati molti segni e sintomi quali per es.: letargia, grave tosse, dispnea, edema polmonare, emottisi, febbre, tachicardia che sono difficilmente trattabili. L'esame radiografico del torace mette in evidenza l'aggravamento del quadro rilevato prima della terapia. L'edema polmonare può essere controllato usando diuretici come per es. il furosemide alla dose di 2-6 mg/kg/6-8h, mentre il resto dei sintomi può essere trattato con eparina, ma in linea di massima occorrono almeno 4-6 settimane prima che scompaiano del tutto. Se la febbre persiste può essere opportuno intraprendere un corso di terapia con antibiotici ad ampio spettro per circa due settimane.

Trattamento chirurgico
Nei soggetti ad alto rischio, compresi i cani di piccola taglia ed i gatti è possibile asportare numerosi parassiti utilizzando sonde giugulari provviste di pinze sotto osservazione con l'intensificatore di brillanza.

Prevenzione
La dirofilariosi un tempo estremamente diffusa ovunque fossero presenti zanzare, adesso viene osservata solo nei soggetti che non vengono sottoposti ad un'idonea prevenzione. La prevenzione è cosa semplice e consiste nella somministrazione mensile di ivermectina (Cardoteck®) alla dose di 6 mcg/kg PO, milbemicima ossima (Interceptor®, Sentinel®) alla dose di 0,5 mg/kg PO (somministrabile anche ai Collie), moxidectina (Guardian®) alla dose di 3 mcg/kg PO o in prodotto deposito alla dose di 0,17 mg/kg SC ogni 7-8 mesi (somministrabile anche ai Collie) e la selamectin (Stronghold®) alla dose di 6 mg/kg spot on (somministrabile anche ai Collie). Tutte le molecole indicate sono molto sicure anche nei giovani (con età non inferiore a 6 settimane) e nelle femmine gravide e gli effetti collaterali sono stati osservati solo in soggetti con particolari idiosincrasie. L'efficacia della prevenzione è assoluta a patto che i farmaci siano somministrati almeno per il periodo primavera-autunno sino alla scomparsa della presenza delle zanzare. I cani che vivono all'aperto in aree a rischio dovrebbero essere trattati tutti i mesi senza interruzioni stagionali. Alle dosi indicate dalle case produttrici non sono stati riscontrati effetti collaterali con la somministrazione prolungata.
Lotta alle zanzare
Non è possibile fare molto, ma nel giardino o recinto od altro è possibile aspergere sul terreno o mescolare nelle acque stagnanti (pozzi, sottovasi, vasche, fontane etc) prodotti contenenti il Bacillus thuringiensis (Biolarkim 14®, Vecto Bac DT®). Questo è un batterio sporulante, gram positivo, appartenente alla famiglia delle Bacillacee. La varietà israeliensis, sierotipo H-14 (B.t. isr. H-14) si è rivelata efficace nei confronti delle larve di zanzara. L'azione tossica nei confronti della larva è dovuta alle tossine emesse dalle spore del bacillo, che attaccano il mesointestino e il sistema nervoso, provocando la paralisi dei mezzi boccali e costringendo l'insetto a interrompere la nutrizione. La diversa sensibilità delle varie specie è correlata con il pH presente nell'apparato digerente.


Trattamento delle malattie protozoarie dell'apparato gastrointestinale

Cane e gatto

I protozoi causa di gastroenteriti nel cane e gatto sono i coccidi Isospora felis, rivolta o bigemina e canis e la Giardia canis. Queste infezioni sono importanti nei giovani soggetti defedati e possono essere corresponsabili di enteriti acute e croniche in associazione con altri patogeni intestinali. La Giardiasi per esempio è frequentemente diagnosticata in soggetti con enteriti infiammatorie su base linfoplasmacellulare o eosinofilica. Importante è ricordare che questa parassitosi è una zoonosi. Il trattamento delle coccidiosi è affidato all'utilizzo di sulfamidici quali la Sulfadimetossina (Zaquilan®) alla dose di 60 mg/kg PO il primo giorno seguita da 30 mg/kg/24h per 10-15 giorni oppure trimethoprim/ sulfadiazina/sulfadimetossina (Gelliprim®, Sulfaprim®) o sulfametopirazina (Vetkelfizina®) alla dose di 30 mg/kg/24h per 10-15 giorni PO. I farmaci forse più attivi sono: il clazuril (Appertex®) o diclazuril (Vecoxan®) alla dose approssimativa di 2-3 mg/kg unica somministrazione e il toltrazuril (Baycox®) alla dose di 20 mg/kg unica sommnistrazione. L'uso negli animali d'affezione è da considerare improprio (!!) e non sono conosciuti gli effetti collaterali. I trattamenti agiscono come coccidiostatici e difficilmente eradicano del tutto i parassiti dall'intestino. Il miglioramento della sintomatologia è in genere associato anche alla contemporanea riduzione della popolazione batterica intestinale. 
La somministrazione di sulfamidici è frequentemente causa di effetti collaterali più o meno seri, in particolare se il trattamento è prolungato e le dosi elevate. I sintomi più frequenti sono l'anoressia, la scialorrea, il vomito e la diarrea. Può essere osservata l'atassia. La somministrazione per periodi superiori a tre settimane può provocare cheratite secca e se i trattamenti vengono frequentemente ripetuti la funzione tiroidea ne risente sensibilmente. In genere questo complesso di effetti indesiderati è più frequente nel gatto che nel cane. Il Doberman in particolare, ed a volta anche altre razze, possono manifestare una sintomatologia legata alla formazione e deposizione di immunocomplessi (IgG-sulfadiazina) con sintomi quali febbre, poliartrite, polimiosite, orticaria, glomerulonefrite, anemia, trombocitopenia etc.
I sulfamidici sono metabolizzati dal fegato ed eliminati per via renale pertanto non devono essere somministrati a soggetti con insufficienza epatica o renale. Non devono infine essere somministrati in gravidanza ed allattamento. 
La giardiasi può essere trattata con metronidazolo (per es Flagyl®, Stomorgyl®) alla dose di 22-50 mg/kg/8-12h PO per 7-15 giorni o con Fenbendazolo o Albendazolo alla dose di 50 mg/kg/24h per 3 giorni. Quest'ultimo protocollo di terapia sembra più efficace dell'altro. Il metronidazolo è un farmaco a basso costo usato in varie situazioni ed è anche battericida nei confronti dei germi sensibili. Viene facilmente assorbito dall'intestino e metabolizzato dal fegato, per questo motivo non deve essere somministrato in soggetti con insufficienza epatica. Trattamenti prolungati e sovradosaggi possono essere responsabili della comparsa di sintomi gastroenterici, epatopatie, neutropenia, ematuria e segni neurologici. E' sconsigliato l'uso nel primo mese di gravidanza.


Terapia della Toxoplasmosi

La toxoplasmosi è sostenuta da Toxoplasma gondii e, a parte i problemi gastroenterici che può causare nel gatto durante il ciclo enteroepiteliale, può provocare una lunga serie di sintomi legati al numero di parassiti incistati e loro localizzazione. I sintomi più comuni della malattia sono di tipo neurologico, muscolare e oculistico. La diagnosi, allo stato attuale delle cose, è possibile (o ipotizzabile) attraverso la determinazione delle concentrazioni delle IgG e IgM specifiche. Purtroppo, contrariamente a quanto avviene in altre malattie, il monitoraggio dell'esito della terapia non può essere affidato alla sierologia perché le concentrazioni delle immunoglobuline rimangono elevate per mesi o anni dopo il trattamento. La clindamicina (Clindacyn®, Antirobe®) è l'antibiotico d'elezione per la terapia della toxoplasmosi e deve essere somministrata alla dose di 25-30 mg/kg/8-12h PO per almeno 3 settimane e comunque sino alla risoluzione della sintomatologia. Considerato che molti dei sintomi della malattia sono legati al processo infiammatorio, può essere d'aiuto l'uso contemporaneo di glucocorticoidi a dose antinfiammatoria, somministrati per brevi periodi e solo successivamente all'inizio della terapia con antibiotici. Il farmaco è metabolizzato dal fegato ed eliminato con le urine, pertanto i soggetti con insufficienza renale ed epatica devono essere strettamente monitorati durante il periodo di terapia. La clindamicina passa la placenta, ma non si conoscono precisamente gli effetti sul feto. Gli effetti collaterali conosciuti sono di tipo gastroenterico. Terapia alternativa la pirimetamina (Larian®), farmaco antimalarico, alla dose di 0,5 mg/k/12h PO per 2 settimane. Allo scopo di limitarne gli effetti mielosoppressivi è consigliabile somministrare ac. Folico alla dose di 1 mg/kg/24h. 


Terapia della Leishmaniosi

La leishmaniosi in Italia è sostenuta dalla L. infantum e colpisce il cane, in minor misura il gatto e l'uomo. Il trattamento allo stato attuale delle cose si basa sulla somministrazione dell'associazione antimoniato di n-metil- glucamina e allopurinolo. Sono stati utilizzati anche altri farmaci con efficacia analoga, ma con effetti collaterali maggiori o con formulazioni farmaceutiche laboriose o con costi proibitivi.
I protocolli di somministrazione dei farmaci sono riportati in tabella. I concetti fondamentali da considerare nel trattamento di questa malattia sarebbero molti e non dovrebbero essere mai trascurati:
a) l'amastigote, una volta stabilitosi nel macrofago, non è di per se dannoso e la sua moltiplicazione ed attività non risultano istolesive per altri tessuti.
b) i sintomi ed i segni osservabili sono determinati dalla deposizione di immunocomplessi e la gravità della malattia correla con la loro quantità. La produzione in eccesso delle immunoglobuline e la diminuita attività cellulo-mediata sono la conseguenza della deviazione immunitaria che segue l'infezione. L'entità di questa errata risposta del sistema immunitario è individuale ed è per questo che il corteo dei sintomi, la loro gravità, l'andamento della malattia e la risposta al trattamento possono essere così diversi da soggetto a soggetto.
c) per lo stesso motivo e per le complicazioni renali, la risposta alla terapia e le recidive sono spesso imprevedibili. 
d) i proprietari devono essere messi a conoscenza di quanto sopra e del fatto che la malattia è potenzialmente una zoonosi.
e) il protocollo terapeutico deve necessariamente considerare alcuni parametri clinici e di laboratorio. In particolare: 
Parametri clinici
1) perdita di peso, anoressia
2) PU/PD
3) lesioni dermatologiche
Questi semplici rilievi clinici devono essere monitorati (dal proprietario per primo) durante il corso della terapia per valutarne direttamente l'efficacia. Con la somministrazione dei farmaci non è infrequente osservare peggioramenti della sintomatologia legati sia ai farmaci che alla morte dei parassiti. I sintomi più frequenti sono il vomito, la depressione marcata, l'aggravamento della PU/PD o nei casi più gravi l'anuria (Insufficienza renale acuta).
Parametri di laboratorio
1) L'anemia è presente in molti soggetti (perdita d'eritrociti con i processi infiammatori, epistassi, insufficienza renale, iperplasia monocitaria del midollo osseo, etc). L'efficacia della terapia o al contrario il suo insuccesso, possono essere valutati anche dalla modificazione dell'esame emocromocitometrico. Nel caso il soggetto soffra d'insufficienza renale, l'anemia è sia una conseguenza diretta che un fattore aggravante; per questo motivo, se il valore dell'HCT è inferiore a 30%, sarebbe necessario somministrare eritropoietina sintetica (EPO) alla dose di 50-100 UI/kg SC ogni 2-3 giorni per 3 o più volte sino a ottenere un valore di HCT vicino a 40%.
2) La concentrazione delle proteine sieriche (PT) è frequentemente aumentata in seguito all'aumento di produzione delle immunoglobuline G. L'elettroforesi delle proteine sieriche permette di quantificare l'ammontare delle IgG prodotte e indirettamente stabilire a) l'entità dell'immunodeviazione, b) le potenziali conseguenze della loro deposizione, e c) se sia opportuno somministrare contemporaneamente prednisone per limitare i danni dell'infiammazione causati dalla continua deposizione di immunocomplessi. La diminuzione della concentrazione delle proteine totali viene rilevata nei casi di eccessiva dispersione proteica con le urine ed è un segno prognostico sfavorevole. La normalizzazione della concentrazione delle PT e del quadro elettroforetico sono associate a miglioramento della sintomatologia.
3) La concentrazione dell'urea ed in particolar modo della creatinina servono 
a) ad emettere la prognosi, ovviamente infausta in caso di concentrazioni elevate e b) a monitorare l'andamento della terapia. Se aumenta la concentrazione di questi parametri la prognosi non è favorevole e il protocollo della terapia deve essere modificato. 
c) a decidere le quantità dei farmaci da somministrare in base all'aumento della concentrazione della creatinina. Il metodo più semplice è quello di ridurre la dose del farmaco in base al reciproco della creatinina (vedi capitolo Terapia conservativa dell'insufficienza renale cronica). Infine, nel caso d'azotemie moderate od elevate è imperativo sottoporre il soggetto a terapia reidratante aggressiva adattata al caso (vedi capitolo Terapia conservativa dell'insufficienza renale cronica).
4) In corso d'insufficienza renale moderata o grave (probabilmente??!!?) è necessario tentare di migliorare la concentrazione dell'urea (e creatinina) prima di iniziare qualsiasi protocollo di terapia della leishmaniosi.
5) La proteinuria deve essere accuratamente determinata. Il metodo colorimetrico è il migliore e in particolare sarebbe importante considerare il rapporto proteinuria/creatinuria (PU/CU). Frequentemente soggetti con concentrazioni sieriche d'urea e creatinina ancora normali hanno proteinurie moderate od elevate. E' buona norma in questi casi ridurre la dose dei farmaci di almeno 1/3 e monitorare ogni 3-7 giorni, perlomeno nelle fasi iniziali della terapia, il PU/CU ed il profilo renale per limitare gli effetti nefrotossici del trattamento. Il titolo dell'IFAT, oltre stabilire la diagnosi, permette di monitorare l'andamento della terapia. La diminuzione o negativizzazione del titolo anticorpale è associata a miglioramento del quadro clinico. Sfortunatamente titoli negativi non significano eradicazione completa del parassita dall'ospite. 
6) La PCR (meglio se RT PCR) è il metodo più sensibile per determinare la presenza di cariche parassitarie modestissime, ma i risultati negativi non assicurano in assoluto la sterilizzazione dell'ospite. L'utilizzo nella pratica clinica ha lo scopo di svelare precocemente le recidive in modo da intraprendere di nuovo la terapia quando il soggetto è ancora in buone condizioni generali.
7) La durata del trattamento, nel caso del protocollo antimoniato di n-metil-glucamina e allopurinolo, non dovrebbe essere prestabilita, ma tener conto del miglioramento clinico e dei parametri di laboratorio. Per ragioni di convenienza, di reazioni nel sito d'inoculo del farmaco (nel caso di n-metilglucamina circa nel 55%), di "compliance" del proprietario ed altro, i cicli di terapia durano circa 30-60 giorni. Importantissimo, nel raro caso di guarigioni cliniche rapide, non interrompere la terapia prima di 4-5 settimane per evitare recidive a breve termine e resistenze ai farmaci.
8) Esistono controversie sull'utilità della terapia nei soggetti asintomatici, con profilo elettroforetico normale, ma IFAT-positivi o positivi alla PCR. Esperienze personali (aneddotiche) indicano conveniente il trattamento dei soggetti con titolo IFAT = 1/160, questo consente di trattare in modo idoneo cani in buone condizioni generali, evitare che il paziente sia un serbatoio di malattia e limitare le resistenze ai farmaci usando appieno le dosi consigliate. Deve essere considerato il fatto che nelle aree endemiche, titoli di 1/80-1/160 nel periodo autunnale in assenza di sintomatologia, possono essere semplicemente spia di avvenuta inoculazione del parassita. Per questo motivo è conveniente monitorare il titolo anticorpale nei mesi successivi senza intraprendere alcuna terapia.

Antimoniato di n-metil-glucamina (Glucantime®)
Il farmaco viene rapidamente assorbito dopo l'inoculazione IM o SC ed ha un'ottima distribuzione. Viene rapidamente metabolizzato ed eliminato prevalentemente per via renale. L'emivita nel cane se inoculato EV è inferiore ad un'ora, IM circa 3 ore e per via SC circa 6-8 ore. Per questo motivo la somministrazione per via SC è preferibile alle altre anche se non sono infrequenti le reazioni nei siti d'inoculo (circa 55% dei casi) che spesso costringono i proprietari ad interrompere momentaneamente la terapia. In questi casi la diluizione della dose in 20-30 ml di acqua bidistillata sterile o glucosio al 5% può risultare meno irritante. Non sono riportati effetti collaterali, ma l'anoressia, il vomito ed il peggioramento della funzione renale sono osservati frequentemente. Nel caso di reazioni nel sito di inoculo non è infrequente rilevare, oltre alla tumefazione ed al dolore, febbre, depressione del sensorio, leucocitosi e aumento di concentrazione delle alfa2-globuline. Il miglioramento della malattia con il solo antimoniato di n-metil-glucamina è stato osservato nel 35-100% dei casi quando somministrato per almeno 4 settimane. Sfortunatamente nel 32-100% dei casi vengono osservate recidive a distanza di 6-12 mesi dall'interruzione del trattamento.

Allopurinolo (Zyloric®)
La somministrazione del solo alllopurinolo è stata documentata in poche ricerche ed i risultati di queste, oltre che contraddittori sono difficilmente confrontabili e interpretabili. Il miglioramento della malattia con il solo allopurinolo è stato osservato nel 30-100% dei casi quando somministrato per almeno sei mesi. Le recidive nelle indagini più attendibili sono state osservate nell'89-100% dei casi dopo 2-72 settimane dall'interruzione del trattamento. In due altre indagini i soggetti guariti clinicamente (18-29% dei trattati) non hanno più manifestato alcuna sintomatologia. Non esiste letteratura specifica riguardo i potenziali effetti collaterali delle terapia a lungo termine di questo farmaco. Nell'uomo causa problemi gastroenterici, epatiti e depressione midollare.

Antimoniato di n-metil-glucamina (Glucantime®) associato a Allopurinolo (Zyloric®)
Nella gran parte dei protocolli di terapia adottati dalle indagini su questa associazione l'antimoniato è stato somminstrato per 4-8 settimane e l'allopurinolo per 4-60 mesi. L'efficacia della terapia è simile a quella del solo antimoniato, ma le recidive, in particolare nei soggetti che poi sono stati trattati per mesi con l'allopurinolo, sono risultate ridotte rispetto alla terapia con il solo antimoniato (<11% contro il 32-100%). Si suppone pertanto che l'effeto parassitostatico di questo farmaco permetta un miglioramento più stabile della malattia.

Amfotericina b (Fungizone®), Amfotericina b + Intralipid 10%, Amfotericina b inclusa nei liposomi (Ambisome®)
In letteratura veterinaria (sino al 2004) sono stati pubblicati solo quatro lavori sulla terapia della leishmaniosi con Amfotericina b e relative formulazioni. L'efficacia di questi protocolli è risultata elevata: 85-100%, ma al solito le recidive a distanza variabile di tempo sono risultate del 18-92%. Questi farmaci hanno un'indice terapeutico basso perché hanno un'emivita lunghissima e la capacità di provocare vasocostrizione renale limitando la filtrazione glomerulare. Hanno, inoltre, effetti tossici diretti sull'epitelio tubulare. Gli effetti collaterali oltre la spiccata nefrotossicità, sono le aritmie cardiache e l'ipokaliemia. Per questi motivi è necessario utilizzare tali farmaci nei soggetti con funzione renale buona. 

Amminosidina (Amminofarma®)
L'efficacia della terapia con questo farmaco è dose dipendente. Con la somministrazione di 5m/kg/24h la percentuale di guarigioni temporanee è risultata del 33-54%, mentre con dosi superiori (5 mg/kg/12h) sale sino al 100%. Questo amminoglicoside è altamente nefrotossico e ototossico. Le precauzioni per il trattamento sono le stesse dell'amfotricina b.

Metronidazolo, Spiramicina, Enrofloxacina
L'associazione metronidazolo-spiramicina somministrata alle dosi sopraccitate per 13 settimane ha permesso di controllare la sintomatologia nel 57% dei casi con recidive entro quattro mesi nel 17% dei soggetti. Il metronidazolo (10 mg/kg/24h) in associazione con l'enrofloxacina somministrato per 4 mesi ha controllato permesso la guarigione nel 70% dei casi, mentre la somministrazione della sola enrofloxacina nel 50% dei soggetti. Le recidive sono state osservate nel 50% dei cani entro 4 mesi dalla sospensione del trattamento.

Miltefosine
E' un agente antineoplastico che agisce sulla sintesi dei fosfolipidi alterando la composizione della membrana parassitaria. In medicina umana viene usato per la prevenzione delle metastasi del carcinoma mammario. Il prodotto nell'uomo viene somministrato alla dose di 100 mg/24h (2,5mg/kg) PO. Tre-quattro settimane di terapia sembrano sufficienti a debellare la malattia nell'uomo. Il costo approssimativo della terapia è di circa 500 euro/mese per un cane di 25 kg (Impavido® 56 capsule 50 mg 100 euro). Le poche notizie al riguardo nel cane indicano il farmaco scarsamente tossico e l'effetto collaterale più frequente il vomito. Trial terapeutici svolti in passato hanno evidenziato scarsa o nulla efficacia del trattamento. 

Utilizzo dei glucocorticoidi in corso di leishmaniosi

L'uso dei cortisonici nelle malattie infettive e parassitarie è molto controverso per il potenziale immunosoppressivo di questo gruppo di farmaci ed in linea di massima dovrebbero, per questo motivo, essere evitati. In corso di leishmaniosi, seppur non tutti gli studiosi siano d'accordo, esistono alcuni presupposti scientifici per un loro razionale uso, a patto che vengano somministrati sempre in associazione con i farmaci leishmanicidi. Da rammentarre il fatto che sperimentazioni condotte in corso di leishmaniosi hanno stabilito che i linfociti di soggetti ammalati erano in grado di produrre linfoblastogenesi ottimale nei confronti di mitogeni (fitoemoagglutinina e concavanillina A), virus vaccinali vivi attenuati ed altri antigeni. In altre parole un cane con leishamaniosi non è un'immunodepresso, ma solo un cane suscettibile a questa parassitosi. Inoltre al momento dell'inizio della terapia i cani hanno già una deviazione immunitaria in atto e pertanto l'eventuale immunosoppressione farmacologica non aggrava il quadro già esistente. Ancora, la ripresa dell'attività Th1 viene osservata solo dopo l'abbattimento della carica parassitaria e questo può avvenire solo dopo 2-4 settimane dall'inizio del trattamento. Per tali motivi l'utilizzo dei cortisonici nelle fasi iniziali del trattamento non può essere considerato dannoso ai fini della disseminazione dell'infezione. I soggetti con leishmaniosi candidati alla terapia con i glucorticoidi sono i cani con uveiti, cheratocongiuntiviti, glomerulonefriti proteino-disperdenti e quelli con iperproteinemia e elevate concentrazioni di beta e gammaglobuline. Nei primi, la riduzione dei processi infiammatori limita ulteriori danni alle strutture dell'occhio salvaguardano la vista ed in qualche caso la diminuzione della flogosi dei nefroni evita l'insufficienza renale cronica. Inoltre, nei soggetti con iperproteinemie, riduce l'importanza dei processi infiammatori che si stabiliscono con la formazione di nuovi immunocomplessi una volta liberati antigeni dai parassiti che muoiono con l'uso dei farmaci leishmanicidi. Infine nel caso di reazioni nel sito di inoculo, la riduzione dei processi infiammatori nelle aree dove viene iniettata l'n-metilglucamina evita il dolore e la eventuale sospensione del trattamento. I glucocorticoidi utilizzabili e le loro dosi sono i seguenti: Prednisone, prednisolone, metilprednisolone 1mg/kg/24h PO o Desametasone, triamcinolone 0,3-0,5 mg/kg/24h PO. Il trattamento deve essere adattato al caso ed interrotto gradualmente una volta ottenuti i risultati sperati.

Prevenzione
La profilassi nella leishmaniosi allo stato attuale consiste nella prevenzione delle punture dei vettori (flebotomi). I piretroidi sintetici (Deltametrina o Permetrina) in varie formulazioni (spray, spot on, collari) registrati per la prevenzione delle infestazioni da pulci e zecche hanno un'effetto repellente non trascurabile anche sui pappataci (vedi Trattamento e prevenzione delle ectoparassitosi). Dalle indagini svolte risulta che permettano una riduzione del contagio nel 50-65% della popolazione trattata. Nell'ambiente dove vivono i cani esiste la possibilità di porre esche moschicide o tinture murali moschicide contenenti imidacloprid, 9-tricosene, LEJ 179 e bitrex (Quick Bayt®), zanzariere e lampade attiniche atte all'uccisione egli insetti volatori.

Trattamento delle malattie trasmesse da zecche (e pulci)

Cane e gatto

Le infezioni trasmesse da zecche sono molte e sono sostenute dalle specie Ehrlichia spp, Rickettsia spp, Hepatozoon spp, Haemobartonella spp, Borrelia burgdorferi, Bartonella henselae (Malattia del graffio e morso del gatto, trasmessa dalle pulci, zoonosi), Babesia spp. 
Ehrlichia spp, Rickettsia spp, Hepatozoon spp, Haemobartonella spp, Borrelia burgdoerferi sono sensibili al trattamento con tetraciclina alla dose di 22 mg/kg/8h PO per 2-3 settimane e alla doxiclina (Vibravet®) alla dose di 5 mg/kg/12h PO per 2-3 settimane. Questo periodo di trattamento può non risultare efficace e pertanto è necessario continuare la terapia fino a 60 giorni. In alternativa può essere usato l'imidocarb (Carbesia®) alla dose di 3-6 mg/kg SC o IM. Il trattamento della borreliosi vede tra le alternative l'uso dell''ampicillina e l'eritromicina alla dose di 22 mg/kg/8h PO per 2- 3 settimane. Il trattamento della Bartonella henselae è difficile perché i farmaci a disposizione raramente risultano pienamente efficaci. Quelli consigliati sono l'enrofloxacina alla dose di 22 mg/kg/12h, la doxiclina alla dose di 25 mg/kg/12h PO o l'ampicillina alla dose di 200 mg/gatto/12h o eritromicina 20 mg/kg/12h per circa 3 settimane. Molti di questi farmaci necessitano di una dose superiore a quelle usate per altre infezioni e il trattamento è prolungato, per questo motivo non sono infrequenti effetti collaterali quali disappetenza, scialorrea, vomito e diarrea. Il trattamento della babesiosi è più semplice e si basa sulla somministrazione d'imidocarb alla dose di 3-7 mg/kg IM SC che va ripetuto dopo 14 giorni. Questo farmaco è in genere ben tollerato eccezione fatta per dolore o reazioni nei siti d'inoculo, ma può risultare tossico nei soggetti con insufficienza epatica. Non esistono notizie certe sull'uso in gravidanza, lattazione e nei soggetti giovani, ma esperienze personali ed aneddotiche indicano che il trattamento non presenta controindicazioni serie. Allo scopo di evitare eventuali fastidiosi effetti collaterali di tipo colinergico (scialorrea, vomito, diarrea, affanno) che possono seguire nell'immediato la somministrazione del farmaco, può essere somministrata atropina 15' prima dell'imidocarb alla dose di 0,02-0,04 mg/kg IM. 
Nelle aree a rischio l'infezione può essere efficacemente prevenuta con vaccini specifici (Pirodog®) e la prevenzione delle infestazioni da zecche e pulci.


Trattamento delle rogne

Cane e gatto

Trattamento della demodicosi

La demodicosi é una malattia parassitaria/infiammatoria della pelle del cane (e gatto) che é la conseguenza clinica dell'incapacità dell'ospite di controllare la proliferazione del Demodex canis che é un commensale permanente dell'apparato pilo-sebaceo. Altro acaro simile identificato di recente nel cane è il D ajelloi che sembra avere ciclo biologico relativamente simile al D. canis. Negli ultimi anni é stato riconosciuto un altro demodex dal corpo breve e tozzo (Demodex cornei ?) che vive negli strati superficiali dell'epidermide e che sembra associato ad una dermatite pruriginosa. Questo tipo di demodex pare che infesti prevalentemente le aree dorsali del corpo. Nel cane la Demodicosi viene distinta in Giovanile (<12 mesi in razze piccole, medie o grandi e < 18 mesi nelle razze giganti) o dell'età Adulta; in Demodicosi localizzata o generalizzata; in Demodicosi secca (squamosa) o pustolosa (piodemodicosi). Le forme localizzate dell'età adulta o delle demodicosi non completamente guarite sono la pododemodicosi e l'otodemodicosi.
La demodicosi nel gatto é sostenuta da due parassiti tassonomicamente differenti: il Demodex cati riconosciuto sin dal 1859 e dal Demodex "corto" riconosciuto solo dal 1982. Il primo é un acaro follicolare allungato e stretto con tutti gli stadi immaturi presenti del cane d'aspetto più sottile ed il secondo, di cui si conosce poco o nulla del ciclo biologico, che vive negli strati superficiali dell'epidermide e che é di aspetto tozzo e con la coda appena accennata. Il D. cati (e D. waist cati) é spesso associato a malattie sistemiche (Diabete mellito, FIV/FelV, SLE, Iperglucocorticoidismo) ed é responsabile sia di forme localizzate che generalizzate. Il D. corto meno frequente del primo, provoca una dermatite molto simile a quelle di carattere allergico e all'alopecia psicogena. Il prurito é sempre presente, é molto intenso e localizzato in particolare su testa, collo, gomiti, arti anteriori, fianchi, tronco ed addome/inguine. 

Forme giovanili localizzate
In queste forme sembra che non esista nessuna differenza nella possibilità di guarigione tra i soggetti trattati e quelli non trattati. La guarigione avviene nel 95% dei casi spontaneamente in 6-8 settimane, sebbene alcuni soggetti impieghino più tempo alternando remissioni a recidive. La guarigione definitiva viene osservata dopo l'anno di età. La cosa più conveniente è trascurare scientificamente il problema, in altre parole consigliare il proprietario di non trattare il soggetto e di controllare che la demodicosi non tenda a generalizzare. Nel caso di proprietari apprensivi che desiderino trattare comunque il loro cane è consigliabile applicare localmente soluzioni o gel a base di benzoile perossido al 5% o mesulfene (Anacar®) o la miscela di clofenotano-benzoile perossido-benzocaina (Antiscabbia Candioli al DDT Terapeutico®) da applicare giornalmente o a giorni alterni. Tutti questi prodotti possono aumentare temporaneamente l'eritema, il prurito e l'alopecia sul sito di applicazione. La guarigione clinica avviene in circa 15-30 giorni. L'uso dell'Amitraz (e forse anche dell'ivermettina) andrebbe evitato in queste forme allo scopo di non creare ceppi di Demodex resistenti. Se dopo tre-quattro settimane aumentano l'estensione ed il numero delle aree interessate ed i raschiati mettono in evidenza molti parassiti con tante forme immature deve essere adottato il protocollo della demodicosi generalizzata.
Forme generalizzate
Oltre il 50% delle forme giovanili generalizzate in forma squamosa guariscono spontaneamente in 2-3 mesi, ma in questo caso è conveniente adottare un protocollo di terapia almeno con amitraz per evitare che il numero di parassiti aumenti così tanto da rendere poi difficile la guarigione ed anche lunga e tossica la terapia. Allo stato attuale delle cose i trattamenti locali specifici con l'amitraz e quelli sistemici con ivermettina od altre avermectine permettono il controllo o la guarigione della quasi totalità delle demodicosi generalizzate a patto che i trattamenti siano perpetuati per il giusto periodo. 
Tutte le forme di piodemodicosi vanno trattate contemporaneamente anche con antibiotici (cefalessina, cefoperazone, enrofloxacina, difloxacina, clindamicina, sulfamidici potenziati, etc) per un periodo da stabilire in base all'osservazione della completa scomparsa del pioderma. Non trattare le infezioni batteriche secondarie significa non risolvere anche la demodicosi, perché lo Stafilococco intermedius opera un'azione sinergica con il demodex inibendo la risposta immunocompetente dell'ospite. 
La seborrea oleosa, sempre presente nelle forme generalizzate, può rappresentare un fattore d'ostacolo alla guarigione e pertanto non deve essere trascurata ogni terapia al riguardo ed in particolare la shampoo-terapia. Il farmaco antiseborroico per eccellenza in medicina veterinaria è il benzoile perossido (Fatroxid®), presente in commercio anche come shampoo ed è considerato un coadiuvante della terapia acaricida anche per la sua azione di "pulizia" follicolare. In alternativa, possono essere usati altri prodotti per uso veterinario a patto che contengano anche clorexidina, etil lattato od altri principi antibatterici/batteriostatici. La frequenza dei bagni deve essere elevata e nel caso del benzoile perossido, lo shampoo deve precedere di 45-60 minuti l'applicazione dei prodotti a base di amitraz.

Trattamento topico con Amitraz (Demotick® 5% , Taktic® 12,5%, Ectodex® 5%)
L'Amitraz (N' - (2,4-dimetilfenil) - N - [(2,4-dimetilfenil)imino) metil ]- N-metilmetanidamide) ha finalmente permesso di trattare la demodicosi con successi un tempo impensabili. E' un farmaco inibitore delle monoaminossidasi e della sintesi delle prostaglandine che uccide i parassiti attraverso la modificazione della trasmissione dell'impulso nervoso. Insieme alla nmilbemicina ossima è l'unico farmaco registrato per il trattamento della demodicosi. Il prodotto agisce per contatto diretto con il parassita e deve essere diluito in acqua tiepida ed applicato su tutto il corpo del cane senza sciacquare. L'amitraz ha un'odore particolarmente sradevole e deve essere applicato in ambiente aperto muniti di guanti e mascherina perché potenzialmente cancerogeno. Una volta diluito, l'amitraz viene dagradato dai raggi ultravioletti e per ossidazione spontanea, pertanto va preparata la soluzione acquosa dii volta in volta. Non dovrebbe essere usato su superfici erose. Una volta in circolo viene eliminato rapidamente dal rene dopo metabolizzazione epatica. Il soggetto dovrebbe essere tosato se a manto medio-lungo e lavato alcune ore prima con shampoo al benzoile perossido. Le diluizioni e la frequenza dei trattamenti sono state oggetto di svariati trial terapeutici che hanno usato differenti metodi di valutazione dell'efficacia e che pertanto rimangono di difficile interpretazione. Le diluizioni consigliate dalla letteratura variano dallo 0,05% (10 ml di amitraz 5% in 1 litro di acqua) allo 0,125% (10 ml di amitraz al 12,5% in 1 litro di acqua) e la frequenza dei trattamenti da un'applicazione alla settimana (o 2 settimane) ad un'applicazione su metà corpo al dì a rotazione in base alla gravità della situazione clinica. La varietà delle modalità di somministrazione di tale prodotto usate nel recente passato riflettono senza dubbio la necessità di adattare la terapia alla grande variabilità di presentazioni cliniche che può assumere la demodicosi e forse anche alle naturali pressioni che hanno subito i ricercatori da parte dei proprietari di cani con demodicosi generalizzate. In linea di massima il 60-80% dei soggetti trattati guarisce in 4-12 mesi. 
Le pododemodicosi resistenti e l'otodemodicosi possono essere trattate diluendo 1 ml di amitraz al 12,5% in 9 o 29 ml di olio minerale, a seconda dei pareri e applicando il prodotto 3-7 giorni la settimana. In alternativa, nelle otodemodicosi, possono essere usati prodotti otologici contenenti thiabendazolo (Tresaderm®).
Effetti collaterali
L'amitraz stimola i recettori a2-adrenergici e può provocare la comparsa d'effetti indesiderati quali: ipotensione, bradicardia, ipotermia, poliuria, vomito, paralisi itestinal, meteorismo e iperglicemia che fortunatamente non sono mai troppo severi e che scompaiono nell'arco di pochi giorni. Nel caso di convulsioni o avvelenamento da amitraz, l'antidoto è l'atimepazolo (Antisedan®) alla dose di 0,2 mg/kg IM. In alcuni casi l'applicazione può risultare direttamente irritante, indurre eritema e prurito. E' sconsigliato nei cani con età inferiore ai 4 mesi e può essere tossico in quelli di piccola taglia. E' sconsigliato nel gatto e nei roditori.
Non esistono indagini dove é stato valutato il trattamento di amitraz associato a milbemicina ossima o ivermettina. Le azioni farmacologiche di queste molecole sono molto diverse tra loro e possono così esercitare effetti differenti sui parassiti. Per esperienza personale le azioni delle molecole citate sembrano sinergiche e non sembra che il trattamento combinato risulti tossico.
Milbemicina ossima (Interceptor®)
Antibiotico ottenuto dalla fermentazione dello Streptomyces hygroscopicus aureolacrimosus ad azione acaricida, antielmintica ed insetticida. Il farmaco deve le sue proprietà alla capacità di sovrastimolare l'azione del GABA. Può essere somministrato a Collie, Pastori dello Shetland, Bearded collie, Bobtail e loro incroci.
La sua efficacia nel trattamento della demodicosi generalizzata sembra ottima in particolare nelle forme giovanili. I trial terapeutici effettuati hanno mostrato la remissione della sintomatologia nel 42-100% dei casi in tre/quattro mesi (stima media). Sono stati effettuati molte prove che hanno utilizzato differenti dosi di farmaco, i lavori più recenti consigliano la quantità di 2-2,5 mg/kg/die (o bid) PO. Questa dose può essere dimezzata in base al caso allo scopo di ridure i costi del trattamento. Lo svantaggio principale é rappresentato dal costo, attualmente la terapia di un cane di 10-11 Kg costerebbe circa 4€ al giorno.
Ivermectina (Ivomec®)
Antibiotico ottenuto dalla fermentazione dello Streptomyces avermitilis ad azione acaricida, antielmintica ed insetticida. Non deve essere somministrato nelle razze sensibili come il Collie, Pastori dello Shetland, Bearded collie, Bobtail e loro incroci. I trial terapeutici indicano migliore la somministrazione per via orale del farmaco tal quale alla dose di 300-600 mcg/kg die. La guarigione avviene in genere in 3-12 mesi. Non sembra parimenti efficace la somministrazione del farmaco per via sottocutanea alla dose di 400-500 mcg/kg alla settimana e pertanto questo protocollo terapeutico deve essere associato all'applicazione di amitraz. Non sono state rese note le differenze nell'assorbimento e della relativa farmacocinetica dei due tipi di somministrazioni. L'emivita del farmaco é comunque molto lunga. Recentemente é stata tentata anche la somministrazione "pour on" alla dose di 1,5 mg/kg/3 volte la settimana con scarso successo. La mia personale sensazione é che con la somministrazione alla dose di 600 mcg/kg PO i risultati siano più soddisfacenti anche in termini di riduzione del periodo di trattamento. Approssimativamente in un cane di 20 kg il costo della terapia Per Os alla dose di 600 mcg/kg é di 0,8€ al giorno e quello per via sottocutanea alla dose di 400mcg/kg la settimana é di 0,15€ al giorno.
Possono essere usati in alternativa Moxidectina (Guardian®) e Doramectina (Dectomax®) a dosi identiche a quelle dell'ivermectina.
Vitamina E
Sembrava che i soggetti con piodemodicosi generalizzata soffrissero di una primitiva deficienza di Vit E, ma indagini successive hanno smentito tali carenze. Alcuni autori credono comunque che la supplementazione con Vit E della terapia risulti utile alla dose di 200-400 mg/bid-tid. Le proprietà della vitamina E di stabilizzatrice di membrana, di antiossidante e immunostimolante nei confronti dei linfociti Th può risultare di qualche utilità.


Trattamento della Rogna sarcoptica

E' sostenuta dal Sarcoptes scabiei che può colpire non solo il cane, ma anche l'uomo e specie da reddito. La rogna sarcoptica o scabbia provoca un intenso prurito ed è caratterizzata dalla comparsa di lesioni a carattere papulo crostose che inizialmente affliggono i margini posteriori dei padiglioni auricolari ed i gomiti e progressivamente ogni area. La diagnosi in molti casi viene emessa tardivamente a causa dell'elevato numero di diagnosi differenziali da escludere e dal fatto che solo nel 20-30% dei casi viene identificato nei raschiati l'acaro o le sue uova. In questi frangenti, anche se non è possibile escludere a priori altre fonti di prurito, è consigliabile intraprendere un tentativo terapeutico con ivermectina o selamectin per evitare l'eventuale contagio all'uomo. Il trattamento è semplice ed efficace, sebbene i sintomi ed in particolare il prurito scompaiono in non meno di 2-3 settimane. La terapia si basa sulla somministrazione di ivermectina alla dose di 200-400 mcg/kg SC ogni 7 giorni per 3-4 volte o selamectin alla dose di 6 mg/kg "spot on" ogni 7-30 giorni in base alla gravità del quadro clinico. Nelle razze sensibili a dosi elevate di queste molecole è consigliabile trattare con amitraz allo 0,05% ogni 7 giorni sino alla scomparsa dei sintomi. Nel caso di sovrainfezioni batteriche è necessario somministrare antibiotici attivi nei confronti dello S. intermedius. Se il prurito è veramente intenso è consigliabile l'uso del collare elisabettiano, mentre dovrebbe essere evitata la somministrazione di glucocorticoidi anche a basse dosi.


Trattamento della Rogna notoedrica

Colpisce solo il gatto ed è sostenuta dal Notoedres cati. Le manifestazioni cliniche sono caratterizzate dalla comparsa d'intenso prurito, eritema e croste molto aderenti su padiglioni auricolari e testa. Occasionalmente il parassita può infettare altre aree. La terapia si basa sulla somministrazione di ivermectina alla dose di 200 mcg/kg SC ogni 10 giorni o selamectin alla dose di 6 mg/kg "spot on" ogni 15-30 giorni sino a risoluzione delle lesioni. In molti casi è sufficiente una sola somministrazione di una delle due molecole.


Trattamento della Cheyletiellosi

E' sostenuta dalla Cheyletiella yasguri nel cane e dalla C. blakey nel gatto. Il segno clinico principale è il prurito, mentre le lesioni dermatologiche sono rappresentate da piccole papule crostose e scaglie. E' altamente contagiosa e colpisce anche l'uomo. Terapia vedi rogna sarcoptica/notoedrica.


Trattamento della Trombiculosi

E' sostenuta dalla Neotrombicula autumnalis che allo stato larvale parassita anche il cane e gatto (e uomo). L'infezione provoca prurito più o meno marcato e localizzato in particolare alla testa. La diagnosi si può emettere anche usando una lente d'ingrandimento per visualizzare le grosse larve di colore rossastro nella tasca di Henry dell'orecchio o sui canti mediali delle palpebre. Terapia vedi rogna sarcoptica/notoedrica.


Trattamento della Pediculosi

E' sostenuta nel cane dal Linognatus setosus e dal Tricodectes canis, mentre nel gatto dalla Felicola subrostrata. La pediculosi colpisce in particolare i giovani soggetti defedati o che vivono in assembramenti e provoca prurito più o meno intenso su dorso e fianchi. La diagnosi viene emessa sull'osservazione dei parassiti adulti e delle lendini a occhio nudo o al microscopio. La terapia si basa sull'applicazione locale di fipronil spray (Frontline®) o vedi terapia rogna sarcoptica/notoedrica.


Trattamento e prevenzione delle infestazioni da zecche e pulci

Cane e gatto

Trattamento delle pulicosi

Le infezioni da pulci nella dermatologia del cane e gatto sono molto importanti perché simulano i sintomi di molte malattie allergiche e a volte sono a torto trascurate. Non emettere una semplice diagnosi d'infestazione o allergia da pulci non permette l'allontanamento della fonte di prurito e spesso mette il paziente a rischio d'inutili lunghe terapie con farmaci corticosteroidei !!!!!. 
La Ctnenocephalides felis felis é la pulce più diffusa in Italia nel cane e gatto, mentre la C. canis é più diffusa nei paesi a clima freddo. I problemi causati dall'infestazione da pulci sono molti, in sintesi:

  • Prurito;

  • Allergia alla puntura da pulce;

  • Anemia e carenza di ferro;

  • Vettori negli animali d'affezione di Dypilidium caninum, Dipetalonema reconditum e di rikettsie, mentre nell'uomo della Rikettsia typhi, della Yersinia pestis e della Bartonella Henselae (Malattia da morso e graffio del gatto);

  • Danno economico per il controllo delle infestazioni (871 milioni di dollari negli USA nel 1991: circa 1400 miliardi di lire italiane dell'epoca).

Le pulci dei carnivori sono parassiti permanenti e muoiono in due giorni se allontanati dall'ospite. Una volta saltati sul cane o gatto (o altri mammiferi) iniziano a cibarsi di sangue e eliminano le feci dopo appena 8-9 minuti. Il 95% del sangue non viene digerito e finisce nelle feci che saranno fonte di cibo per le larve. Il consumo di sangue non è trascurabile ed è stato stimato che 70 pulci consumano circa 1 ml di sangue al giorno.
Il ciclo vitale della pulce si completa in 3-4 settimane in condizioni subottimali, ma può durare sino ad 1 anno. Le femmine depongono uova dopo 24-48 ore dal primo pasto e se non disturbate producono in media circa 25-50 uova al giorno per 100 giorni. Il 5% delle uova sembra raggiungere lo stadio adulto. Il 70% delle uova cade al terreno e le uova schiudono in 1-10 giorni. Le condizioni di schiusa ottimali sono di 25°C e UR >50%. Le larve (2 mm) hanno fototropismo negativo e geotropismo positivo si nutrono di feci di pulci adulte, detriti organici, batteri, muffe e sono sensibili alle temperature elevate associate a umidità relativa bassa (<50%). Le pulci parassitano di più alcuni individui e meno altri per motivi imprecisati e sono uccise quasi tutte dall'attività di pulizia dell'ospite. I soggetti allergici al morso di pulce avvertono di più il prurito e hanno pochi parassiti nel manto. Il prurito e le lesioni provocate dal morso e dall'autotrauma sono proporzionali al numero delle pulci o al grado di ipersensibilità. Le lesioni provocate dalle punture sono di tipo papulocrostoso e presenti su groppa, coda, faccia caudo-mediale degli arti posteriori, addome e inguine. 
Il trattamento delle pulicosi prevede a) l'uccisione delle pulci presenti sull'ospite e su eventuali altri animali conviventi, b) la prevenzione continua delle infestazioni e c) il controllo ambientale.
Uccisione e prevenzione dell'infestazione
I piretroidi, per es. fenotrina, tetramerina, permetrina, cipermetrina, etc in formulazione shampoo o spray sono molto efficaci nell'uccisione del 100% delle pulci (e zecche, pidocchi) in meno di 15 minuti. Sfortunatamente il risciacquo successivo al bagno allontana il principio attivo e nel caso dello spray gran parte del prodotto rimane inutilizzato sul pelo. In entrambi i casi l'attività residua risulta scarsa e il paziente è a rischio di reinfestazione dopo pochi giorni. I piretroidi sono efficaci anchi dispersi nell'ambiente per l'eradicazione sia dei parassiti adulti che delle forme immature.
I piretroidi non devono essere usati nel gatto, mentre nel cane raramente provocano problemi. Questi in genere sono associati all'uso di grandi quantità di prodotto e rappresentati da sintomi gastroenterici, tremori, atassia e più raramente convulsioni.
Il Fipronil (Frontline®, Frontline combo®) è un'inibitore non competitivo del GABA e la morte dei parassiti avviene per ipereccitazione. In particolare nella formulazione spot on, ha una buona attività pulcicida ed un'ottima attività nella prevenzione di nuove infestazioni. Deve essere applicato una volta al mese direttamente sulla pelle della base del collo; diffonde facilmente nelle strutture epidermiche accumulandosi nelle ghiandole sebacee che lo cedono per un periodo efficace per la prevenzione di circa 30 giorni. I bagni anche frequenti non sembrano limitarne l'efficacia. L'attività pulcicida (circa 90%) viene esercitata in circa 2-3 giorni. Questo prodotto come gli altri della categoria, è efficace anche come ovicida e larvicida se somministrato continuamente e se associato ai farmaci utili per il controllo ambientale. Effetti collaterali sono rari e limitati a reazioni sul sito di applicazione (eritema, prurito, alopecia). L'irrorazione con spray in soggetti giovani può provocare effetti collaterali quali lieve depressione e vomito. A dosi terapeutiche non è teratogeno e può essere somministrato anche in soggetti molto giovani. Il prodotto è anche zecchicida e efficace nei confronti della trombiculosi, cheyletiellosi e rogna otodettica.
L'imidacloprid (Advantage®) è un farmaco agonista competitivo dell'acetilcolina provoca un brusco arresto della conduzione nervosa nella pulce. Viene anch'esso usato in una formulazione da applicare direttamente sulla pelle e esercita attività pulcicida in circa 12-24h. L'efficacia nella prevenzione (circa 95-100%) ha una durata variabile dai 15 ai 30 giorni ed è in funzione della corretta applicazione del prodotto e del numero di eventuali bagni cui viene sottoposto il paziente. Il farmaco si distribuisce uniformemente sulla superficie dell'epidermide e rimane adeso ai corneociti e ai peli. Una volta caduti nell'ambiente il principio attivo può continuare ad esercitare una certa azione utile per il controllo delle forme giovanili. Come nel caso della molecola precedente, somministrazioni ripetute possono essere causa di dermatiti da contatto localizzate nel punto di applicazione. Non ha attività acaricida.
Il Nitempyram (Capstar®) si lega ai recttori colinergici di tipo nicotinico molto rapidamente e provoca la morte delle pulci in 15-30 minuti. Non possiede attività residuale. Viene somministrato per via orale e la concentrazione utile viene raggiunta in 120'. La tolleranza al farmaco è ottima e gli effetti collaterali sono legati solo al sovradosaggio. I sintomi sono la scialorrea, il vomito, la diarrea nei casi gravi le convulsioni.
La Selamectin (Stronghold®) viene somministrata mensilmente per spot on sulla pelle della base del collo. E' una molecola altamente lipofila ed ha anch'essa la proprietà di venir rapidamente assorbita dalla pelle e di concentrarsi nelle ghiandole sebacee che ne rilasciano continuamente quantitativi efficaci per la prevenzione per circa un mese. L'attività pulcicida viene esercitata in circa 2-3 giorni, le pulci sopravvissute partoriscono un numero di uova limitato e risulta anche ovicida e larvicida partecipando alla sterilizzazione ambientale. A dosi terapeutiche non è tossica e non sono stati registrati effetti collaterali neanche nelle razze sensibili. La casa produttrice ne sconsiglia l'uso in soggetti al di sotto delle 6 settimane di vita.
La Permetrina (Exspot®) viene applicata tramite formulazione spot on su collo e dorso in base alle dimensione del cane. E' registrato solo nel cane perché lievemente tossica nel gatto. Può essere somministrata in gravidanza e i soli effetti collaterali sono stati osservati dopo ingestione del prodotto e consistono in depressione e scialorrea. 
Controllo ambientale
Il controllo ambientale si basa sulla somministrazione di farmaci ai cani e gatti in grado di ridurre lo sviluppo delle forme immature e di sostanze da usare nell'ambiente per impedire la crescita e uccidere le larve e i giovani adulti.
Il Lufenuron (Program®) ha la capacità di inibire la sintesi della chitina che è la proteina costituente l'esoscheletro degli artropodi. Il farmaco non è adulticida, ma una volta assunto attraverso il pasto di sangue da parte della pulce impedisce a) lo sviluppo dell'embrione all'interno dell'uovo, b) l'indurimento del dente chitinoso indispensabile per la schiusa della larva e c) impedisce comunque la muta delle larve sopravvissute. Il farmaco deve essere somministrato una volta al mese per via orale alla dose 10 mg/kg nel cane e 30 mg/kg nel gatto. Una volta assorbito si deposita nel grasso sottocutaneo che lo rilascia con continuità per oltre un mese. Il trattamento ha un'ottima efficacia se protratto per molti mesi.
Il Methoprene, il Fenoxycarb ed il Pyroxyprofene sono farmaci contenuti in prodotti da somministrare per via topica sugli animali (Frontline combo®) ed in altri da usare nell'ambiente (Bolfo cucce®, Avantgard®, etc). La proprietà di queste molecole è quella di inibire lo stadio di crescita delle pupe mimando l'attività di alcuni ormoni giovanili delle pulci. Nel caso dei farmaci da usare direttamente sugli animali è necessario rispettare la posologia e i tempi di somministrazione indicati sulle confezioni. Per ciò che riguarda i prodotti da usare nell'ambiente il numero dei trattamenti deve essere valutato in funzione del supposto grado di contaminazione. 
Infine le Piretrine e i piretroidi sono contenuti in molti prodotti da usare nell'ambiente per uccidere in particolare i giovani adulti (Solfac automatic®, etc) 
Considerazioni generali
Tutti i farmaci indicati hanno un'efficacia non assoluta e le forme immature delle pulci possono difendersi bene nelle irregolarità e soluzioni di continuo dei pavimenti, nei tessuti, sofà etc. Importante ai fini del risultato è sfruttare le attività sinergiche dei varie molecole per debellare la parassitosi e ridurre la contaminazione degli ambienti. Le misure igieniche elementari come la pulizia con aspirapolvere devono essere continue e meticolose ed infine tutte le strategie terapeutiche devono essere adottate con scrupolo per non vanificare le attese dei proprietari e non complicarci la vita con le recidive. 

Trattamento delle infestazioni da zecche

Le infestazioni da zecche sono sostenute dai generi Rhipicefalus spp e Dermacentor spp che sono responsabili di danni diretti sull'ospite quali reazioni locali e anemia, ed indiretti perché vettori di malattie batteriche, virali, protozoarie e da rickettsie. Le infestazioni, in particolare quelle massive, devono essere trattate con piretroidi in formulazione shampoo o con soluzioni di amitraz (o con ivermectina 200 mcg/kg SC) e prevenute con l'applicazione mensile di fipronil o selamectin o permetrina come nel caso delle pulci.


Trattamento delle malattie sostenute da funghi

Cane e gatto

Trattamento della Dermatofitosi
Microsporum canis, M. gypseum e Trichophyton mentagrophytes sono gli agenti eziologici delle dermatofitosi del cane; mentre quasi tutte le dermatofitosi del gatto sono causate da M. canis, occasionalmente da T. mentagrophytes e raramente da M. gypseum. Gli organismi fungini invadono i peli solo nella fase anagen del ciclo di crescita del pelo. La malattia, in particolare nella specie felina, può non essere evidente clinicamente. Una volta contratta l'infezione, i soggetti immunocompetenti guariscono spontaneamente in circa un mese, al contrario i giovani e quelli suscettibili manifestano varie lesioni dermatologiche. La lesione classica della tigna è rappresentata da un'area alopecica ricoperta di fini scaglie (cenere di sigaretta) con evidente eritema periferico.
Il protocollo di terapia prevede l'uso di farmaci per uso topico, sistemico e l'utilizzo di prodotti per la riduzione dell'infettività delle artrospore disseminate nell'ambiente. Infine, nel caso di cani e gatti a pelo lungo è consigliabile la tosatura per ridurre i tempi della terapia e la contaminazione ambientale. La tosatura deve essere eseguita dopo circa tre settimane di terapia sistemica per allontanare i peli con ammassi di artrospore ormai adesi a metà del fusto. Importantissimo non stabilire mai a priori la durata della terapia e anche in caso di guarigione clinica è importante ripetere l'esame micologico ogni 3 settimane. Una volta negativo l'esame colturale è possibile interrompere la terapia, ma non le misure igieniche per lo meno per alcune settimane. 
1) Trattamento topico. 
Ha lo scopo principale di limitare la disseminazione di artrospore nell'ambiente. E' dimostrato che l'applicazione di topici nella dermatofitosi del cane e gatto sia efficace solo sulle artrospore estrafollicolari e pertanto, non influenzando la moltiplicazione di quelle intrafollicolari, non può essere sufficiente nel controllo dell'infezione. Può essere eseguita a) localmente su piccole aree come nel caso di dermatofitosi con numero molto limitato di lesioni o nel caso del kerion dermatofitico usando creme, pomate o meglio unguenti o formulazioni in latte dermatologico o soluzioni acquose in grado di infiltrare bene anche la periferia delle lesioni, oppure b) su tutta la superficie corporea indipendentemente dalla presenza o no di lesioni dermatologiche. I farmaci usati allo scopo sono molti, l'enicolconazolo (Imaverol®), miconazolo (Amyco®), etc. Il primo viene venduto come concentrato da diluire in acqua da applicare per spugnatura e da lasciar asciugare sul soggetto in modo da ottenere anche un'effetto residuale. Attualmente è registrato solo nel cane perché in alcuni gatti ed in particolare nel Persiano può risultare tossico. Dopo l'applicazione è necessario che i proprietari vigilino il soggetto per impedirgli di leccarsi. L'ingestione del prodotto può provocare nausea, problemi gastroenterici ed aumento dell'attività degli enzimi epatici. Il secondo prodotto può essere usato tal quale su singole lesioni o come shampoo. In quest'ultimo caso, risciacquando l'effetto residuale è minimo e la letteratura specifica consiglia di usare sempre formulazioni ad effetto residuale. Nel corso delle applicazioni, inoltre è conveniente non sfregare il manto e non asciugarlo con phon in maniera da evitare diffusione di artrospore sulla pelle e ambiente circostante. 
2) Trattamento sistemico 
Il farmaco di prima scelta è la Griseofulvina (Fulcin®, Grisovina®), ha azione fungistatica, da somministrare alla dose di 25-50 mg/kg/12h PO Questo farmaco negli animali d'affezione ha una breve emivita e deve sempre essere somministrato in due dosi giornaliere (negli animali è metabolizzata 6 volte più velocemente che nell'uomo) con un pasto ricco in grassi. Il farmaco è metabolizzato a livello epatico e non può essere somministrato in soggetti con epatopatie al di sotto delle 6 settimane di vita. Gli effetti collaterali più frequenti sono il vomito, il prurito, epatopatie con ittero, anemia, leucopenia, trombocitopenia; inoltre è un'induttore degli enzimi microsomiali (P-450) può rendere più veloce eliminazione di alcuni farmaci (digitale, antiepilettici). Non può essere somministrato in gravidanza perché teratogeno.
Altro farmaco molto usato negli ultimi anni è l'itraconazolo (Itrafungol®, Sporanox®), fungistatico da somministrare alla dose di 5 mg/kg/12h PO rigorosamente (anche in considerazione del prezzo) con il pasto per favorirne l'assorbimento. Questa molecola può essere somministrata anche in giovani soggetti e sebbene la casa produttrice ne sconsigli l'uso in gravidanza non sono stati riportati effetti teratogeni alle dosi terapeutiche. Il prodotto per uso umano è venduto in capsule da 100 mg e questo rappresenta un problema per la somministrazione di quantità ridotte a soggetti di piccola taglia. Per superare questo ostacolo è necessario aprire le capsule e diluire il contenuto in un piccola quantità di burro semifuso. Una volta reso omogeneo l'impasto, il burro deve essere steso su un foglio d'alluminio e riposto in frigo sino all'utilizzo delle porzioni necessarie. Il prodotto per uso veterinario viene venduto in sospensione orale molto pratica per il trattameto di gatti e piccoli cani. Anche questa molecola viene metabolizzata dal fegato e non deve essere somministrata in corso di epatopatie. Infine questo farmaco si accumula con il tempo nel grasso sottocutaneo e nel sebo garantendo un certo rilascio anche dopo la cessazione della terapia.
Il farmaco di più recente sintesi è la terbinafine (Lamisil®) che ha azione fungicida, da somministare alla dose di 12,5-20 mg/kg/12h PO. Allo stato attuale delle conoscenze sembra più efficace della griseofulvina ed anche dell'itraconazolo. Non sono riportati effetti epatotossici e gli effetti collaterali sono di tipo gastroenterico. Anche questo farmaco si accumula con il tempo nel grasso sottocutaneo e nel sebo ed addirittura è riportato che dopo un periodo di 4 settimane di terapia è possibile rinvenire concentrazioni ottimali di farmaco nello strato corneo per quasi cinquanta giorni.
Ketoconazolo (Nizoral®)
Ha azione fungistatica, ed è il più tossico del gruppo dei farmaci azolici.
L'assorbimento è migliore a pH acido quindi deve essere somministrato con il pasto alla dose di 10-30 mg/kg/24h PO. 
Gli effetti collaterali sono frequenti e molti: anoressia, turbe gastrointestinali, epatotossicità spiccata, trombocitopenia, anemia, teratogenicità elevata, schiarimento del pelo, diminuzione della degradazione epatica di molti farmaci e della sintesi di ormoni steroidei (testosterone, cortisolo), galattorrea ingiustificata, cataratta. Non deve essere somministrato ai gatti.

Profilassi vaccinale
La vaccinazione con ceppi inattivati di Microsporum sp e Tricophyton sp (Insol Dermatophyton®) in due somministrazioni IM a distanza di 14 giorni è in grado di migliorare l'immunità cellulomediata nei confronti del fungo, ma l'efficacia nella prevenzione non è assolutà.

3) Trattamento ambientale
Le artrospore, in condizioni ottimali di umidità relativa e temperatura, possono sopravvivere al riparo dalla luce solare per oltre sei mesi. Per questo motivo è molto importante a) se possibile valutare il grado di contaminazione ambientale prelevando tramite "contact plates" materiale pulvirulento dall'ambiente (pavimenti, tappeti, sedie, divani, mensole, etc), b) gettare spazzole, lettini, cucce, etc c) confinare il soggetto da trattare in un luogo dove sia possibile utilizzare prodotti aggressivi per l'ambiente, d) usare molto frequentemente l'aspirapolvere su tappeti o esporli per un certo periodo alla luce solare diretta, e) usare varichina diluita in acqua al 10-20% dove possibile (pavimenti ed altre superfici) o Virkon® o l'enilconazolo in candelette fumogene (Clinafarm smoke®), lavare in lavatrice ad alta temperatura tessuti contaminati con prodotti che liberano ossigeno (Napisan®). 


Trattamento della Micosi sottocutanee o sistemiche

Sono infezioni rare sostenute da funghi saprofiti che in particolari situazioni riescono a superare le barriere difensive dell'ospite. Le più frequenti sono la criptococcosi, le phaeohyphomicosi, le zygomicosi, l'aspergillosi, la sporotricosi etc. La diagnosi si basa come sempre sull'isolamento del fungo e sulle caratteristiche istopatologiche delle lesioni. La scelta della molecola da usare in questi casi deve essere affidata sia alla conoscenza della sensibilità del fungo isolato ai vari farmaci che al risultato dell'antimicogramma. Frequentemente la terapia sistemica deve essere coadiuvata, quando possibile, dall'asportazione chirurgica dei tessuti coinvolti. I farmaci utilizzabili sono l'itraconazolo (vedi terapia della dermatofitosi), il ketoconazolo, il fluconazolo, l'amfotericina b (vedi terapia della leishmaniosi) e la 5-fluorocitosina.
Ketoconazolo (Nizoral®)
E' un fungistatico inibitore della sintesi dell'ergosterolo, ha una buona biodisponibilità, ma si lega molto stabilmente a proteine plasmatiche rendendo difficoltosa la sua penetrazione nel SNC, occhio ed osso. Deve essere somministrato alla dose di 10-20 mg/kg/12h PO con il pasto perché il pH acido ne facilita l'assorbimento. E' metabolizzato interamente a livello epatico pertanto è sconsigliato il suo utilizzo in corso d'epatopatie. Ha come effetto collaterale l'inibizione della sintesi degli enzimi epatici e non dipendenti dal P-450 e può prolungare la permanenza in circolo di altri farmaci. Infine è teratogeno ed ha la capacità di inibire la sintesi degli ormoni steroidei e del cortisolo. La somministrazione prolungata provoca facilmente effetti collaterali quali anoressia, vomito e diarrea ed aumento delle attività degli enzimi epatici.
Fluconazolo (Diflucan®)
E' un fungistatico che possiede un'ottima capacità di diffusione in tutti i tessuti, ha una lunga emivita e viene eliminato per via renale immodificato. Per questo motivo deve essere usato con giudizio nei soggetti con insufficienza renale diminuendone la dose. La dose da somministrare è 2,5-5 mg/kg/24h PO con il pasto. Gli effetti collaterali più frequenti sono il vomito e la diarrea.
5-Fluorocitosina (Ancotil®)
E' un fungicida ben assorbito per via orale, con emivita molto breve ed eliminato immodificato per via renale. La dose da somministrare è di 25-50 mg/kg/6h PO da assumere a stomaco vuoto. Non deve essere somministrato a soggetti con insufficienza renale grave. Gli effetti collaterali sono di tipo gastroenterico e la somministrazione prolungata può provocare mielosoppressione. 

Principi generali della terapia con antibiotici

Scelta di un'antibatterico dovrebbe prendere in considerazione un numero infinito di variabili, ma dal punto di vista pratico è sufficiente considerare : 
1) il risultato dell'esame colturale, 2) il risultato dell'antibiogramma, 3) lo spettro di attività, 4) il meccanismo di azione, 5) l'apparato colpito, 6) la capacità di diffusione nei tessuti e 7) la principale via di eliminazione. 

Diagnosi dell'infezione
Nella gran parte dei casi le infezioni batteriche sono sostenute da germi patogeni opportunisti una volta superate le barriere mucose o quando sono presenti fattori predisponenti che ne facilitano la moltiplicazione ed attività. 
Idealmente ogni infezione andrebbe documentata attraverso a) un prelievo di materiale purulento sicuramente proveniente dal sito dell'infezione, b) l'esame colturale su più terreni e c) relativo antibiogramma al fine di identificare l'antibiotico d'elezione. Fortunatamente nella maggior parte dei casi 1) l'infezione rimane localizzata all'organo la cui disfunzione si traduce in un corteo di sintomi relativamente peculiare ed 2) alcune infezioni hanno un decorso tipico. In altre parole nella pratica la diagnosi clinica permette spesso di risalire all'organo colpito e quindi ai batteri che lo colonizzano e che generalmente sono i responsabili dell'infezione oppure, conoscendo la sintomatologia di talune infezioni (per es. leptospirosi del cane, adenite equina etc) è possibile intraprendere la terapia con gli antibiotici ritenuti efficaci. Al contrario nelle infezioni con decorso clinico grave, resistenti agli antibiotici più comuni e di origine ignota è sempre opportuno l'esame colturale e l'antibiogramma. 

Batteri generalmente responsabili delle infezioni nei vari apparati

La conoscenza dei batteri prevalentemente isolati dalle infezioni dei vari apparati associata alla consapevolezza di quali antibiotici raggiungono in maggiore quantità queste sedi può permettere di scegliere in prima battuta l'antibiotico o l'associazione di antibiotici statisticamente più efficaci. Di seguito vengono riportati i batteri isolati più di frequente nei singoli apparati.

Prime vie respiratorie e Orecchio medio
Carnivori: Bordetella bronchiseptica, S. intermedius, E. coli, P. multocida, Klebsiella pneumonite, P. aeruginosa, Chlamidia pittaci (gatto).
Antibiotici utilizzabili: Penicilline, cefalosporine, tetracicline, sulfamidici/trimetoprin, rifampicina e chinoloni
Cavallo: Actinobacillus sp, Salmonella sp, Enterobacter, Pseudomonas, Streptococcus sp, Stafilococcus, Aspergillus
Antibiotici utilizzabili: Sulfamidici e trimetoprin, Ampicillina
Basse vie respiratorie
Carnivori: vedi sopra più nel 1-20% anaerobi come clostridium sp, fusobacterium, bacteroides, peptostreptococcus.
Antibiotici utilizzabili: Ampicillina, amoxicillina, amoxicillina e ac. clavulanico, cefalosporine, tetracicline, sulfamidici e trimetoprin, chinoloni e macrolidi.
Cavallo: Streptococcus zooepidemicus, S. equi, S. pneumoni, Pasteurella spp, E. coli, Klebsiella sp, Enterobacter spp, Pseudomonas spp, Bacteroides spp, Clostridium spp, Eubacterium sp, Fusobacterium sp, Peptostreptococcus spp
Antibiotici utilizzabili: Aerobi - Penicillina G procainica, Ampicillina, Trimetoprin sulfadiazina, Cefalotina; Anaerobi - Metronidazolo, Rifampicina 
Rodococcosi del puledro
Antibiotici consigliati in associazione: rifampicina, eritromicina o claritromicina
Pleuriti
Carnivori: - cane: vedi sopra più actinomyces e nocardia; - gatto: P. multocida, Bacteroides, Fusobacterium.
Antibiotici utilizzabili: Ampicillina, amoxicillina, amoxicillina e ac. clavulanico, cefalosporine, clindamicina, tetracicline, sulfamidici e trimetoprin, chinoloni e macrolidi.
Vie genito-urinarie 
Carnivori: Proteus mirabilis, E. coli, S. intermedius, P. multocida, P. aeruginosa, Klebsiella sp, Streptococcus sp, Enterococcus faecium, Pasteurella sp (gatto).
Antibiotici utilizzabili: Ampicillina, amoxicillina, amoxicillina e ac. clavulanico, cefalosporine, clindamicina, tetracicline, sulfamidici e trimetoprin, chinoloni e macrolidi.
Cavallo: E. coli, Proteus mirabilis, Klebsiella sp, Enterobacter sp, , P. aeruginosa, Stafilococcus sp, Streptococcus sp
Antibiotici utilizzabili: Ampicillina, penicillina, sulfamidici e trimetoprin, ceftiofur, aminogligosidi
Affezioni del cavo orale
Carnivori: Clostridium sp, Peptostreptococcus, Bacteroides, Fusobacterium, Propionobacterium.
Antibiotici utilizzabili: macrolidi, metronidazolo, chinoloni, amoxicillina, amoxicillina e ac. clavulanico, cefalosporine, sulfamidici e trimetoprin.
Gastroenteriti 
Carnivori: E. coli, Klebsiella pneumonite, Shigella, S. aureus, Clostridium perfringens.
Antibiotici utilizzabili: Ampicillina, amoxicillina, amoxicillina e ac. clavulanico, neomicina, polimixina b, diidrostreptomicina, metronidazolo, chinoloni, cefalosporine, tetracicline, sulfamidici e trimetoprin.
In caso di salmonellosi (anche nel cavallo): chinoloni, sulfamidici e trimetoprin.
In caso di campilobacteriosi: macrolidi, chinoloni, tetracicline.
Infezioni epatobiliari
Carnivori: E. coli, Klebsiella pneumonite, Enterobacter, Salmonella.
Antibiotici utilizzabili: Ampicillina, amoxicillina e ac. clavulanico, chinoloni, cefalosporine, tetracicline.
Artriti
Carnivori: Stafilococchi e streptococchi.
Antibiotici utilizzabili: Ampicillina, amoxicillina e ac. clavulanico, macrolidi, chinoloni, cefalosporine.
Osteomieliti
Carnivori: Stafilococchi sp, Proteus mirabilis, E. coli, P. aeruginosa, bacteroides sp, clostridium sp, actinomyces sp.
Antibiotici utilizzabili: Ampicillina, amoxicillina, amoxicillina e ac. clavulanico, cefalosporine, clindamicina, tetracicline e macrolidi.
Meningiti
Carnivori: Stafilococchi sp, Streptococcus sp, Pasteurella sp, Clostridium sp, Actinomyces sp.
Antibiotici utilizzabili: Ampicillina, amoxicillina, amoxicillina e ac. clavulanico, cefalosporine, chinoloni, metronidazolo, tetracicline e macrolidi.
Tetano
Antibiotici utilizzabili: Penicillina G, amoxicillina, amoxicillina e ac. clavulanico, tetracicline.
Setticemia neonatale del puledro
Streptococcus spp (S. zooepidemicus, S. faecalis, S. bovis) Stafilococcus spp, E. coli, Klebsiella spp, Enterobacter spp, Actinobacilluis spp, Pseudomonas spp, Salmonella spp, Actinobacter spp etc
Antibiotici utilizzabili: Gram -: Cefotaxime, Gentamicina, Sulfamidici/trimetoprim; Gram +: Ampicillina/Penicillina, Cefalotina, Eritromicina
Endotossiemia del cavallo: E. coli, Salmonella spp, Clostridi spp, Klebsiella spp
Antibiotici utilizzabili: Penicillina G, ampicillina, cefalosporine, aminoglicosidi, chinoloni
Uso in gravidanza 
Cane (più sicuri per il feto): benzylpenicillina, amoxicillina e acido clavulanico, cefadroxil, cefalexina e lincomycina 
Cavallo (in particolare nel caso delle placentiti) : Sulfa-trimetoprim, penicilline e cefalosporine. Sembra che solo i sulfamidici si concentrino negli invogli e siano in grado di proteggere anche il feto. Le dosi devono essere aumentate del 25-50%. 

Spettro di azione
Il metodo migliore per stabilire lo spettro di azione è quello di determinare la suscettibilità in vitro dei singoli antibiotici, ma come detto questo è un metodo poco pratico da riservare a situazioni cliniche particolari. Tra queste le infezioni sostenute da batteri la cui sensibilità agli antibiotici non è sempre prevedibile, per esempio le infezioni da enterobatteriacee, da Pseudomonas sp, Bordetella bronchiseptica e da Stafilococchi coagulasi positivi. In linea di massima lo spettro di attività degli antibiotici più comuni è quello riportato nelle tabelle.

Per cane e gatto:

Gram+

Gram+ e alcuni Gram- (Haemophilus, Bordetella)

Gram-

Gram+ e Gram-

Lincosamidi

Pencillina G

Cloxacillina

Macrolidi 

Rifampicina

Kanamicina

Neomicina

Streptomicina

Ac-nalidixico

Amicacina

Gentamicina

Ampicillina

Amoxicillina

Amox.-Ac. clavulanico

Ticarcillina-ac. clavulanico

Cefalosporine

Sulfamidici-TMP

Baquiloprim

Gram+, Gram-, Protozoi, Chlamidia e rickettsie

Anaerobi

Micobateri

Mycoplasmi

Chinoloni

Sulfamidici

Tetracicline

Cefalosporin

Clindamicina

Metronidazolo

Penicilline

Rifampicina

Streptomicina

Chinoloni

Lincosamidi

Macrolidi

Tetracicline

Farmacocinetica e biodisponibilità

La conoscenza della farmacocinetica è essenziale per la scelta dell'antibiotico e intervallo delle somministrazioni, ma sfortunatamente molti studi considerano la concentrazione del farmaco nel plasma e non quella nei tessuti. La concentrazione tissutale è in funzione della abilità delle single molecole di oltrepassare certe membrane cellulari e del metabolismo che subiscono nei vari organi bersaglio. Il picco di concentrazione plasmatica dipende dalla via di somministrazione, ma nel caso delle terapie con antibiotici dove la durata del trattamento è sempre relativamente lunga, la cosa importante è rispettare gli intervalli di somministrazione per non incorrere nell'inconveniente di somministrare dosi non sufficienti di antibiotico. Per motivi pratici nella medicina degli animali d'affezione la gran parte delle terapie viene eseguita per os, mentre nel cavallo e ruminanti per via iniettabile. Per quanto concerne la specie equina la somministrazione per os viene evitata per la scarsa biodisponibilità di tutti gli antibiotici causa lo scarso assorbimento intestinale. Il puledro fa eccezione per il fatto che sino all'età di circa 4 mesi è in grado di assorbire quantità di antibiotico circa quattro volte maggiori dell'adulto. In particolare, per ciò che concerne l'eritromicina (farmaco base per il trattamento della rodococcosi) questa viene assorbita meglio nelle formulazioni di eritromicina estolato o fosfato. Infine, per quanto riguarda cane e gatto, è bene ricordare che la biodisponibilità delle formulazioni per os varia molto in base alla presenza del cibo nello stomaco, pertanto è opportuno segnalare al proprietario del paziente come somministrare il prodotto.

Da somministrare a stomaco vuoto

Cefalosporine
Eritromicina stearato
Lincomicina
Penicilline
Sulfamidici
Tetracicline

Da somministrare a stomaco pieno

Doxiciclina
Eritromicina estolato e etilsuccinato
Metronidazolo

Indifferente

Chinoloni

La capacità di distribuzione degli antibiotici nei vari compartimenti dipende sempre dalle caratteristiche fisico-chimiche delle singole molecole, per questo la scelta del farmaco deve sempre considerare il sito di infezione. Fortunatamente gli antibiotici sono molecole piccole ed anche quelle con alta affinità per le proteine plasmatiche passano facilmente nel liquido extracellulare mantenendo alta la concentrazione della loro quota libera. Alcuni antibiotici hanno grande affinità per alcuni tessuti, per es. tetracicline per l'osso e aminoglicosidi per il rene, ma questo legame non significa sempre maggiore attività in questa sede per il fatto che la parte liberata è modesta. Altri come i florochinoloni e i macrolidi passano bene nei tessuti infiammati per la loro capacità di penetrare nei macrofagi, questo consente di raggiungere concentrazioni in queste sedi 20 30 volte superiori a quelle plasmatiche. I compartimenti transcellulari (urina, bile, liquido cefalorachidiano (LCR), peritoneale, pleurico, oculare, secrezioni bronchiali e gastrointestinali) sono quelli più difficili da raggiungere per le barriere naturali che devono essere superate, pertanto è bene considerare le proprietà di diffusione degli antibiotici.

Bassa lipofilicità, alta idrofilia

Lipofilicità moderata

Alta lipofilicità

Non in grado di oltrepassare barriere transcellulari,

- Escluso peritoneo, pleura ed articolazioni

In grado di oltrepassare barriere transcellulari.

I Lincosamidi e macrolidi essendo deboli basi si concentrano meglio nei liquidi che nel plasma.

Macrolidi tetracicline e lincosamidi non passano nel LCR e occhio

In grado di oltrepassare barriere con molta facilità.

Rifampicina e tetracicline non passano nel LCR

Ampicillina

Amoxicillina

Amoxicillina-clavul.

Penicillina G

Piperacillina

Ticarcilllina

Amikacina

Diidrostreptomicina

Gentamicina

Sulfamidici

Sulfa-TMP

Baquiloprim

Clindamicina

Lincomicina

Claritromicina

Azitromicina

Eritromicina

Spiramicina

Tylosina

Difloxacina

Enrofloxacina

Marbofloxacina

Doxiciclina

Metronidazolo

Rifampicina

Il metabolismo e l'eliminazione dei farmaci in forma attiva per via renale od epatica (bile) viene sfruttata per il trattamento delle infezioni di questi apparati. I farmaci idrofilici vengono direttamente eliminati come tali con le urine e possono concentrarvisi sino a quantità trecento volte superiori a quella plasmatica. I farmaci lipofilici (per es. sulfamidici, fluorochinoloni) sebbbene vengano riassorbiti dal tubulo, alla lunga raggiungono anch'essi alte concentrazioni nelle urine. Farmaci come i fluorochinoloni, cefalosporine (cefoperazone), lincosamidi, macrolidi, rifampicina, tetracicline ed in parte ampicillina e amoxicillina, vengono escreti con la bile immodificati e riassorbiti con il ciclo enteroepatico permettendo loro di esplicare l'attività antibatterica in sede epatica.

Escrezione urinaria, ma importante metabolismo epatico.
Filtrazione e buon riassorbimento tubulare

Escrezione urinaria di farmaco immodificato tramite filtrazione° e secrezione attiva°*

Trimetoprim

Baquiloprim

Lincosamidi

Macrolidi

Metronidazolo

Doxiciclina

Aminoglicosidi°

Oxitetraciclina°

Tetraciclina°

Cefalosporine°*

Fluorochinoloni°*

Sulfamidici°*

Le disfunzioni di rene e fegato preesistenti o causate dall'infezione condizionano non poco l'utilizzo dei farmaci prevalentemente escreti dall'uno o dall'altro organo. In genere per il trattamento in queste condizioni si cerca di usare un farmaco escreto per l'altra via e comunque non direttamente tossico per il tessuto già danneggiato (vedi tabella).

 

Rene

Fegato

Utilizzabili a dosi piene

Clindamicina

Doxiciclina

Penicilline

Macrolidi

Penicilline

Cefalosporine

Aminoglicosidi

Utilizzabili a dosi ridotte

Fluorochinoloni

Sulfamidici

Lincomicna

Metronidazolo Lincosamidi

Da evitare

Aminoglicosidi

Tetracicline

Rifampicina

Sulfamidici

Eritromicina

Altre variabili
La relazione tra ospite, batteri ed antibiotici è complessa, ma quando il batterio è sensibile all'antibiotico scelto e questo viene somministrato alla dose giusta, il sistema immunitario è in grado di combattere con successo l'infezione. L'efficacia degli antibiotici è determinata dalla concentrazione che essi raggiungono nel sito dell'infezione e pertanto dalla facilità con cui la molecola diffonde dal plasma nello spazio estravascolare. La penetrabilità nei tessuti è in funzione del peso molecolare del farmaco, liposolubilità, pH locale, grado di legame con le proteine plasmatiche, pKa e meccanismi locali di trasporto delle molecole. Queste variabili sono molte e sarebbe impossibile per il clinico considerarle tutte al fine della scelta del farmaco da usare. Per questo motivo la selezione dell'antibiotico dovrebbe considerare che l'antibiotico raggiunga concentrazioni plasmatiche da due a dieci volte la concentrazione minima inibente stabilita in vitro.

Concentrazione minima inibente
La relazione tra il farmaco ed i batteri viene identificata attraverso due rilievi di laboratorio che facilitano l'interpretazione del risultato dell'antibiogramma:
1) Concentrazione minima inibente (CMI o MIC) - la dose più bassa in grado di inibire la crescita batterica
2) Concentrazione minima batericida (CMB o MBC) - la dose più bassa di farmaco che uccide il 99% dei batteri.
La MIC, in particolare, è usata per determinare la dose di farmaco da somministrare per raggiungere una concentrazione plasmatica e tissutale di antibiotico che ecceda la MIC in vitro per il patogeno. La concentrazione della MIC è espressa in mg/ml a partire dal valore 0,06 e raddoppi seriali sino a 512:

0,06 0,12 0,25 0,50 1 2 4
8 16 32 64 128 256 512

Ogni patogeno ha per i singoli antibiotici una propria MIC ed il laboratorio assegna con questo risultato l'aggettivo di Suscettibile (S), Intermedio (I) e Resistente (R) sulla base di studi che hanno determinato a) la concentrazione plasmatica sufficiente e non tossica di quel particolare antibiotico e b) sui risultati di prove terapeutiche cliniche svolte in campo e documentate dal punto di vista statistico. Per esempio, quando il risultato indica con R la resistenza all'antibiotico testato significa che la dose da somministare per il controllo dell'infezione dovrebbe essere troppo elevata e quindi tossica per l'ospite.
La suscettibilità agli antibiotici in vitro purtroppo non considera:
- Le difese dell'ospite
- Le malattie preesistenti
- La farmacocinetica del farmaco e la concentrazione che raggiungono nei tessuti. Per esempio, le penicilline si concentrano nelle urine tre volte di più che nei tessuti e questo permette di trattare con successo le infezioni delle vie basse urinarie, ma il risultato dell'antibiogramma potrebbe indicare con R la resistenza in vitro del batterio ai farmaci appartenenti a questa classe di antibiotici. 
- Lo stato degli organi emuntori dell'ospite (fegato, rene etc) e la concentrazione delle proteine plasmatiche possono alterare la farmacocinetica conosciuta.
- Il sinergismo che esiste tra le popolazioni batteriche in corso di infezioni miste
- L'ambiente nel sito dell'infezione. Alcuni antibiotici sono inattivi nel pus, raggiungono scarse concentrazioni dove viene depositata molta fibrina e hanno differenti attività nei diversi liquidi corporei (plasma, bile, urina, latte etc).

Antibiotici batteriostatici e battericidi

Tutti gli antibiotici sono battericidi ad elevate concentrazioni, purtroppo dosi elevate di alcuni di loro sono tossiche e pertanto è indispensabile somministrarne quantità inferiori riducendone le potenzialità. Per convenzione Battericida è l'antibiotico con rapporto MBC/MIC inferiore a 6, se superiore viene considerato batteriostatico. Questa distinzione non è mai netta ed in base al tessuto colpito e batterio coinvolto un'antibiotico può essere battericida o batteriostatico.

Come viene decisa la dose e l'intervallo di somministrazione per gli antibiotici

Gli antibatterici in funzione della relazione tra farmacodinamica e farmacocinetica vengono grossolanamente distinti in 
1) Concentrazione-dipendenti: 
la concentrazione plasmatica relativa alla MIC del patogeno conosciuto e l'area sotto la curva del tempo di concentrazione plasmatica che è sopra la MIC sono i maggiori determinanti dell'efficacia clinica. 
e 2) Tempo-dipendenti:
il tempo durante il quale la concentrazione plasmatici supera la MIC del patogeno conosciuto determina l'efficacia clinica.
Importante è sapere che questa distinzione non è assoluta e che in base al tipo di infezione un'antibiotico può appartenere all'una o all'altra classe.

Per stabilire la dose del farmaco da somministrare nel caso di antibiotici concentrazione-dipendenti sono necessarie informazioni quali 1) valore della MIC che deve essere moltiplicato per 8-10 e 2) volume di distribuzione del farmaco. In questo caso si assume che l'intervallo di somministrazione sia di 24 ore 
Formula
                                           Dose = (Vd) X (MIC X 10)

Esempio: trattamento di infezione da Klebsiella pneumonie in puledro con gentamicina; MIC della gentamicina per K. Pneumonie = 2 mg/ml; volume distribuzione della gentamicina nel puledro 300 ml/kg
Dose: 300 ml/kg X (2 mg/ml X 10 = 0,02 mg/ml) = 6 mg/kg

Nel caso degli antibiotici tempo-dipendenti lo scopo è quello di ottenere una concentrazione plasmatica media di farmaco oltre la MIC per la durata dell'intervallo di tempo stabilita. Le informazioni richieste per il calcolo della dose sono l'emivita del farmaco, l'intervallo tra le somministrazioni e il volume di distribuzione.
Formula
Dose = (concentrazione plasmatica media desiderata=MIC X 10) X Vd (intervallo di somministrazione)/ 1,44 (T½)

Esempio: trattamento della rodococcosi in un puledro con eritromicina. MIC dell'eritromicina per R. equi 0,25 mg/ml; volume di di distribuzione dell'eritromicina nel puledro 400 ml/kg; emivita eritromicina 1 ora. Intervallo di somministrazione 6 ore.
Dose: (0,0025 mg/ml) (400 ml) (6 ore)/1,44 (1) = 4,2 mg/kg
Questo risultato è in accordo con la somministrazione di eritromicina per via endovenosa, considerando la scarsa biodisponibilità di questo antibiotico quando somministrato per via orale la dose viene aumentata di 5 volte (25 mg/kg/6h PO).

Sinergismo

Il sinergismo vero e proprio tra due antibiotici si ottiene quando l'efficacia del trattamento supera la probabile somma di attività delle due molecole. L'effetto sinergico in vivo corrisponde a quello battericida ottenuto in vitro con la stessa associazione, ma deve risultare più intenso e rapido dell'effetto dei due antibatterici quando usati singolarmente. In genere, ma non sempre, vengono associati antibiotici appartenenti a due famiglie diverse di antibatterici evitando di usare un battericida con un batteriostatico. Questo effetto è particolarmente utile quando 1) è probabile che l'infezione sia mista, 2) nel caso di infezioni sostenute da batteri che sembra non rispondano come da attese all'antibiotico d'elezione, 3) nel caso di infezioni in più tessuti, o 4) quando vengono evidenziate resistenze in vitro. 

Le associazioni usate più comunemente sono:
- aminoglicosidi e beta lattamine, 
- ticarcillina-ac. clavulanico e chinolone o aminoglicoside, 
- amoxicillina-ac. clavulanico o cefalosporina e chinolone o aminoglicoside, - metronidazolo o clindamicina e aminoglicoside
- metronidazolo e beta lattamine (anaerobi + arerobi)
- cefalosporina e gentamicina (sepsi)
- sulfa/trimetoprim + ampicillina o cefalosporina (infezioni meningee)
- tetraciclina e rifampicina o ampicillina e gentamicina (infezioni epatobiliari)
- macrolidi e tetracicline 

Altri esempi di associazioni in base al tipo di batteri isolati

Stafilococchi multiresistenti
- rifampicina e gentamicina
- clindamicina o eritromicina e gentamicina
- cefalosporine e getamicina
- amoxicillina-clavulanato e gentamiciina
Streptococchi emolitici
- penicillina G o ampicilllina o cefalosporine e streptomicina o gentamicina
- eritromicina e tetraciclina
Enterobatteri
- penicillina G o ampicilllina o cefalosporine e streptomicina o gentamicina
- rifampicina e sulfa/trimetoprim
- rifampicina e chinolone
- gentamicina e clindamicina o eritromicina
Pseudomonas sp
- Rifampicina e gentamicina
- cefoperazone e gentamicina o netilmicina o amicacina
- enrofloxacina e aminoglicoside
Acinetobacter (moraxella)
- rifampicina e chinolone
- clindanicina e chinolone
- sulfa/trimetoprim
Brucella sp
- sulfa/trimetoprim
- rifampicina e sulfa/trimetoprim
- rifampicina e doxiciclina
Salmonella sp
- ampicillina e sulfa/trimetoprim
Klebsiella 
- cefalosporina e gentamicina
- streptomicina e tetraciclina
- sulfa/trimetoprim
Anaerobi
- metronidazolo e clindamicina o eritromicina
- metronidazolo e cefoxitina o ampicillina-clavulanato

Associazioni da evitare a causa dell'antagonismo

- Penicilline o cefalosporine e tetracicline
- Penicilline o cefalosporine e rifampicina
- Macrolidi e lincosamidi
- Eritrocina e clindamicina

Effetti collaterali

Gli antibiotici possiedono effetti collaterali che sono esacerbati dalle disfunzioni d'organo preesistenti e da fattori individuali.

I più comuni vengono riportati in tabella.

Antibiotico

Effetti collaterali

Aminoglicosidi

(Amikacina, gentamicina etc)

Soppressione midollare

Cardiotossicità

Depressione del metabolismo epatico di altri farmaci

Cefalosporine

(Cefalotina, cefaloridina)

Nefrotossicità

Disturbi della coagulazione

Fluorochinoloni

Neurotossicità

Danni alle cartilagini articolari nei giovani

Lincosamidi

(Lincomicina, Clindamicina)

Cardiodepressione

Debolezza muscolare

Riduzione marcata flora intestinale

Macrolidi

(Eritromicina, claritromicina, spiramicina, azitromicina)

Riduzione marcata flora intestinale

Depressione del metabolismo epatico di altri farmaci

Metronidazolo

Neurotossicità

Neutropenia

Rifampicina

Epatotossicità

Teratogeno

Sulfamidici e Sulfa-TMP

Cheratocongiuntivite secca

Reazioni da farmaco

Poliartrite

Riduzione attività tiroidea

cardiotossicità

Tetracicline

Epatotosicità

Nefrotossicità

Debolezza muscolare

Colorazione della dentina nei soggetti in accrescimeto

# Dosi, intervalli e vie di somministrazione degli antibiotici più comuni nel Cane:

Antibiotico Dose mg/kg o UI/kg Intervallo di somministrazione Via di somministrazione

  • Penicillina G Na 30000-100000 6-8 h SC, IM, EV

  • Penicillina G procaina 15000-50000 12 h SC, IM

  • Penicillina G benzatina 25000-100000 96 h SC, IM

  • Ampicillina Amoxicillina 20-40 8-12 h PO, SC, IM, EV

  • Amoxicillina clavulanato 10-30 12 h PO

  • Oxacillina 40-50 6-8 h PO

  • Carbenicillina 30-60 8-12 h SC, IM, EV

  • Cefalessina 25-35 8-12 h PO

  • Cefadroxil 20-40 12 h PO

  • Cefalotina 20-33 8-12 h SC, IM

  • Cefazolina 20-30 6-8 SC, EV

  • Diidrostreptomicina 15-40 8-12 SC, IM, EV

  • Kanamicina 10-20 8-12 SC, IM,EV

  • Neomicina 10-20 8-12 PO

  • Gentamicina 5-10 8-12 SC, IM, EV

  • Amicacina 15 8 h SC

  • Netilmicina 5 8 h SC, IM

  • Tetraciclina, oxitetraciclina 10-20 8-12 h IM, EV

  • Tetraciclina, oxitetraciclina 30-60 8-12 h PO

  • Doxiciclina 10-15 12-24 h PO

  • Eritromicina 10-60 6-8 h PO

  • Spiramicina 10-3040000-100000 8-12 h PO, SC, IM

  • Tilosina 15-30 8-12 h PO, IM, EV

  • Lincomicina 20-30 8-12 h PO, IM, EV

  • Clindamicina 10-30 12 h PO, IM, EV

  • Sulfadiazina, sulfadimetossina e TMP 20-30 12 h PO

  • Difloxacina 5 24 h PO

  • Erofloxacina 5 24 h PO, SC

  • Ibofloxacina 15 24 h PO

  • Marbofloxacina 2 24 h PO, SC, EV

  • Orbifloxacina 2,5 24 h PO

  • Metronidazolo 25-50 12 h PO, EV

Il trattamento topico nella dermatologia degli animali d'affezione

La terapia topica nella dermatologia degli animali d'affezione ha lo scopo di agire in sinergia con la terapia sistemica per ridurre sia i tempi necessari al miglioramento della sintomatologia che per limitare il più possibile la somministrazione dei farmaci potenzialmente pericolosi. La maggior parte delle malattie dermatologiche ha andamento cronico, alcune affezioni come per es. la dermatite atopica, possono migliorare con la terapia, ma non guarire ed altre hanno manifestazioni cliniche di poca importanza. Tutte queste situazioni, previa la piena collaborazione del proprietario, possono essere controllate relativamente bene sfruttando ad arte alcuni presidi per uso topico. I limiti all'uso dei prodotti di questa categoria sono il prezzo spesso esoso, il tempo che richiedono per l'applicazione e la difficoltà che incontrano i proprietari con cani poco collaboranti.

Formulazioni Farmaceutiche

I prodotti possono essere classificati in funzione del tipo di base nella quale sono formulati. Ognuno di questi presenta vantaggi e svantaggi che il medico curante deve considerare in funzione della dermatopatia. In linea di massima più lungo è il tempo di contatto di una formulazione, più efficace risulterà.
· Shampoo
Sono prodotti tensioattivi ad azione detergente. Svolgono la loro azione permettendo la rimozione dalla cute di agenti patogeni, cheratinociti e aggregati di cheratinociti in eccesso, materiale organico ed inorganico e agiscono come veicolo dei principi attivi. L'azione specifica di questi principi attivi perdura solamente nel periodo di contatto dello shampoo con la cute.
Esistono due tipi di shampoo: uno a base di sali di acidi grassi come il sapone e uno a base di alchilsolfati come il laurilsolfato di sodio. Quest'ultimo non agisce con acqua ad alto contenuto cationico e può essere più aggressivo del sapone. Per questo motivo agli shampoo di questo tipo vengono aggiunte sostanze emollienti. Allo scopo di ottenere un'effetto residuale sono utilizzati in queste formulazioni i liposomi e le sferule. I primi sono microcapsule costituite da doppi strati lipidici che contengono il principio attivo, in genere un'emolliente, che viene rilasciato attraverso micropori per azione osmotica. Le seconde sono microvescicole multilamellari (o,2-20 micron) composte da tensioattivi in grado di fissarsi su peli ed epidermide che frammentandosi lentamente rilasciano i vari principi. 
· Soluzioni
Sono sostanze liquide o in polvere disciolte nell'acqua. La soluzione deve essere somministrata con spugnature, versata o spruzzata direttamente sull'animale. La soluzione lascia sulla cute una quantità del principio attivo. Alcuni vengono sciacquati via. Quelli che non vengono sciacquati permettono un contatto del principio attivo prolungato.
· Lozioni
Sono liquidi contenenti principi attivi. Possono avere una base alcolica, acquosa o lipidica. Sono usati nel caso di lesioni poco estese e possono essere applicati ripetutamente, ma quelli non a base lipidica seccano la cute peggiorando in qualche caso l'eritema ed il prurito.
· Creme
Sono miscele di acqua e oli, emulsificati in un frullatore ad alta velocità. Lubrificano e formano una barriera protettiva che inibisce il contatto della cute con l'ambiente. Sono spesso veicoli di principi attivi. Le creme sono adatte a lesioni piccole, di natura non essudativa ed hanno lo svantaggio negli animali di accumularsi nel pelo alla periferia delle lesioni. 
· Gel
Sono formulazioni composte da glicolpropilene, gallato di propilene, disodiometilenedramana tetracetato e carbossipolimetilene con additivi che stabilizzano il pH. Sono preferibili alle lozioni e creme perché sono assorbiti completamente dalla cute e non lasciano sgradevoli residui. Possono essere veicoli di principi attivi. 

I prodotti dermatologici possono essere classificati secondo il principio attivo.

Sostanze antibatteriche 

Agenti ossidanti

Benzolile perossido
E' un agente ossidante che rilascia ossigeno libero sulla cute. Ciò produce diverse reazioni chimiche come l'interazione dei radicali liberi dell'ossigeno con gruppi idrossilici, sulfossilici e doppi legami. Queste reazioni alterano la permeabilità della membrana cellulare batterica fino alla sua rottura. E' il principio attivo con attività antibatterica più efficace. Il benzoile perossido è metabolizzato in acido benzoico dalle cellule dell'epidermide. Ha un'azione ampia antibatterica, è cheratolitica e sgrassante. Inoltre esplica una reazione particolare che gli anglosassoni chiamano "follicular flushing", in altre parole provoca uno svuotamento dei follicoli piliferi (organismi patogeni, sebo e cheratinociti in eccesso). La sua azione residuale è di circa 2 giorni. 
La concentrazione ideale di benzoile perossido in shampoo è 2,5%. A questa concentrazione si possono verificare casi di irritazione e secchezza cutanea in soggetti con malattie allergiche. E' consigliato l'uso di umettanti dopo l'uso per reidratare la cute. Il prodotto può decolorare tessuti.

Acqua ossigenata
È un debole germicida. Il suo effetto è dovuto alla liberazione di ossigeno. Può essere utile per pulire lesioni piccole per il suo effetto effervescente. Non ha alcun effetto residuale.

· Agenti alogenati
Il loro meccanismo di azione è ignoto. Hanno un'azione antibatterica, antifungina e antivirale. Prodotti, come a tintura di iodio e il liquido di Lugol, una volta popolare, sono stati sostituiti da prodotti meno irritanti come il povidone ioduro (Betadine®). Esso ha un'azione prolungata perché rilascia lo iodio lentamente nella cute. È formato da iodio elementare associato ad una molecola di polivinilpirrolidone. L'efficacia del povidone ioduro aumenta quando il prodotto è diluito. Più è diluito più è dissociato lo iodio libero. Non è inattivato da materiale organico, ma può irritare la pelle in aree delicate come lo scroto e l'orecchio. Macchia la cute e i tessuti. 

· Derivati Fenolici

Triclosan
E' un bifenolo molto efficace contro lo Staphilococco aureus nell'uomo, ma non sembra avere la stessa efficacia nel cane rispetto al benzoile perossido. Come la maggior parte dei fenoli, agisce sulla membrana plasmatica denaturando le proteine, provocando così una perdita di integrità e susseguente morte cellulare. Non è efficace nei confronti dello Pseudomonas. E' foto e biodegradabile.
Diclorofene
Anch'esso è un bifenolo che non agisce sulle proteine batteriche ma, una volta penetrato nelle cellule, sembra deprimere i sistemi enzimatici dell'ossidazione cellulare. Ha un effetto antibatterico, antifungino, antivirale e cheratolitico. Non è inattivato da sapone o laurilsolfato di sodio.
· Lattato di etile 
E' un prodotto che viene idrolizzato dalla lipasi batterica presente sulla cute in acido lattico e etanolo. L'acido lattico riduce il pH della cute impedendo la crescita batterica. L'etanolo rende solubile i grassi e diminuisce le secrezioni sebacee. Ha così una duplice azione antibatterica e cheratolitica. Penetra nei follicoli piliferi e nelle ghiandole sebacee perché è molto liposolubile. Non va superata la concentrazione di 12% perché irrita la cute.
· Clorexidina 
E' un biguanide sintetico con un ampio spettro antibatterico e antifungino. Agisce sulla membrana plasmatica batterica, precipita il contenuto cellulare e inibisce l'ATP. Ad alte concentrazioni coagula le proteine citoplasmatiche, mentre a concentrazioni minori distrugge la membrana plasmatica dei batteri. Non è inibito da materiale organico. E' attivo contro di tutte le forme batteriche escluso Pseudomonas e Serratia. Non irrita ma è sconsigliato l'uso su ferite a concentrazioni superiori a 0,5% perché può inibire la formazione di tessuto di granulazione. La clorexidina è efficace contro la piodermite in soluzioni e shampoo alla concentrazione di 0.5-2%. 
· Sodio ipoclorito (Amuchina®)
Il suo meccanismo di azione sembra essere dovuto al rilascio di acido ipocloroso. È efficace nei confronti di batteri, funghi, spore e virus. Purtroppo la sua efficacia diminuisce in presenza di materiale organica. Provoca irritazioni nel gatto.

Sostanze Antimicotiche 
· Zolfo 
Il suo effetto antimicotico e antibatterico è dovuto alla formazione di acido solfidrico e pentanoico.

· Derivati Imidazolici
Possono essere reperite in commercio in Italia nei prodotti per uso topico l'econazolo e l'enilconazolo. Agiscono selettivamente sugli steroli della membrana, in particolare, sull'ergosterolo. Agiscono, inoltre, sulla sintesi delle purine, inibendole. Inibiscono il citocromo p-450 dei mammiferi e possono interferire con il metabolismo di farmaci.
· Clorexidina 
Il meccanismo di azione contro i lieviti è uguale a quello per i batteri. E' necessario una concentrazione superiore ad 1% per la dermatite da Malassezia.
· Povidone di ioduro
Vedi la sezione degli antibatterici. 
· Solfuro di selenio
È efficace contro la Malassezia alla concentrazione di 1%.
· Diclorofene
Vedi la sezione degli antibiotici

Sostanze Sebolitiche 
La seborrea è un termine usato per descrivere una varietà di condizioni dove sulla pelle sono presenti scaglie (seborrea secca), o untuosità (seborrhea oleosa) o entrambi. Questi cambiamenti possono essere causati da un vasto numero di condizioni che portano ad un'alterazione nel processo naturale della cheratinizzazione con o senza alterazioni delle ghiandole sebacee. Nel caso delle malattie seborroiche la terapia topica deve essere scelta in base al sintomo predominante. Nelle forme oleose, è consigliato l'uso di un prodotto con potere sgrassante, mentre per le forme secche sono più indicate agenti umettanti.

· Catrame 
Ha un'azione cheratolitica, cheratoplastica ed è uno sgrassante eccellente.
Deriva dalla distillazione del carbone bituminoso in assenza di ossigeno. Esistono in commercio catrami derivanti dal carbone e da vegetali. È più potente il catrame ottenuto dal carbone. Inizialmente, produce una risposta iperplastica a causa della natura irritante del prodotto. Con l'uso prolungato inibisce la sintesi del DNA dello strato basale dell'epidermide, riducendo il "turnover" cellulare (potere atrofogenico). Il catrame è anche vasocostrittivo e antipruritico. È controindicato nel gatto perché molto irritante. Può essere irritante anche nel cane. Ha un odore sgradevole e tende a colorare i manti chiari. È fotosensibilizzante e cancerogeno.

· Zolfo
Ha un'azione cheratolitica, cheratoplastica, antipruriginosa, antibatterica e antimicotica. Possiede un blando effetto di "follicular flushing". L'effetto cheratolitico sembra sia dovuto alla formazione di solfuro di idrogeno mentre quella cheratoplastica alla reazione tra lo zolfo e la cisterna formando cistina, componente dello strato corneo, e acido solfidrilico. Quest'ultimo derivato ha azione cheratolitica, ma è formata in basse quantità. Se, al contrario, la concentrazione dello zolfo è alta ne viene formata una quantità maggiore in grado di demolire la cheratina. La concentrazione ideale del contenuto negli shampoo per le malattie desquamative e piodermiti superficiali è tra 0,5-2%. La concentrazione sale a 10% nelle lozioni e creme. 

· Acido Salicilico 
È un acido carbossilico. Ottenuta anticamente dalle foglie della Gaultheria procumbens e dalla corteccia della betulla bianca, adesso è più spesso preparato per sintesi. Ha un'azione cheratolitica e cheratoplastica. Ha una lieve azione antipruriginosa, antibatterica e antimicotica. Espleta la sua azione la sua azione cheratolitica abbassando il pH cutaneo. Provoca la morte o l'essiccamento delle cellule dello strato corneo idratandole, rigonfiandole e sciogliendo la sostanza intercellulare. Tutto ciò accelera la desquamazione. 

· Solfuro di selenio 
È cheratolitico, cheratoplastica e sgrassante. Rallenta il rinnovo cellulare e la produzione del sebo interferendo con la formazione dei legami idrogenici della cheratina. Non esiste in Italia un prodotto con il solfuro di selenio per uso veterinario. La formulazione veterinaria usato all'estero è sconsigliata perché irrita, secca eccessivamente la pelle e macchia. Il prodotto per uso umano ha la stessa concentrazione di quello veterinario ma irrita meno e ha un buon profumo. È controindicato nel gatto.

· Benzoile perossido
Questo principio attivo è metabolizzato dalle cellule dell'epidermide in acido benzoico, un acido carbossilico. Tutti gli acidi di questo tipo sono idratanti a basse concentrazioni. Ad alte concentrazioni diventano cheratolitiche.

· Lattato di etile 
A contatto con la pelle diventa acido lattico, un acido carbossilico. Vedi sopra.

· Isoretinoina, Acitretina (Isotrex®), Neoaccutan?®)
Deriva dalla vitamina A, ben noto epitelio protettore. È idoneo per i difetti localizzati della cheratinizzazione, come l'acne del mento. Aumenta il rinnovo fisiologico dell'epidermie e riduce la coesione tra i cheratociti. Il prodotto non è tossico come i retinoidi ad uso sistemico (congiuntivite, artralgia, mialgia, vomito, letargia). Tuttavia il proprietario deve indossare guanti quando applica il gel. E' sconsigliato maneggiare il prodotto alle donne in gravidanza perché molto teratogeno. 

Sostanze Idratanti 
Sono divisi in due categorie, gli emollienti e gli umettanti. 
Gli emollienti sono agenti lipidici (oli vegetali e animali) che ammorbidiscono lo strato corneo della cute e riducono la perdita transepidermica dell'acqua. Agiscono in maniera ottimale dopo che lo strato corneo è stato saturato con l'acqua. Alcuni esempi sono l'olio di jojoba, cocco e la lanolina. 
Gli umettanti sono agenti non lipidici che attraggono e trattengono l'acqua derivante dalla diffusione transepidermica. Alcuni esempi di umettanti sono gli acidi carbossilici come l'acido salicilico (vedi sostanze sebolitiche), l'acido lattico e l'urea. Quest'ultimo agisce come umettante alle concentrazioni tra 2 e 2,5%. A concentrazioni superiori ad esso, l'urea diventa cheratolitico perché solubiliza la cheratina e favorisce la rottura dei ponti di idrogeno che tengono intatti lo strato corneo. In commercio esiste un prodotto composito (ciclodestrine, liposomi, D-pantenolo, glicole propilenico e glicerina) in formulazione spray che ha la proprietà di ridurre la xerosi spontanea o secondaria all'uso di tensioattivi migliorando la seborrea ed il prurito.

Sostanze Antipruriginose 

· Aloe vera
È una pianta antica, nota dai greci fino dal VII secolo e diffusa dai Fenici nel bacino Mediterraneo. Il succo della pianta ha proprietà lenitive sulla pelle infiammata. Sembra che sia dovuto all'inibizione dei mediatori dell'infiammazione (trombossani, prostaglandine).
· Avena colloidale (Aveeno®, Allercalm®)
L'avena è sempre stato usato nella medicina popolare come rinfrescante per la pelle. Il meccanismo di azione è tuttora sconosciuto. È stato ipotizzato che inibisce la sintesi delle prostaglandine. Può alleviare il prurito per un periodo che varia tra 24-48 ore.
· Canfora e Mentolo
Sembra che la loro azione antipruriginosa sia dovuta all'effetto rinfrescante che possiedono. Nell'uomo è stato visto che inibiscono il prurito indotto dalla istamina. La canfora ha una lieve attività analgesica. Il mentolo stimola la parte terminale dei nervi sensori inducendo una sensazione di freschezza, lieve analgesia e riduzione del prurito.
· Hamamelis virginiana
Questo arbusto dell'America settentrionale è stato usato per costituire la base di lozioni oculari riposanti e rinfrescanti per l'uomo. È stato usato dai Nativi americani come astringente e rinfrescante
· Acidi Grassi
Nei recenti studi è stato visto che l'applicazione cutanea degli acidi grassi può apportare una diminuzione di prurito nelle zone infiammate. Gli acidi grassi essenziali agiscono nella cascata delle prostaglandine, entrando in competizione con l'acido arachidonico, precursore delle prostaglandine pro-infiammatorie.

Antibiotici per uso topico
 
Mupirocina (Bactroban®)

È battericida entro 24-48 ore dall'applicazione. Non agisce molto nei confronti di Gram- e lieviti. Applicato topicamente penetra molto bene nella cute. È efficace per le piodermiti profonde e lesioni localizzate. La mupirocina porta ad un depletamento della isoleucina intercellulare dei batteri con susseguente arresto della sintesi del RNA. Sono stati osservati casi di irritazione locale nel cane, gatto e l'uomo. Sembra però che questa reazione sia dovuto all'eccipiente. La somministrazione consigliata è di applicarlo due volte al giorno per 10 giorni. 

Prodotti vari 

· Glicole propilenico (Humilac®)
È usato come solvente e veicolo per altri principi attivi perché è in grado di aumentarne la penetrazione percutanea. Ha una sua attività antibatterica e antifungina quando è usato a una concentrazione tra 40-50%. È un solvente lipidico e sgrassa la cute. A concentrazione inferiore è igroscopico. A concentrazioni superiori a 60% denatura e solubilizza le proteine.
· Glicerina
È un alcool igroscopico triidrico derivato dal propilene. La glicerina usata per via topica ad alte concentrazioni può disidratare la pelle perché aumenta la perdita di acqua attraverso l'epidermide. A concentrazioni ridotte idrata lo strato corneo ed è un ottimo veicolo per la somministrazione di farmaci ad uso topico
· Sferulites
Sono formati da surfattanti di origine vegetale, stratificati più volte. Contengono chitosanide che facilita l'adesione dei principi attivi alla cute e al mantello. Il principio attivo contenuto negli sferulites sono lentamente rilasciati in un periodo che varia tra 8-10 giorni. Possono contenere vitamine (idro e liposolubili), oli essenziali e agenti emollienti.
· Allantoina
È un debole cheratolitico. Stimola la guarigione di ferite perché favorisce la formazione del tessuto di granulazione.


Trattamento delle piodermiti

Il termine "pioderma" viene usato per indicare l'infezione della pelle causata da batteri che producono pus. Il pioderma del cane è un'affezione molto comune ed è la seconda malattia dermatologica più frequente dopo l'allergia al morso di pulce. Le manifestazioni cliniche delle piodermiti sono molte e l'infezione può essere primaria (o meglio idiopatica) o secondaria ad altri problemi. Proprio a causa di queste differenze non sono infrequenti le errate diagnosi e trattamenti farmacologici errati. 
Le piodermiti sono sostenute nella gran parte dei casi dallo Staphylococcus intermedius e meno frequentemente dall'E. coli, dallo Pseudomonas spp, dal Proteus spp ed occasionalmente dallo S. aureus.
La risposta dell'ospite può non essere di beneficio o addirittura in alcuni casi deleteria. Per esempio è stato osservato che cani con pioderma cronico o ricorrente hanno ridotta linfoblastogenesi in vitro durante i periodi di infezione attiva. Ed ancora gli antigeni stafilococcici possono formare immunocomplessi che modulano la risposta immunitaria riducendo la funzione fagocitaria dei macrofagi. Nell'uomo gli stafilococchi hanno la capacità di elaborare tossine, in particolare la Proteina A, che prevengono l'adesione degli anticorpi specifici, attivando precocemente la cascata del complemento e la chemiotassi dei neutrofili. Inoltre producono leucocidina, emolisine, tossine epidermolitiche ed altre tossine che sono molto importanti nell'evoluzione dell'infezione. Nel cane non si conosce bene il ruolo di queste tossine, ma sembra che la Proteina A ed altri antigeni promuovano ipersensibilità e fungano da superantigeni condizionando la risposta dell'ospite e quindi l'evoluzione della malattia. Così l'inappropriata stimolazione dei linfociti T helper provoca la produzione di elevate concentrazioni di IgE inducendo processi infiammatori dannosi per l'ospite e non efficaci per la difesa dall'invasione batterica.
Le piodermiti nel cane hanno manifestazioni variabili e sono classificate come segue:
1) Pioderma di superficie 
a) Dermatite piotraumatica
b) Intertrigo
c) Pioderma mucocutaneo
E' il tipo di pioderma più superficiale ove in genere la colonizzazione batterica è secondaria a lievi escoriazioni di carattere traumatico dello strato corneo.
2) Piodermite superficiale
a) Impetigo
b) Follicolite superficiale
c) "Spreading pyoderma" (piodermite diffondente)
E' il tipo di piodermite più comune e la profondità dell'invasione non oltrepassa l'ostio della ghiandola sebacea nel follicolo pilifero. Le lesioni predominanti sono le papule, le pustole e le croste.
3) Pioderma profondo
a) Follicolite profonda e foruncolosi
b) Cellulite
E' l'infezione della porzione distale del follicolo pilifero e che può estendersi per rottura della parete follicolare ai tessuti periferici. Le lesioni più comuni sono le papule, le ulcere, i tragitti fistolosi e l'iperpigmentazione alla periferia delle lesioni.
Questa classificazione ha ragione di esistere per l'ordine che mette nel complesso piodermiti, per la diversa eziologia e risposta alla malattia dell'ospite ed infine per il differente approccio alla terapia delle varie forme.

Pioderma di superficie

Dermatite piotraumatica
E' una dermatite ad esordio acuto causata da autotrauma e secondaria sovrainfezione batterica. Le malattie predisponenti sono tutte quelle che inducono intenso prurito e/o dolore quali per esempio otiti esterne, infezioni delle ghiandole perianali, infestazioni da pulci, dermatite atopica etc. Il prurito e quindi l'autotrauma conseguente al grattamento o al mordicchiamento inducono escoriazione localizzata e sovrainfezione secondaria. Il successo della terapia in questa forma è in funzione del trattamento sintomatico e dell'allontanamento della causa predisponente.
La terapia prevede:
a) la pulizia della lesione e la tosatura dell'area limitrofa, 
b) la disinfezione con clorexidina, povidone ioduro, ipoclorito di sodio etc, 
c) il trattamento della causa primaria e 
d) l'eventuale utilizzo di corticosteroidi e antibiotici per uso topico o sistemico in base alle necessità. La malattia se non scoperta precocemente dai proprietari, in particolare nei soggetti a pelo lungo, nei mesi estivi può predisporre a pericolose miasi causate dalla deposizione di larve della mosca carnaria sulle aree colpite.
Intertrigo
Viene definito anche pioderma delle pieghe. In questa evenienza l'infezione batterica si localizza nelle aree dove la pelle si ripiega su se stessa. Le zone del corpo più colpite sono le pieghe facciali delle razze brachiocefaliche, le pieghe delle labbra, le pieghe della vulva e la piega della coda nelle razze come il Chow etc. 
Il trattamento può essere problematico perché la causa predisponente risiede in un difetto anatomico. Quando possibile, se la terapia medica è poco efficace ed i problemi risultano seri, l'intervento di chirurgico per la riduzione dell'intertrigo può essere risolutivo.
La terapia prevede:
a) pulizie giornaliere delle pieghe con saponi/shampoo antibatterici contenenti benzoile perossido, clorexidina, etil lattato, zolfo; 
b) antibatterici per uso locale come per esempio la mupirocina o associazioni di antibatterici e cortisonici;
c) l'uso di sostanze astringenti come l'allume.
Importante!!!: La tosatura dei peli nelle aree di intertrigo é controindicata perché i peli tosati crescendo risultano ancora più traumatizzanti che in precedenza.
Pioderma mucocutaneo
E' una rara manifestazione del pioderma nel cane caratterizzata da eritema, tumefazione, piccole fissurazioni e presenza di croste molto aderenti. Può coesistere con l'intertrigo. Colpisce in particolare le labbra, ma può essere osservato anche su altre giunzioni mucocutanee come per esempio la vulva. Non si conoscono le cause scatenanti, ma é certo il ruolo dei batteri nel determinismo dell'affezione considerando l'ottima risposta alle terapie con antibiotici. Le cause predisponenti pertanto vanno ricercate tra le allergie, malattie parassitarie, batteriche, immunomediate, etc.
La terapia si basa sulla somministrazione di antibiotici (cefalessina, enrofloxacina, amoxicillina/clavulanato) per tre-sei settimane e sulla rimozione, quando rilevata, della causa predisponente. Questa forma, ancora desso classificata come piodermite, recidiva con facilità e non è del tutto certo che i batteri siano i soli responsabili delle manifestazioni cliniche. Quando i successi della terapia sono scarsi o solo parziali, è conveniente (dopo il ciclo di trattamento con antibiotici) asportare un campione di tessuto e sottoporlo ad esame istopatologico. Le forme che risultano resistenti alla terapia convenzionale devono essere trattati come una malattia immunomediata od autoimmune. Il protocollo che viene seguito con successi accettabili è il trattamento con l'associazione tetraciclina o doxiciclina (Vibravet®) alla dose di 5 mg /kg/24h PO associata a niacinamide PO alla dose di 250 mg se il soggetto è inferiore a 10 kg e 500 mg se superiore a 10kg e vit. E alla dose di 30 mg die PO. La durata del trattamento deve essere di almeno due mesi.

Pioderma superficiale

Impetigine, Follicolite superficiale e "Spreading pyoderma" (Pioderma diffondente)

E' forma la più comune di piodermite e probabilmente é una delle più frequenti malattie del cane. La presentazione clinica della follicolite é molto variabile in funzione delle razze, della lunghezza del pelo e delle cause predisponenti. La caratteristica comune é la papula o pustola follicolare o nel caso del pioderma diffondente, caratterizzata da una macula eritematosa ben demarcata con alla periferia l'evidente esfoliazione dello strato corneo. La lesione tende a espandersi lasciandosi indietro, cioè al centro, eritema più intenso e/o iperpigmentazione post-infiammatoria. 
La diagnosi di piodermite superficiale non é difficile, ma é complicato il percorso che é opportuno fare allo scopo di svelare una possibile causa predisponente e per escludere altre malattie che vanno messe in diagnosi differenziale. Queste sono la demodicosi, le dermatofitosi, la scabbia, Cheyletiellosi etc, l'orticaria, il pemfigo foliaceo e le altre pustolosi sterili. La diagnosi deve essere confermata dopo aver effettuato tutte le procedure dermatologiche di routine (raschiati multipli, esame colturale per dermatofiti etc). 
La terapia prevede:
a) l'uso di shampoos con principi antibatterici (vedi terapia topica) con frequenza da stabilire in base alla situazione clinica. Nei cani a pelo lungo è consigliabile la tosatura. Il consiglio è quello di effettuare bagni molto frequentemente, per es. ogni 2-3 giorni e diminuire la frequenza man mano che il quadro clinico migliora. La terapia topica con i principi antibatterici ha lo scopo di limitare la colonizzazione dei batteri sulla pelle e lesioni dermatologiche e di coadiuvare la terapia con gli antibatterici per uso sistemico. La shampo-terapia non ha effetti collaterali, riduce considerevolmente i tempi di guarigione e limita le spese per gli antibiotici.
b) la somministrazione di antibiotici (vedi lista degli antibiotici e raccomandazioni generali) per via sistemica per tre-sei settimane in base al caso.
c) l'immunoterapia con vaccini autogeni nei soggetti dove non é stata identificata una causa predisponente (vedi dopo).

Le Piodermiti profonde

La Follicolite profonda e la Foruncolosi
La follicolite profonda é meno frequente di quella superficiale e può iniziare come tale o essere la conseguenza di quest'ultima. Il follicolo in questo caso viene invaso completamente dalla colonizzazione batterica. Se la parete follicolare in seguito alla flogosi si rompe il derma viene invaso dal pus e dai costituenti del follicolo come la cheratina che non é riconosciuta come self. Si forma pertanto un piogranuloma a doppia eziologia: il foruncolo. Le altre lesioni osservabili sono le bolle emorragiche ed i tragitti fistolosi.
La terapia é la stessa delle follicoliti superficiali, considerando di non interrompere mai la terapia con antibiotici prima di due settimane oltre la completa guarigione (impossibilità di palpare le papule). La terapia con antibiotici deve essere iniziata di nuovo al comparire delle recidive e se queste hanno una frequenza più o meno prevedibile deve essere iniziata circa una settimana prima della prevista comparsa di nuove lesioni ("pulse theraphy").
Pioderma profondo del Pastore tedesco
Questo particolare pioderma affligge il Pastore tedesco con una predisposizione familiare e sono colpiti più frequentemente i soggetti a pelo lungo. E' considerato tale il complesso di manifestazioni che comprende: la follicolite profonda, la foruncolosi e la cellulite (infezione batterica suppurativa che coinvolge derma e sottocute). Non sono mai state definite con certezza le cause predisponenti.
Le aree più colpite sono i glutei, la groppa, le parti laterali del torace, l'addome, i calli e gli spazi interdigitali. La presentazione clinica é più drammatica della follicolite profonda/foruncolosi e le ulcere, secondarie alla cellulite, sono le lesioni più caratteristiche della malattia. E' presente marcata linfoadenopatia generalizzata, a volte febbre e segni sistemici di malessere. In alcuni soggetti sembra che possa essere responsabile anche di artropatie. 
La terapia é la stessa della follicolite profonda, ma la prognosi é riservata.
Pioderma dei calli
E' il pioderma localizzato sulle prominenze ossee dove si formano i calli o su aree sottoposte a pressione. In queste aree si stabiliscono tricogranulomi sterili inizialmente che finiscono con infettarsi una folta che si è formato il tragitto fistoloso. 
Il trattamento é problematico perché é difficile evitare il decubito sulle prominenze ossee nei momenti di riposo del soggetto. Un tentativo potrebbe essere quello di evitare che i cani si appoggino su superfici dure e nel caso di quelli obesi é necessario tentare di ridurne il peso. 
La terapia medica prevede l'applicazione di prodotti per uso topico come il benzoile perossido e la terapia con antibiotici per uso sistemico per lunghi periodi. La guarigione avviene quando le unità pilosebacee della parte sono state tutte distrutte. Non è infrequente durante le applicazioni dei prodotti per uso topico, osservare con la spremitura del callo, la fuoriuscita di pus, sangue e piccoli ciuffi di peli.
Foruncolosi del mento
E' conosciuta anche come acne del cane e colpisce in particolare i soggetti giovani di razze a pelo corto. La malattia segue la formazione di comedoni multipli su mento e parti inferiori delle labbra e l'azione di tipo traumatico esercitata dai peli stessi sul follicolo quando i soggetti poggiano il mento in terra per riposare. In entrambi i casi il processo infiammatorio inizia con la rottura del follicolo pilifero e la formazione del tricogranuloma. La fistolizzazione permette successivamente l'invasione dei batteri e il peggioramento della flogosi.
La terapia si basa sull'applicazione locale di benzoile perossido, l'uso di prodotti locali contenenti antibiotici (mupirocina) e/o la terapia con antibiotici per lunghi periodi.

Antibiotici più comunemente usati nelle piodermiti (per Via Orale)

  • Cefalessina 22-30 mg/kg ogni 12-24h (icfvet®, Cefaseptin®)

  • Amoxicillina-acido clavulanico 20 mg/kg ogni 8-12h (Synulox®)

  • Sulfamidici-Trimetoprin 22 mg/kg ogni 12h (Gelliprim®, Sulfaprin®, Bactrim®, Rota TS®)

  • Cefadroxil (Cefacure tabs®) 20-25 mg/kg ogni 12-24h

  • Enrofloxacina 5 mg/kg ogni 24h (Baytril®)

  • Marbofloxacina 2-3 mg/kg/24h (Marbocil®)

  • Difloxacina 10 mg/kg ogni 24h (Dicural®)

  • Clindamicina 10 mg/kg ogni 12h (Clindacin®, Antirobe®)

Amoxicillina-acido clavulanico, cefalessina, cefadroxil
Come nel caso delle penicilline e cefalosporine in generale, la somministrazione in gravidanza non sembra essere particolarmente nociva, anche se sarebbe buona norma non intraprendere la terapia nel primo periodo se non strettamente necessario. L'assorbimento intestinale è buono ed è preferibile la via orale nei casi di terapie prolungate. L'escrezione avviene per via renale e sebbene nell'uomo possano essere causa di nefropatia le dosi terapeutiche nel cane difficilmente possono essere responsabili di glomerulotubulopatie. Sono da evitare comunque le associazioni con altri antibiotici potenzialmente nefrotossici e quelli batteriostatici che possono diminuirne l'attività battericida. Gli effetti collaterali più frequenti sono l'anoressia, il vomito e la diarrea. Nel caso della comparsa di questi sintomi può essere conveniente somministrare contemporaneamente del cibo o cambiare molecola. Raramente possono possono comparire di segni neurologici e neutropenia.

Sulfadiazina o sulfametossazolo etc e trimetoprim
Ha un'ottimo assorbimento intestinale e nel cane non viene metabolizzato a livello epatico, ma eliminato attraverso il filtro renale. Per questo motivo è necessario che i cani possano bere a volontà e che questa molecola non venga somministrata in corso di insufficienza renale. Considerando che l'acetilazione epatica del farmaco nel cane non deve essere somministrata in corso di insufficienza epatica. Inoltre non deve essere usata durante la gravidanza perché potenzialmente teratogena.
Gli effetti collaterali possibili sono l'anoressia, il vomito, la diarrea, epatopatie ed ittero, la cheratocongiuntivite secca, la poliartrite e la formazione di cristalli biliari ed urinari, reazioni da farmaco e ipotiroidismo nel caso di lunghi trattamenti. Nella razza Doberman sono frequenti fenomeni di idiosincrasia e pertanto vanno evitati in generale i trattamenti con sulfamidici. 

Enrofloxacina, marbofloxacina, difloxacina, Ibafloxacina

Sono farmaci ben assorbiti dal tratto gastrointestinale ed eliminati principalmente per via renale ed epatica. Per questo motivo vanno usati con precauzione nei casi di insufficienza epatica o renale. Non devono assolutamente essere usati in soggetti al di sotto dei 6-8 mesi di età perché possono provocare danni degenerativi alle cartilagini di accrescimento. Non vengono riportati altri particolari effetti collaterali neanche in gravidanza eccezione fatta per episodi di diarrea, feci molli, vomito, debolezza e anoressia. A dosi superiori a quelle indicate e se associate a FANS possono essere causa di convulsioni. Queste molecole sono efficaci in particolare nei confronti di infezioni sostenute da E.coli, Staphylococcus spp., Proteus mirabilis, ceppi di Pasteurella spp., Salmonella spp. Klebsiella spp, Enterobacter spp..

Clindamicina

Ha un'ottimo assorbimento intestinale e una grande capacità di diffondere in tutti i tessuti, compresi quelli colpiti da gravi processi infiammatori. La clindamicina è eliminata dal fegato e rene pressoché immodificata e come al solito non deve essere somministrata in corso di insufficienza epatica o renale. Sebbene passi la barriera placentare, non sembra in grado di provocare effetti teratogeni. Gli unici effetti collaterali sono di tipo gastrointestinale. Questa molecola ha la capacità di limitare l'attività della placca neuromuscolare e pertanto potrebbe provocare debolezza. Sempre per questo motivo non deve essere usata in corso di interventi chirurgici che prevedono l'uso di miorilassanti.

Considerazioni generali
In linea generale il trattamento deve essere protratto sino a completa scomparsa delle lesioni e nei casi cronici recidivanti oltre 1-2 settimane dalla guarigione clinica. Non si deve prestabilire la durata della terapia, ma stabilirla da caso a caso in base alla sua efficacia. A questo proposito é indispensabile motivare opportunamente i proprietari restii a terapie di lunga durata.
La terapia con antibiotici va associata sempre a frequenti shampoo detergenti-antibatterici che hanno lo scopo di allontanare tutto ciò che si accumula sulle lesioni riducendo la carica batterica presente sulla pelle del soggetto. 
Gli insuccessi terapeutici sono sempre dovuti a 1) interruzione precoce della terapia con antibiotici, 2) permanenza della causa primaria (per es. demodicosi, iperadenocorticismo), 3) a errata diagnosi (pustolosi sterili per es. pemfigo fogliaceo, dermatofitosi etc) e terapia prolungata con glucocorticoidi.

Immunoterapia vaccinale nelle piodermiti superficiali idiopatiche recidivanti del cane

La terapia con vaccini antibatterici é la sola terapia sistemica, oltre a quella con gli antibiotici, che ha ricevuto serie attenzioni da parte dei dermatologi veterinari per il trattamento delle piodermiti idiopatiche del cane. Essa é risultata efficace in molti casi e meno o affatto in altri. E' indubbio comunque che cani con piodermiti "idiopatiche" beneficino di immunoterapie con vaccini commerciali, con autovaccini o "stock vaccine" di più ceppi di Stafilococco intermedius ottenuti da cani diversi. Le terapie in questione sono costose e di lunga durata, ma nel corso della vita dei soggetti affetti da piodermiti possono limitare le recidive e ridurre così, le terapie con antibiotici. E' importante considerare che l'immunoterapia nelle piodermiti non potrà mai essere la sola terapia, ma che la somministrazione intermittente di antibiotici sarà sempre necessaria al ripresentarsi delle recidive. Considerata la cronicità delle piodermiti idiopatiche, l'immunoterapia può essere considerata efficace anche quando le recidive si ripresentano con minor frequenza e gravità. In questi casi deve essere protratta attraverso iniezioni booster con una frequenza da stabilire da caso a caso.
I trial terapeutici conosciuti sull'uso dei vaccini antibatterici sono stati condotti con lo Staphage LysateÒ (Delmont Laboratories, Swarthmore, PA, USA) che in qualche maniera si riesce a trovare anche in Italia e gli autovaccini e "stock vaccine". Sono stati compiuti studi su altri prodotti che non saranno trattati in questa sede.
I) L'unica sperimentazione in doppio ceco per il controllo dell'efficacia nella terapia delle piodermiti superficiali recidivanti del cane é stata effettuata con lo Staphage LysateÒ (SPL). Lo SPL contiene un lisato dello St. Aureus, sierotipi Cowan I e III, batteriofagi virulenti (tipo 594n) e proteine del mezzo di coltura. Nel trial terapeutico furono osservate positive risposte nel 70% dei soggetti contro il 37% dei controlli trattati con placebo. 
La durata minima prevista della terapia deve essere di 10-14 settimane ed il protocollo prevede il contemporaneo uso di antibiotici nelle prime 6 settimane. La quantità di SPL da somministrare é di 0,5 ml per via sottocutanea 2 volte la settimana o 1 ml una volta la settimana. Una volta sospesa la terapia con antibiotici se recidivano i sintomi entro le successive 4-8 settimane (in corso di immunoterapia) la somministrazione di SPL va interrotta. In caso contrario, se la piodermite sembra sotto controllo, la terapia va prolungata e le iniezioni somministrate con minor frequenza, per es ogni 15-30 giorni. E' possibile tentare la somministrazione di 0,1 ml per via intradermica ed il resto per via sottocutanea quando questa via non sembra da sola dare buoni risultati. Non sono stati effettuati studi sull'efficacia dei differenti protocolli di utilizzo, ma sembra che non ne esista uno migliore dell'altro.
II) Gli Autovaccini sono ottenuti dalle colture batteriche allestite da pustole dello stesso soggetto, mentre lo "stock vaccine" é costituito da un pool di diversi ceppi di St. intermedius provenienti da più soggetti. In teoria questi vaccini dovrebbero avere più successo dei preparati commerciali perché contengono proteine batteriche di St. intermedius provenienti dal cane da trattare o da più cani affetti da pioderma. Nella pratica clinica l'autovaccino risulta (almeno sembra) più efficace, probabilmente per la presenza di epitopi specifici. 

Protocollo di somministrazione dell'autovaccino antistafilococcico (Stafilococco intermedius) per il trattamento delle Piodermiti recidivanti del cane.

Mantenere i flaconi in frigorifero (4 C°). 
!! Importante: Agitare il flacone prima dell'uso. 
Per aspirare la quantità prevista di vaccino iniettare con la siringa la stessa quantità d'aria nel flacone. 
Prima di inoculare la prima dose è consigliabile iniettare per via intradermica 0,1 ml di vaccino ed attendere circa 30 minuti. Se nel sito di inoculo compare un pomfo eritematoso di dimensioni superiori a 2 cm di diametro è opportuno evitare la somministrazione del vaccino. Per controllo "negativo" è possibile iniettare 0,1 ml di soluzione fisiologica per via intradermica e confrontare le dimensioni dei due pomfi.
La soministrazione deve avvenire per via sottocutanea. 
NB: Nel caso di scarsa o mancata risposta al vaccino dopo il primo mese d'immunoterapia, la somministrazione dovrebbe avvenire nella quantità di 0,1 ml per via intradermica e la restante parte per via sottocutanea.

Avvertenze: Possono essere osservate tumefazioni e dolore nel sito di inoculo. Nel caso di malessere o febbre è consigliabile la volta successiva non aumentare la dose, ma iniettare di nuovo la quantità utilizzata in precedenza.
Il vaccino può essere somministrato in corso di terapia con antibiotici.

La risposta al vaccino viene valutata come Ottima nel caso di guarigione (assenza di recidive per 1 anno), Buona se le recidive compaiono ad intervalli più lunghi di quanto non avvenisse in precedenza e con minor numero di lesioni (papule, pustole). 
La risposta viene considerata Nulla nel caso avvengono recidive nel corso dei previsti 78 giorni di terapia.
In caso di risposta Buona è consigliabile continuare la terapia vaccinale con richiami ogni 1-2 mesi.
Concludendo il trattamento con vaccini antistafilococcici promuoverebbe il restauro dell'equilibrio tra l'attività cellulo-mediata e umorale specifica e non nei confronti dello St. intermedius. Inoltre é possibile che l'inoculazione di St. intermedius uccisi permetta al sistema immunitario il migliore riconoscimento delle strutture lipopolisaccaridiche costituenti la capsula batterica deputate al mascheramento degli antigeni di superficie.

Trattamento dell'Otite esterna negli animali d'affezione

Il termine otite esterna indica uno stato infiammatorio del canale auricolare. E' una diagnosi semplice, emessa con facilità anche dai proprietari, ma che presenta molte difficoltà nel trattamento e risoluzione definitiva. La gran parte delle otiti esterne sono croniche, hanno andamento subdolo e vengono considerate un problema quando sono già in uno stadio evolutivo relativamente avanzato. I sintomi più comuni sono lo scuotimento insistente della testa, il prurito (i soggetti si grattano con gli arti posteriori gli orecchi e collo) e il piegamento della testa. All'osservazione con l'otoscopio si rileva l'eritema e l'irregolarità dell'epidermide del condotto, a volte erosioni e ulcere, la presenza eccessiva di cerume, di essudato di vario tipo ed eventualmente sangue.
I fattori predisponenti sono rappresentati da a) fattori anatomici come: canali stenotici, presenza eccessiva di peli, orecchi penduli e b) da condizioni ambientali quali: clima caldo-umido e bagni frequenti. Le otiti sono provocate da a) cause primarie quali per esempio: parassiti (Otodectes cynotis, Demodex spp, Sarcoptes scabiei e Notoedres cati), corpi estranei (in genere vegetali), allergie (D. atopica, allergia agli alimenti), ipotiroidismo, seborrea primaria e secondaria, malattie autoimmuni (pemfigo, lupus etc), cimurro, cellulite giovanile, tumori etc e da b) cause infettive secondarie: S. intermedius, Pseudomonas spp, Proteus spp, E. coli, malassezia spp e più raramente Candida albicans.
Lo stato infiammatorio che si stabilisce con il tempo provoca modificazioni del condotto che alla lunga favoriscono il perpetuarsi dei problemi. Queste alterazioni sono l'iperplasia dell'epidermide e l'ispessimento della porzione cartilaginea che provocano stenosi parziale del condotto e l'iperplasia delle ghiandole ceruminose e l'idradenite che forniscono un pabulum ed un ambiente molto favorevole allo sviluppo dei microrganismi.
Considerato quanto sopra i soggetti devono essere sempre sottoposti ad una visita completa allo scopo di individuare la causa primaria senza la risoluzione della quale ogni sforzo terapeutico può risultare vano.
L'esame otologico ha lo scopo di visualizzare lo stato del condotto e la porzione timpanica, il tipo e la quantità di materiale presente all'interno e l'eventuale presenza di corpi estranei.
Il materiale presente nel condotto, una volta prelevato, è utile per l'esame microscopico diretto dei parassiti, per l'esame citologico, batteriologico e micologico. Nel caso di lesioni a carico del padiglione sono utili anche raschiati per la diagnosi delle parassitosi esterne e l'esame citologico e bioptico delle lesioni primarie. In particolare l'esame citologico del cerume ed essudato permette la visualizzazione dei batteri, malassezie, altri lieviti e cellule infiammatorie. In quest'ultimo caso è importante stabilire se i batteri presenti sono stati fagocitati dai neutrofili perché questo indica chiaramente quale agente patogeno è preferibile combattere. Questi rilievi dovrebbero essere comunicati anche al batteriologo allo scopo di concentrare la ricerca batterica e l'antibiogramma nei confronti dei batteri coccoidi (stafilococchi) o bastoncellari (in genere Gram negativi) o entrambi rilevati in sede intracellulare.

Trattamento
Nel presente paragrafo verranno discussi solo i principi di terapia otologica rimandando il trattamento delle cause primarie ai capitoli specifici.
La terapia delle otiti prevede 
1) la pulizia del canale per rimuovere il materiale presente, 
2) la somministrazione endoauricolare di farmaci e 
3) la terapia sistemica.
Pulizia del canale
I soggetti vanno accuratamente sedati per compire le manualità di rito senza arrecare dolore e con la certezza che la testa sia perfettamente immobile per non provocare lacerazioni timpaniche con strumenti o tamponi. La pulizia prevede la somministrazione endoauricolare di generose quantità di soluzione salina o prodotti otologici contenenti detergenti, agenti ceruminolitici, antisettici e surfattanti (per es. Epi-otic®, Cerumenex®, Clorexiderm oto®, Deroxen oto®, Otoprof®) tramite una siringa provvista di un tubicino. I detriti più tenacemente adesi alla parete del canale devono essere in seguito rimossi tramite tamponi. I risultati della pulizia vanno verificati di volta in volta tramite l'esame otologico. In commercio esiste un prodotto per uso veterinario a base di dioctilsodiosolfosuccinato, perossido di carbamide e glicole propilenico (Otoprof®) molto efficace per la pulizia del condotto, ma anche con questo prodotto è spesso necessaria una contenzione veemente o la sedazione dei soggetti.
Farmaci otologici
In commercio esistono molti prodotti otologici contenenti più principi attivi come glucocorticoidi, antibiotici, antiparassitari e antifungini (per es. Oterna®, Tresaderm®, Aurizon®, Surolan®, Otopet terapia®, Panalog® etc). Nei casi meno gravi questi prodotti possono essere usati con successo tenendo presente sempre che le infezioni batteriche e da lieviti potrebbero non venire efficacemente combattute se nel prodotto sono presenti cortisonici. Inoltre, in particolare nel gatto e nei cani di piccola taglia, il prodotto contenente cortisonici con lo scuotimento della testa finisce anche sul padiglione dove alla lunga può provocare atrofia dell'epidermide e della cartilagine del padiglione. Infine deve essere rammentato che anche i cortisonici per uso locale possono venire assorbiti in piccole quantità e con il tempo possono essere responsabili di forme di S. di Cushing iatrogene.
Le otiti batteriche serie andrebbero trattate con prodotti contenenti solo antibiotici. Gli antibiotici in preparati per uso otologico migliori sono la neomicina, l'associazione neomicina-polymixina B, la gentamicina e la marbofloxacina. In generale le infezioni del condotto sono efficacemente combattute con questi antibiotici a patto che la somministrazione venga effettuata almeno due volte al giorno per 10-20 giorni. Alcuni degli antibiotici citati come la polymixina B sono inattivati dal pus o possono non esercitare la loro azione se il condotto è troppo ricco di cerume o croste. La pulizia frequente ed ispezioni con otoscopio sono pertanto sempre necessarie per monitorare lo stato del condotto. In corso di terapia sono consigliabili i lavaggi del condotto ogni 2-3 giorni con prodotti contenenti clorexidina o altri con associazioni ac. Lattico-chitosamide (Epi-otic®). Nel caso di otite da pseudomonas spp, che rappresenta tutt'ora una delle malattie dermatologiche più difficili da trattare, gli antibiotici consigliabili sono la ticarcillina, l'enrofloxacina (Baytril 2,5%), l'amicacina (Likacin®), la marbofloxacina (Marbocil®) e la tobramicina (Tobral®). I primi tre sono venduti in formulazioni iniettabili per uso parenterale e devono essere somministrati per via endoauricolare come tali o diluiti in acqua distillata sterile. La tobramicina è venduta in formulazioni pomata o gocce per uso oftalmico e deve essere somministrata come tale. Allo scopo di migliorare la sensibilità dello pseudomonas spp agli antibiotici è possibile usare soluzioni contenenti trometamina-EDTA (Before X®) associate alla somministrazione locale di antibiotici. Questa soluzione aumenta la permeabilità dei canali del calcio della membrana batterica permettendo così la penetrazione dell'antibiotico. Il prodotto commerciale deve essere somministrato circa 10-15 minuti prima dell'antibatterico.
Nel caso di otiti da malassezia, invece di usare prodotti polivalenti, è preferibile usare antimicotici in formulazione "latte dermatologico" o soluzione non alcolica (per es Pevaryl®, Amyco®) coadiuvati da pulizie con prodotti a base di clorexidina. 
Terapia sistemica
La terapia sistemica consiste nel somministrare farmaci per uso parenterale o per os allo scopo di coadiuvare la terapia topica. In sintesi in corso di otite batterica devono essere usati gli stessi farmaci che vengono somministrati nelle piodermiti (vedi capitolo Trattamento delle piodermiti). Nel caso di otiti parassitarie possono essere usati le abamactine sia per uso iniettabile che in spot on come nel caso della selamectina (vedi capitolo Trattamento delle rogne). Infine nelle otiti a sfondo ceruminoso con riconosciuta eziologia allergica la somministrazione degli antistaminici e corticosteroidi limita l'eritema, il prurito e relative lesioni da autotrauma (per es. hot spot) e la produzione di cerume (vedi Trattamento delle dermatiti allergiche). Nei casi cronici gravi la fibrosi e l'iperplasia dell'epidermide del canale auricolare non permettono alcun miglioramento con la terapia medica, pertanto è necessario sottoporre i soggetti ad intervento chirurgico.

Trattamento delle malattie immunomediate e autoimmuni

Nel seguente capitolo verranno trattate le malattie immunomediate e autoimmuni più comuni. In particolare per quanto riguarda le malattie dermatologiche, oltre quelle descritte di seguito, ne esistono altre quali per esempio: il Gruppo eritema multiforme, il Pemfigoide bolloso, l'Epidermolisi bollosa, le Vasculiti etc. Il trattamento di queste ultime è simile alle precedenti, ma si consiglia di consultare la letteratura specifica per approntare i protocolli di terapia adeguati al caso. Al contrario i trattamenti dell'anemia emolitica autoimmune e della trombocitopenia autoimmune sono riportati nel capitolo del Gruppo lupus eritematoso. Infine, in questo gruppo di malattie i farmaci usati, i protocolli terapeutici e gli effetti collaterali sono simili. Per questo motivo possono essere adottati anche nelle malattie non trattate con le differenze imposte dalle diverse immunopatogenesi. 


Trattamento delle dermatiti allergiche

La Dermatite atopica

La dermatite atopica colpisce il 3-15% della popolazione canina ed é una malattia ereditaria caratterizzata dall'eccessiva produzione di Immunoglobuline E specifiche (reagine) nei confronti di allergeni volatili ambientali (polveri, acari, derivati epiteliali, muffe) e dei pollini. La principale manifestazione clinica é il prurito e ha abitualmente esordio tra i 12 mesi e i tre anni di vita con escursioni tra i sei mesi e i sette anni. Il prurito può avere esordio stagionale per poi divenire annuale. Colpisce in particolare alcune razze e sebbene non sia stata dimostrata una particolare predisposizione sessuale alcuni autori hanno riscontrato incidenza maggiore nelle femmine ed altri un'incidenza maggiore nei maschi. Le aree del corpo che i soggetti atopici si grattano, leccano o strofinano su ogni tipo di oggetto e superficie sono: il muso, i padiglioni auricolari, gli spazi interdigitali, le regioni carpali, quelle tarsali, i fianchi, l'addome, le regioni inguinali, il dorso (in particolare se presente l'allergia al morso da pulce), le ascelle e la coda. Con il tempo si instaurano modificazioni del derma conseguenti all'eritema cronico ed all'azione traumatica del grattamento. Queste sono: l'alopecia o la rarefazione del manto, le escoriazioni, l'iperpigmentazione, la lichenificazione, la colorazione rossastra delle zone sottoposte al leccamento (la saliva contiene ferro), la seborrea secca o umida e le follicoliti (o foruncolosi) batteriche. I cani con dermatite atopica frequentemente manifestano congiuntiviti croniche bilaterali con scolo lacrimale evidente, otiti ceruminose e talvolta riniti croniche e starnutamento. 
La diagnosi eziologica
La dermatite atopica nella pratica potrebbe essere diagnosticata anche solamente dopo la raccolta dei dati anamnestici e la valutazione dei dati clinici. L'intradermoreazione e i tests in vitro dovrebbero essere usati solamente per confermare la diagnosi ed individuare gli allergeni responsabili della malattia al fine di intraprendere la terapia desensibilizzante (Immunoterapia). 
I costi dei test ed i lunghi tempi imposti dalla terapia desensibilizzante devono necessariamente essere valutati con il proprietario del soggetto. Inoltre il cliente dovrebbe essere messo al corrente del fatto che la fonte di allergeni non é eliminabile e che la malattia spesso accompagna il cane per tutta la vita. Una volta stabilito il volere del proprietario potranno o meno essere effettuate le indagini diagnostiche ed intrapresa l'immunoterapia od al contrario iniziata la terapia sintomatica con i farmaci d'elezione.
La terapia della dermatite atopica é complessa e la scelta del modo di operare deve tener conto tanto delle necessità del soggetto che di quelle del proprietario. Nella maggior parte dei casi al fine di controllare il prurito devono essere presi in considerazione vari interventi di carattere igienico-terapeutico ed in particolare 
a) l'alimentazione equilibrata (quando necessario ipoallergica) e additivata con acidi grassi essenziali;
b) il controllo delle infestazioni da pulci;
c) il controllo delle infestazioni da parassiti intestinali e delle filariosi;
d) il controllo della follicolite o piodermite e della malasseziosi;
e) la pulizia degli orecchi e controllo della eventuale otite; 
f) quando possibile l'eventuale allontanamento del soggetto dalla sicura fonte di allergeni 
g) la pulizia accurata tramite aspirapolvere con filtro ad acqua dei locali dove vive il soggetto e l'uso di prodotti acaricidi da irrorare su tappeti, cucce etc.

La terapia vera e propria comprende:
1) la terapia topica, 
2) la terapia sistemica con farmaci antiallergici ed antinfiammatori 
3) l'immunoterapia.

La terapia topica
E' indispensabile ed ha la funzione di ridurre rimuovere dalla pelle gli allergeni che vi sono depositati, allontanare i cheratinociti in eccesso, ridurre il carico dei batteri e lieviti che con le modificazioni secondarie della pelle aumentano in quantità. I bagni nella gran parte dei casi riducono il prurito per almeno 24-48 ore in particolare se seguiti dall'applicazione di soluzioni umettanti o reidratanti. In commercio sono disponibili prodotti di tutti i tipi: 1) shampoo contenenti detergenti poco aggressivi, emollienti, cheratinolitici (benzile perossido, alcool benzilico, catrame, acido salicilico), lipoaminoacidi, principi antisettici (clorexidina, etil lattato, benzoile perossido) e 2) lozioni/spray contenenti omega 3 e 6, antibatterici e corticosteroidi etc. Questi prodotti vanno impiegati in base all'estensione dell'irritazione della pelle, alla presenza di seborrea, lesioni da autotrauma e infezioni parallele. La frequenza dei trattamenti deve essere elevata (ogni 2-7 giorni) e valutata di conserva con le osservazioni del proprietario nei riguardi della riduzione del prurito e dello stato della pelle e manto.

Terapia sistemica con farmaci antinfiammatori

I farmaci utilizzati a tale scopo sono gli antistaminici i glucocorticoidi e gli acidi grassi essenziali.
La somministrazione degli antistaminici é consigliata nelle dermatiti atopiche a carattere prettamente stagionale, nel caso di recente esordio dei sintomi, nei casi lievi e come coadiuvante della terapia corticosteroidea e dell'immunoterapia. Gli antistaminici hanno efficacia limitata e variabile da soggetto a soggetto, inoltre la riduzione del prurito non è mai veloce e spesso occorrono circa 2 settimane di trattamento per valutare l'efficacia di una molecola. Nel caso di insuccesso può essere conveniente tentare l'uso di altri principi attivi prima di intraprendere la terapia con glucocorticoidi. Le molecole più utilizzate sono la clorfeniramina: cane 0,4 mg/kg/8h PO, 2mg/gatto 12h PO, l'oxatomide: 1-2 mg/kg 12h, la difenidramina: 2,2mg/kg/8-12h, idrosssiizina: 2 mg/kg/8-12h PO e la ciproeptadina: cane 0,1 mg/kg/8h, gatto 2mg/gatto 12h PO. La durata della terapia deve essere decisa in base ai risultati ottenuti.
In commercio esistono prodotti per uso veterinario contenenti associazioni di antistaminici e di corticosteroidi. Le associazioni hanno il duplice effetto di ridurre la dose giornaliera di glucocorticoide e di risultare maggiormente efficaci per l'effetto sinergico dei due farmaci. Infatti generalmente viene osservata una riduzione almeno del 50% della sintomatologia pruriginosa nel ~76,7% dei casi, mentre per es. il prednisone o prednisolone somministrato da solo lo riduce solamente nel ~56% dei soggetti trattati. I glucocorticoidi più usati sono il prednisone, il prednisolone e metilprednisolone da somministrare alla dose di 0,5-1 mg/kg q24h nel cane e a dose doppia nel gatto. Questi glucocorticoidi hanno azione corta e una volta interrotto il trattamento l'asse ipofisi-surrene riacquista velocemente il suo funzionamento. La somministrazione dei glucocorticoidi nella DA è spesso necessaria e efficace in poco tempo: la riduzione o scomparsa del prurito avviene in 24-48 ore. Nel caso di risultati parziali deve essere sempre considerata la presenza di altre fonti di prurito come le infestazioni da pulci, il pioderma o la malasseziosi. In questi casi è necessario sospendere la somministrazione dei glucocorticoidi e trattare le altre cause di prurito. Al contrario in caso di successo dopo alcuni giorni è consigliabile somministrare il glucocorticoide a dose inferiore o a giorni alterni sino a individuare la dose minima efficace. 
La terapia con antinfiammatori dovrebbe essere coadiuvata dalla somministrazione continuativa di composti contenenti acidi grassi essenziali poiché nell'uomo affetto da dermatite atopica é stato accertato un difetto nel metabolismo degli acidi grassi essenziali (per es.: Ribes pet®, Derma pet®, Glazar derm®, Derm caps®). L'acido linolenico e eicosapentaenoeico inibiscono in parte la formazione di acido arachidonico o dei suoi metaboliti proinfiammatori, ma nel cane la riduzione del prurito con la sola somministrazione di tali composti può risultare nulla e il trattamento molto oneroso se il soggetto é di grossa mole. Maggiore efficacia anche in questo caso é stata dimostrata associando alla terapia con acidi grassi quella con i composti antistaminici e/o corticosteroidei. 
Nei casi gravi dove il prurito è refrattario anche a dosi elevate di cortisonici può essere somministrata la ciclosporina (Atopica®) alla dose di 5-10 mg/kg/24 ore PO o dosi inferiori se associata alla somministrazione di Vit E alla dose di 200-400 mg/24h PO o ketoconazolo a basse dosi (55 mg/kg/24h) . Questo farmaco inibisce non selettivamente la risposta umorale e cellulomediata. Purtroppo limiti al suo uso sono il costo molto elevato e un'elenco piuttosto lungo di effetti collaterali quali: anoressia, vomito, diarrea, infezioni batteriche e protozoarie, nefrotossicità e epatotossicità.
Come per la terapia topica la somministrazione dei farmaci sopraelencati deve essere motivata dalla presenza del prurito e delle lesioni secondarie e deve essere considerata solo ed esclusivamente come terapia sintomatica. La durata della terapia perciò dovrà essere in funzione del risultato: interrotta gradualmente se il prurito scompare del tutto, eventualmente protratta se il prurito non si attenua e, nei casi ove con l'interruzione della terapia il prurito ricompare in brevissimo tempo, continuata riducendo la dose giornaliera di farmaco al quantitativo minimo efficace. Per ottenere risultati soddisfacenti é necessario far comprendere al proprietario che la sintomatologia della dermatite atopica può essere solamente controllata. Pertanto, é necessaria una stretta e vicendevole collaborazione al fine di intervenire, se il caso lo richiede, solo con la somministrazione dei farmaci indispensabili. 
La protratta somministrazione di farmaci corticosteroidei non é scevra da inconvenienti, per questo motivo va allertato il proprietario sulla possibile insorgenza di problemi gastroenterici, infezioni urinarie, piodermiti, demodicosi, sindrome di Cushing etc.

L'immunoterapia

L'immunoterapia specifica é il trattamento ideale in particolare per le atopie non stagionali. Per quanto riguarda quelle stagionali é conveniente tentare la terapia solo se é stata osservata in più di una occasione una netta recrudescenza dei sintomi nel periodo di pollinazione della pianta ritenuta responsabile dell'allergia. L'immunoterapia specifica consiste nella somministrazione in dosi scalari progressivamente crescenti di estratti degli allergeni ritenuti responsabili del problema allo scopo di ottenere una riduzione della sensibilità nei loro riguardi. Studi condotti in doppio ceco hanno evidenziato nel cane una riduzione almeno del 50% della sintomatologia pruriginosa nel 60% circa dei casi. Gli allergeni con cui far comporre il vaccino devono essere scelti attraverso l'intradermoreazione o determinazione della concentrazione delle IgE specifiche o entrambi.
Il meccanismo di azione con cui avviene la desensibilizzazione non é stato ancora chiarito, ma si pensa che attraverso l'inoculazione dell'allergene per via parenterale venga stimolata la produzione di anticorpi IgE bloccanti poiché, nei soggetti ove la risposta alla terapia é risultata soddisfacente, la concentrazione di IgG4 era più elevata. Queste IgG hanno una notevole affinità per l'allergene e sono in grado di legarlo in competizione con le IgE. In alcuni casi il miglioramento clinico é anche associato con una progressiva minor sintesi di IgE (indotta da: a) mancanza dello stimolo alla produzione di IgE, b) modificazione delle popolazioni cellulari deputate alla memoria immunologica, c) inibizione dei fattori linfocitari che potenziano la risposta delle IgE), dalla parziale desensibililizzazione degli organi bersaglio e dal probabile aumento delle popolazioni di linfociti T suppressor specifici.
La concentrazione degli allergeni da inoculare varia con il tipo di composto: 2000-40000 PNU/ml. Gli estratti devono essere richiesti alle case produttrici che curano l'allestimento dei vaccini in base alle indicazioni fornite dal medico. Allo scopo di ottenere risultati soddisfacenti devono essere evitate le richieste di miscele di allergeni eterogenee, selezionando quegli allergeni che rivestono un reale significato clinico nella sintomatologia. In particolare possono essere richieste miscele di piante con analoghi periodi di fioritura (graminacee, oleacee), mentre nel caso della parietaria che ha un periodo di fioritura lungo ed un alto potere allergenico dovrebbe essere richiesto un estratto unico. Estratti allergenici unici dovrebbero essere richiesti anche per gli acari della polvere, muffe etc. Autori statunitensi al contrario usano richiedere vaccini con molti allergeni senza tener conto dell'eterogenicita'. Gli estratti impiegati sono forniti A) in veicolo acquoso, da somministrare per via sottocutanea a dosi progressivamente crescenti giornalmente e poi a giorni alterni, B) adsorbiti su idrossido di alluminio o co-precipitati di idrossido di alluminio o su L-tirosina o coniugati con alginato di sodio che permettono un numero limitato di iniezioni sottocutanee e provocano minori reazioni indesiderate. Attualmente in commercio sono stati introdotti gli "allergoidi" ossia estratti allergenici modificati da trattamenti con formaldeide, glutaraldeide etc che ne riducono l'allergenicità senza modificare l'immunogenicità. Ancor oggi molti estratti sono titolati in PNU (unità di azoto proteico), ma nel prossimo futuro saranno tutti standardizzati in Unità Internazionali (UI). I flaconi contenenti gli estratti devono essere conservati a 4-8°C e la scadenza (generalmente 4-6 mesi) é indicata dalla casa produttrice. In linea di massima il trattamento dovrà essere iniziato quanto prima nel caso di allergia a dermatofagoides ed altri allergeni ambientali senza tener conto della stagione dell'anno, mentre per le pollinosi, eccezion fatta per la parietaria, la terapia dovrà essere iniziata prima del periodo di pollinazione.
Il miglioramento della sintomatologia può essere osservato anche nei primi tre mesi di terapia, ma generalmente occorrono 4-9 mesi di trattamento. In questo periodo con frequenza possono accadere inconvenienti quali il dolore nel sito di inoculo, l'aggravamento del prurito e fortunosamente con più rarità reazioni urticariodi, angioedema e shock anafilattico. Nel corso della terapia, se il caso lo richiede, possono essere somministrati farmaci antistaminici, glucocorticoidi ed antibiotici al fine di combattere in via sintomatica il persistere della sintomatologia.
L'immunoterapia anche in caso di successo deve essere continuata con una terapia di mantenimento (fornita dalla casa produttrice sulla base del primo vaccino) per tutta la vita o perlomeno per tre-cinque anni a seconda dell'età del soggetto. Comunque sia il proprietario dovrà essere messo al corrente che la desensibilizzazione é in realtà una Iposensibilizzazione, infatti non é improbabile osservare recidive se il soggetto finisce per sensibilizzarsi ad altri allergeni o se comunque altre cause concorrono ad abbassare la "soglia allergica".

La dermatite da allergia agli alimenti

Le reazioni indesiderate ai cibi sono manifestazioni cliniche che seguono l'ingestione di uno o più alimenti o additivi a questi mescolati. Tali reazioni possono essere mediate da meccanismi immunologici o no. L'ipersensibilità ai cibi vera e propria, l'intolleranza ai cibi e l'idiosincrasia ai cibi spesso non sono distinguibili dal punto di vista clinico e risulta difficile emettere la diagnosi solo sulla base dell'anamnesi. E' possibile individuare il cibo responsabile delle manifestazioni cliniche attraverso il suo allontanamento dalla dieta e con la successiva prova di reintroduzione, ma certamente rimane difficoltoso chiarirne il meccanismo patogenetico. Negli animali d'affezione le manifestazioni cliniche sono rappresentate generalmente da una dermatite cronica non stagionale simile alla dermatite atopica, da sintomi gastrointestinali e più raramente neurologici. In teoria ogni alimento può divenire responsabile di reazioni indesiderate ed esiste una gran varietà di cibi in grado di eliminare istamina (tonno, sgombro) o amine vasoattive come la triptamina (formaggio), la feniletanolamina (cioccolato) ed altre, che in alcuni individui, possono indurre una degranulazione non immunologica dei mastociti: pomodori (noradrenalina), bianco dell'uovo (ovomucoide, ovalbumina, ovotransferrina, lisozima), fragole, crostacei, agrumi, alcool etc. Nel cane e gatto possono indurre ipersensibilità: il latte (b-lattoglobulina in particolare), la carne di manzo, maiale, pollo, coniglio, cavallo, pesce (allergene M), le uova ed in particolare nel cane il frumento (glutine, gliadina), il riso, il mais, le patate, la soia, i fagioli.
I cibi potenzialmente allergenici sono quasi esclusivamente proteine ed in particolare glicoproteine con un peso molecolare variabile tra 10000 a 70000 daltons. Sebbene tutte le proteine della dieta siano antigeniche spesso solo una piccola componente proteica di un particolare cibo risulta allergenica. La maggior parte di questi allergeni sono parzialmente resistenti al calore e alla digestione.
Diagnosi-Terapia
In queste forme la diagnosi si emette attraverso un tentativo dietetico. 
La nuova fonte di proteine di origine animale o la dieta commerciale specifica (per es.: Purina HA, Z/D Hill's, etc) deve essere progressivamente introdotta per un periodo di adattamento di circa 10-12 giorni e poi proseguita da sola senza mai somministrare al soggetto altro cibo. Il miglioramento dovrebbe avvenire in circa 4-8 settimane a meno che lo non siano presenti infezioni secondarie e lesioni da autotrauma. Se i sintomi non tendono a regredire, la diagnosi di ipersensibilità ai cibi deve essere esclusa e comunque se il miglioramento é solo parziale deve essere considerata la possibilità di altre concomitanti allergie. La prova di reintroduzione del cibo considerato sospetto deve essere effettuata dopo la scomparsa della sintomatologia. In genere i sintomi ricompaiono dopo 3-7 giorni dalla sua reintroduzione. Se con la prova di reintroduzione di piccole quantità del cibo/i sospetto/i la sintomatologia ricompare deve essere somministrato di nuovo il cibo che ha indotto il miglioramento. Se dopo un periodo di tempo di circa 7-10 giorni il prurito cessa, la diagnosi di ipersensibilità (o idiosincrasia) viene confermata.
La terapia come ovvio é rappresentata dall'eliminazione dalla dieta del cibo che rappresenta l'allergene, cosa peraltro difficile da ottenere nel gatto a causa della predazione. Purtroppo in molti soggetti sono frequenti le recidive causa la loro naturale predisposizione ad ipersensibilizzarsi con il tempo ad altre fonti proteiche. Per questo motivo alcuni immunologi consigliano di variare frequentemente la dieta con cibi a cui il soggetto non é risultato allergico o con altri che non ha mai assunto in precedenza in modo da evitare che il nuovo cibo, somministrato per lungo tempo, divenga a sua volta nocivo. 
Terapia farmacologica
E' basata sulla somministrazione di prednisone o associazioni prednisone/antistaminico, che se pur relativamente poco efficaci nei confronti dell'ipersensibilita' ai cibi risultano in grado di correggere parzialmente l'eritema e controllano altre concomitanti allergie. Nel caso siano presenti follicoliti sarà necessario somministrare antibiotici per via orale (amoxicillina/clavulanato, sulfametossazolo/trimetoprim, cefradoxina, cefalessina) per tre/quattro settimane e trattamenti shampoo (benzile-perossido, ac. lattico, clorexidina, alcool benzilico, catrame, acido salicilico) frequenti per rimuovere la seborrea oleosa. Altro protocollo di terapia perseguibile è quello di somministrare per lunghi periodi di tempo probiotici come i lattobacilli (per es.: Florentero®, Bioflorin®), questa forma di trattamento sembra essere molto promettente, ma ha come svantaggio il costo elevato.

Gruppo granuloma eosinofilico del gatto

Il trattamento delle lesioni del CGE prevede sempre la correzione del disturbo primario quando riconosciuto. 
Il trattamento sintomatico si basa sull'impiego di farmaci glucocorticoidi come il prednisone o prednisolone (2 mg/kg/24-48h, PO), desametasone (0,1-0,2 mg/kg/24-72h, PO), il triamcinolone (0,1-0,2 mg/kg/24-72h, PO), metilprednisolone acetato per uso deposito (Depo Medrol®) (20 mg/gatto/3 setttimane, SC) od in alterativa di composti alchilanti come il chloranbucile (0,1-0,2 mg/kg/24-48h, PO) La terapia è in genere efficace e la risoluzione delle lesioni relativamente rapida sebbene siano frequenti le recidive. L'ulcera indolente è la forma più resistente alla terapia antinfiammatoria. Nel caso siano presenti infezioni batteriche evidenti e ogni volta che non viene individuata una causa allergica è buona norma intraprendere una terapia con antibiotici ad ampio spettro come per esempio amoxicillina-ac. clavulanico (15 mg/kg/12h), cefadroxil (22mg/kg/12h) o enrofloxacina (5mg/kh/24h).
La durata della terapia immunosoppressiva con i glucocorticoidi deve essere monitorata allo scopo di riconoscerne tempestivamente gli effetti collaterali ed evitarli riducendone la dose giornaliera cercando di somministrare la quantità minima efficace del farmaco. In caso di apparente guarigione il trattamento deve essere sospeso gradualmente. L'uso dei prodotti ad uso deposito è sconsigliabile, ma nel caso di soggetti che non accettano la somministrazione PO è l'unica soluzione al problema. Gli effetti collaterali in questo caso sono più marcati e le somministrazioni ripetute per lungo espongono i gatti a rischio di diabete mellito.
Il chlorambucile (Leukeran®) è un derivato delle mostarde azotate ed ha proprietà antimitotiche. Come ovvio è un farmaco molto teratogeno e può essere causa di infertilità permanente se somministrato in pazienti giovani. L'effetto collaterale più importante è la depressione dell'attività midollare con sintomi quali: anemia, leucopenia e trombocitopenia. Tale depressione può essere molto duratura ed i soggetti sono a rischio di infezioni da germi opportunisti ed altro (haemobartonellosi, toxoplasmosi etc), per questo motivo in alcuni casi è conveniente somministrare ciclicamente antibiotici ad ampio spettro (per es. un ciclo di doxiciclina, 2-3 settimane di riposo, ampicillina-clavulanato etc).

Gruppo Pemfigo

Il gruppo Pemfigo é un complesso di rare malattie autoimmuni che colpisce tutti i mammiferi. Queste dermatopatie sono caratterizzate dalla comparsa di pustole e vescicole (pemphyx=bolla) causate dalla mancanza di coesione tra i cheratinociti che é definita come: acantolisi. Il processo dell'acantolisi non é stato del tutto chiarito, ma le conoscenze attuali sulla malattia permettono di ipotizzare che un difetto della sorveglianza immunitaria nei confronti dei componenti della desmogleina sia alla base della formazione delle vescicole. 
Le forme di pemfigo più comuni sono tre: il P. fogliaceo, il P. eritematoso ed il P. Vulgaris. Le manifestazioni cliniche e la gravità della malattia sono diverse tra le tre varianti e sono brevemente descritte di seguito.
Pemfigo foliaceo
E' la forma più comune del gruppo. La pustola si forma nello strato granuloso dell'epidermide. Sono state riconosciute tre forme: a) idiopatica, b) da farmaco e c) con anamnesi di dermatiti croniche (allergiche in genere). Viene osservato con maggior frequenza del Chow Chow, Akita, Bassotto tedesco, Terranova, Doberman e Bearded collies. La media di esordio della malattia é circa 4 anni.
Le lesioni sono di tipo eritematoso e pustolo-crostoso. Le aree più colpite sono la faccia, gli orecchi, piedi, cuscinetti plantari e con il tempo tutto il corpo. Nel gatto con frequenza vengono colpiti il letto ungueale e i capezzoli. Le pustole si rompono velocemente e lasciano il posto a papule ricoperte da croste giallo miele. L'andamento della malattia é vario, con remissioni e recidive che si alternano, per motivi spesso imprecisati e con gravità variabile, da caso a caso. 
Nel cavallo e capra i sintomi sono simili ed il trattamento identico.
Pemfigo eritematoso
E' la forma più benigna del gruppo e forse rappresenta una forma intermedia tra il pemfigo foliaceo ed il Lupus eritematoso discoide. E' la forma di pemfigo che viene più facilmente aggravata dalla luce ultravioletta. Le lesioni sono di tipo eritematoso-crostoso, generalmente non é possibile vedere ad occhio nudo le pustole. Le are più colpite sono il dorso del naso e gli orecchi. Il piano nasale si depigmenta con facilità. Raramente vengono osservate lesioni in altre aree. I Collie e i Pastori tedeschi sembrano i più colpiti da questa forma.
Pemfigo vulgaris
E' molto raro e ha un'incidenza inferiore allo 0,1% dei casi dermatologici. La formazione della vescicola avviene immediatamente al di sopra dello strato basale dell'epidermide e pertanto la perdita di tessuto e quindi di protezione é molto importante. La malattia é quindi di tipo vescicolo-bolloso e ulcerativo. Le aree coinvolte sono il cavo orale, le giunzioni mucocutanee, i cuscinetti plantari e altre aree sottoposte a stress. Possono essere osservate paronichia e onicomadesi. 
Gruppo Lupus eritematoso
E' una rara malattia autoimmune che colpisce l'uomo, il cane, il gatto, il cavallo ed altri mammiferi e che può coinvolgere molti organi. Nel cane e gatto sono riconosciute tre principali forme il Lupus eritematoso sistemico, il Lupus eritematoso cutaneo ed il Lupus eritematoso discoide. Nel cane è stata riconosciuta negli ultimi anni una forma denominata, come nell'uomo, L. E. cutaneo esfoliativo precedentemente chiamata Dermatosi lupoide ereditaria del Bracco tedesco.
Eziopatogenesi
L'eziologia è multifattoriale e a) la predilezione genetica, b) l'alterazione della funzione immunitaria (come per esempio deficienza delle T cell, iperattività B cell e deficit di alcune frazione del complemento), c) le infezione virali, d) i disturbi ormonali e e) l'esposizione alla luce ultravioletta giocano un ruolo importante. Infine sembra che i farmaci e le vaccinazioni con virus vivi attenuati possano precipitare o esacerbare la malattia. L'origine del processo è il danno cellulare e la liberazione di polipeptidi di origine nucleare (istoni) che vengono riconosciuti come antigeni. I danni tissutali che si stabiliscono in corso di LE sono causati da Ipersensibilità di tipo III nei confronti di questi "self" antigeni con la formazione di anticorpi antinucleo (ANA). Nelle fasi attive della malattia è presente una marcata depressione dell'attività dei linfociti CD8+ (T suppressor). 
In particolare per ciò che riguarda il LE cutaneo e discoide la patogenesi supposta è la seguente:
A) Penetrazione dei raggi UVB e UVA a livello della membrana basale;
B) Aumento dell'espressione dell'ICAM-1 e di autoantigeni che originano dal nucleo dei cheratinociti;
C) Anticorpi specifici per tali antigeni, presenti in circolo o negli spazi intercellulari, aderiscono ai cheratinociti ed inducono citotossicità (Ipersensibilità di tipo III);
D) I cheratinociti danneggiati liberano IL-1, IL-2, IL-6, TNF-a che attirano in loco i mononucleati. Con l'avanzamento del danno cellulare aumenta la liberazione di anticorpi antinucleo (ANA), l'attività B cell e la deposizione di complessi immuni. Infine viene attivata in maniera impropria l'apoptosi dei cheratinociti.
L.E. sistemico
Le razze più colpite sembrano il Pastore tedesco, il Collie, lo Shetland sheepdog ed il Barbone. I maschi sembrano più colpiti delle femmine. I sintomi possono essere molti, ma difficilmente sono presenti contemporaneamente e l'evoluzione è quella di una malattia cronica e subdola. Nella gran parte dei casi vengono osservati segni o sintomi singoli in varia successione nel tempo. I sintomi classici sono:
· Febbre 100%
· Poliartrite non erosiva 90%
· Glomerulonefrite 65%
· Lesioni dermatologiche 60%
(alopecia, eritema, erosioni e ulcere del cavo orale, giunzioni mucocutanee, orecchi e aree dove la pelle è più sottile: ascelle, inguine. Ipercheratosi dei cuscinetti plantari)
· Linfoadenopatia e splenomegalia 50%
· Miosite e megaesofago 8%
· Pleuropericardite 8%
· Disturbi del SNC (convulsioni, psicosi, meningiti) e/o polineurite 2%

Diagnosi
E' forse una delle diagnosi più difficili da emettere e le malattie da prendere in considerazione in diagnosi differenziale sono moltissime comprese malattie parassitarie come la leishmaniosi.
In sintesi i rilievi ematochimici più importanti sono:
Anemia emolitica con reticolocitosi, e trombocitopenia, leucopenia (linfopenia), proteinuria, eventuali aumenti di concentrazione di urea e creatinina; elevate attività degli enzimi epatici; iperproteinemia, aumento delle frazioni b e g dell'elettroforesi, elevate concentrazioni di ANA. Deve essere considerato che queste anomalie non sono specifiche e che anche alte concentrazioni di ANA possono essere rilevate in corso di leishmaniosi etc.
La biopsia cutanea o renale ed la presenza di cellule LE nel sangue possono aiutare a confermare la diagnosi.
L.E. cutaneo
Si intende per tale la sola manifestazione dermatologica con apparente assenza di sintomi sistemici.
La diagnosi si stabilisce per esclusione perché nel LE la dermatopatia può assumere nel tempo varie caratteristiche. La diagnosi differenziale deve essere posta con: le dermatopatie a sfondo seborroico, le follicoliti, le dermatofitosi, la demodicosi, l'ipersensibilità ai cibi, la scabbia, il pemfigo vulgaris, il pemfigoide bulloso, l'epidermoli bullosa, l'eritema multiforme, l'eritema necrolitico superficiale, la leishmaniosi, il linfoma epiteliotropo.
I segni dermatologici sono: la seborrea, l'alopecia, l'eritema diffuso o localizzato, occasionalmente marcato edema ed eritema del muso, pioderma intrattabile, ulcerazioni del cavo orale, giunzioni mucocutanee, ascelle, inguine, palpebre, naso, orecchi e cuscinetti plantari. Nelle fasi croniche si osserva ipercheratosi dei cuscinetti plantari. Le lesioni erosive/ulcerative nei casi più gravi possono essere presenti in tutte le aree sottoposte a traumi anche minimi. 
L.E. cutaneo esfoliativo (Dermatosi lupoide ereditaria del Bracco tedesco)
E' una malattia molto rara descritta solo in alcune linee di sangue del Bracco tedesco. La sintomatologia ha esordio variabile dai sei mesi ai tre anni di età ed caratterizzata da una dermatite esfoliativa e crostosa che inizia dalla testa ed arti per poi generalizzare. La linfoadenopatia e la febbre possono accompagnare la malattia. Il profilo ematologico e biochimico possono mettere in evidenza neutrofilia e ipergammaglobulinemia
L.E. discoide
E' la forma più benigna del LE e l'evidenza clinica conferma il ruolo importante dei raggi UVB e UVA nel determinismo della sintomatologia. Le razze più colpite sono il Pastore tedesco, il Collie, lo Shetland sheepdog, il Bracco tedesco e Siberian Husky.
I segni dermatologici inizialmente sono la depigmentazione, l'eritema e la comparsa di croste sul naso, con il tempo, l'eritema si aggrava e compaiono le ulcerazioni che possono coinvolgere tutto il piano nasale sino a esporre la cartilagine. Eritema e le ulcerazioni colpiscono con frequenza gli orecchi e i genitali, molto più raramente altre aree.


Trattamento delle malattie immunomediate e autoimmuni

NB I farmaci trattati di seguito sono usati per la terapia di tutte le malattie di questo gruppo. Le considerazioni sul trattamento delle dermatopatie sono dettate solo dalla loro maggior frequenza rispetto alle altre.

I glucocorticoidi

La terapia cardine di questo gruppo di malattie si basa sulla somministrazione a dosi immunosoppressive di glucocorticoidi per uso sistemico. In associazione possono essere applicate creme od unguenti sulle aree glabre a base di potenti cortisonici. I glucocorticoidi risultano efficaci con vari meccanismi che riducono la risposta umorale e cellulomediata, la capacità fagocitaria e l'inibizione della produzione dei mediatori dell'infiammazione. Le capacità antinfiammatorie e immunosoppressive dei glucocorticoidi di sintesi sono legate in gran parte 1) alla loro capacità di legarsi solo parzialmente con i carrier come la "corticosteroid-binding globulin" e l'albumina; 2) alla via di somministrazione e 3) all'idrosolubilità. I cortisonici per uso orale sono basi libere o esteri e vengono rapidamente assorbiti. Quelli per uso parenterale (IM, SC) sono generalmente esteri di acetato o diacetato e acetonide che sono relativamente insolubili, vengono scarsamente assorbiti e pertanto rilasciati lentamente in circolo. Al contrario, gli esteri di fosfato o succinato sono idrosolubili e rapidamente assorbiti (IM, SC; EV). 
Le molecole utilizzabili sono le seguenti (nel gatto le dosi devono essere raddoppiate): 
- prednisone o prednisolone o metilprednisolone alla dose di 2,2-4,4 mg/kg/24h PO
- triamcinolone alla dose di 0,2-0,6 mg/kg/24h PO
- desametasone alla dose di 0,2-0,4 mg/kg/24h PO 

Nelle presentazioni cliniche molto gravi può essere utile iniziare la terapia usando per via endovenosa 
- prednisolone sodio succinato 10 mg/kg/24h o
- il desametasone 1 mg/kg/24h per due-tre giorni per proseguire successivamente la terapia con prodotti per via orale. 

Gli effetti collaterali più frequenti con quest'ultimo protocollo sono le gastriti ulcerose che possono essere prevenute usando omeprazolo, anti H2, sucralfato etc.
Queste dosi sono da considerarsi solo indicative e la quantità di farmaci da somministrare deve essere variata in base alla gravità del quadro clinico e del suo decorso.
In linea di massima nelle fasi iniziali del trattamento le dosi possono essere anche raddoppiate nei casi gravi di P. vulgaris, fogliaceo e Pemfigoide bolloso. Nel gatto sembra che il prednisone/prednisolone non riesca a controllare efficacemente le malattie autoimmuni e sia preferibile somministrare il triamcinolone alla dose iniziale approssimativa di 0,8 mg/kg/12-24h. Dopo 10-15 giorni di terapia, in particolare se la remissione dei sintomi è soddisfacente, la dose giornaliera deve essere diminuita progressivamente nell'arco di 30-40 giorni sino a somministrare un'ideale dose di 0,5-1 mg/kg/24-48h di prednisone o prednisolone o metilprednisolone. Tra questi tre glicocorticoidi il metilprednisolone è quello con minor attività mineralcorticoide e, sebbene storicamente gli vengano preferiti gli altri due, sarebbe il farmaco con meno effetti collaterali. Il desametasone ed il triamcinolone sono cortisonici molto potenti, con attività mineralcorticoide pressoché nulla, ma la loro somministrazione provoca una marcata inibizione dell'asse ipofisi-surrene e dovrebbero essere usati solo inizialmente nell'induzione della terapia immunosoppressiva per poi essere sostituiti dalle altre molecole. In qualche soggetto può essere conveniente, in caso di sospetta perdita di efficacia del prednisone-olone, somministare le dosi equivalenti di desametasone o triamcinolone. Considerando che la durata dell'azione è di 12-24 ore per prednisone-olone e metilprednisolone e 36-48 ore per desametasone e triamcinolone, allo scopo di ridurre in generale gli effetti collaterali ed in particolare limitare l'inibizione dell'asse ipofisi-surrene, è auspicabile nella fase di mantenimento somministrare i primi almeno ogni 24-48 ore ed i secondi ogni 48-72 ore. Circa il 30-40% dei soggetti trattati con prednisone e prednisolone manifestano segni di iperadrenocorticismo in breve tempo. La percentuale scende al 10% se usato il metilprednisolone. Gli effetti collaterali sono molti: la poliuria/polidipsia, la polifagia, l'atrofia muscolare, l'addome pendulo, l'alopecia bilaterale, la calcinosi cutanea, la gastrite ulcerosa, le coliti, la lassità dei legamenti (crociati in particolare), la difficoltà nella cicatrizzazione, la formazione di comedoni, la glicogenosi epatica, la pancreatite acuta, le infezioni urogenitali, le infezioni da germi e parassiti opportunisti (demodicosi, toxoplasmosi). Nel caso di somministrazioni ripetute per via SC non è infrequente la comparsa di moderata o marcata atrofia cutanea dell'epidermide associata ad alopecia. Questo effetto indesiderato viene osservato più di frequente nella razze toy ed in quelle con epidermide sottile (per es. Yorkshire T., barboncini, Lhasa Apso, Shih Tzu, Pincher, Chihuahua etc ). La comparsa degli effetti collaterali è rapida, ma la loro importanza è in funzione non solo della dose, della durata della terapia, ma della tolleranza individuale. La specie felina è molto meno sensibile del cane al glucocorticoidismo, ma è a maggior rischio di diabete mellito.
La terapia locale viene eseguita come unica forma di trattamento o associata con gli altri imunosoppressori per via sistemica. Inizialmente è preferibile applicare i cortisonici più potenti in gel o pomate come per es.: 0,1% amcitononide, 0,05% fluocinonide, 0,015% triamcinolone acetonide, betametasone valenarato etc sino a risoluzione delle lesioni e successivamente l'Idrocortisone 1% come mantenimento. I glucocorticoidi per uso locale vengono scarsamente assorbiti, ma possono provocare gravi atrofie cutanee e della porzione cartilaginea dei padiglioni auricolari Le conseguenze dell'applicazione prolungata possono essere rappresentate da lacerazioni e ulcere che non tendono alla guarigione e ripiegamento mediale dei margini delle orecchie.
In linea generale le malattie autoimmuni, come per es. il P. foliaceo, sono ben controllate con la somministrazione dei soli glucocorticoidi nel 35% circa dei casi e circa il 10% dei soggetti trattati (indipendentemente dai farmaci usati) hanno remissioni stabili. I soggetti che rispondono rapidamente (10 giorni circa) alla terapia immunosoppressiva sono quelli che hanno prognosi più favorevole.
Nel caso del P. fogliaceo, che è la malattia dermatologica forse più frequente, circa il 60% dei casi trattati muoiono in seguito alla malattia, agli effetti collaterali dei farmaci o sono sottoposti ad eutanasia per volere dei proprietari.
In linea di massima la sopravvivenza sembra essere associata all'uso profilattico di antimicrobici durante le fasi di iniziali di trattamento e alla individuale comparsa dei minori effetti collaterali conosciuti. Non sono state osservate differenze in termini di sopravvivenza tra il trattamento con i soli glucocorticoidi o se in combinazione con l'azathioprina o chloranbucile.

L'azatioprina 

E' un precursore della 6-mercaptopurina ed è un potente immunosoppressore con spiccata capacità inibitoria nei confronti della linfoblastogenesi dei linfociti Th. L'azione più spiccata consiste nella riduzione della produzione di anticorpi dipendente dai linfociti Th. Può essere l'unica forma di terapia nel gruppo pemfigo o meglio essere usata in associazione ai glucocorticoidi. E' controindicata nel gatto perché risulta gravemente mielosoppressiva. La dose da somministrare è di 1,5-2,5 mg/kg/24-48h PO in associazione o no con prednisone o prednisolone alla dose di 1 mg/kg/24-48h PO. Al contrario della terapia con i glucocorticoidi, all'inizio della terapia l'azatioprina deve essere somministrata alla dose più bassa e poi aumentata se gli effetti collaterali non sono marcati ed il profilo ematologico e biochimico non sono marcatamente alterati. Il tempo di latenza del farmaco è di circa 4-8 settimane, dopo questo periodo, se i sintomi sono regrediti la dose può ridotta progressivamente. A causa del lungo tempo di latenza non è un farmaco molto utile nell'induzione della remissione, ma piuttosto una molecola da somministrare nella fase di mantenimento. Alcuni soggetti tollerano molte bene il farmaco e possono essere trattati per lunghissimi periodi senza molti problemi. Gli effetti collaterali sono: il vomito, la diarrea, l'epatotossicità transitoria, la mielosoppressione (leucopenia, linfopenia, anemia e trombocitopenia) e l'aumentata suscettibilità alle infezioni (demodicosi/dermatofitosi nel 10% circa dei casi). La diarrea in alcuni casi scompare con la riduzione della dose, ma in altri può essere grave, emorragica ed è necessario sospendere la terapia. La linfopenia si stabilisce in quasi tutti i soggetti trattati, ma raramente è così grave da impedire il proseguimento della terapia. Considerazioni aneddotiche consigliano addirittura di aumentare la dose di azathioprina se non si osserva linfopenia, perché la mancanza di questo effetto indesiderato potrebbe essere indice di insufficiente immunosoppressione. I controlli dei profili ematologico e biochimico devono essere effettuati ogni due settimane inizialmente ed ogni 1-2 mesi in assenza di effetti collaterali evidenti.

Chloranbucile

E' un'agente alchilante simile alla ciclosfamide, ma meno attivo e meno tossico, in grado inibire la linfoblastogenesi e la produzione anticorpale. Nel gatto il chloranbucile è l'alternativa obbligatoria all'azatioprina (vedi sopra), mentre nel cane la scelta tra i due farmaci rimane facoltativa. Anche il choranbucile ha un lungo periodo di latenza e non può essere usato come unico farmaco nella fase d'induzione, pertanto è consigliabile somministrarlo associato ai corticosteroidi, alla dose di 0,1-0,2 mg/kg/24-48h PO. Gli effetti collaterali sono rappresentati da mielosoppressione, anoressia, vomito, diarrea, e defluvio telegenico marcato in particolare nelle razze a pelo lungo (per es. Barboncini, Terriers). In alcuni soggetti, come nel caso della ciclofosfamide, può essere causa di cistite emorragica (vedi trattamento nel paragrafo "Ciclofosfamide".

L'associazione tetraciclina-niacinamide

Questa terapia combinata trova impiego nel trattamento di alcune malattie autoimmuni e immunomediate tra cui il gruppo pemfigo e il L.E. discoide, l'onicodistrofia lupoide, la fistola metatarsale del Pastore tedesco, la sindrome granuloma-piogranuloma sterile etc. E' utile in particolare come terapia aggiuntiva e/o di mantenimento. Nella pratica clinica con questa strana combinazione di farmaci si cerca di limitare l'uso degli altri farmaci che hanno un corteo di effetti collaterali molto importanti. Tra le affezioni del gruppo pemfigo, il P. eritematoso è quella che più delle altre risponde all'associazione tetraciclina (o doxiciclina)-niacinamide (altrimenti denominata nicotinamide o vit PP). Le tetracicline possiedono proprietà antinfiammatorie: riducono l'attivazione del complemento, la produzione anticorpale, la chemiotassi dei polimorfonucleati, la sintesi delle prostaglandine, delle lipasi e fosfolipasi delle cellule infiammatorie. La niacinamide inibisce la degranulazione dei mastociti e l'attività delle fosfodiesterasi. Le dosi consigliate sono 500 mg di tetraciclina e 500 mg di niacinamide/8h PO per i cani di peso superiore a 10 kg e la metà per quelli di peso inferiore. Nel caso si preferisca somministrare doxiciclina la dose consigliata è di 10-15 mg/kg/12h. La risposta clinica è lenta ed è necessario un periodo di latenza di circa 1 mese prima di osservare la remissione dei sintomi. Per questo motivo è preferibile ottenere il miglioramento clinico con gli altri farmaci immunosoppressori ed introdurre questo protocollo di terapia prima di interrompere l'eventuale somministrazione dei glucocorticoidi o azatioprina o chloranbucile. Gli effetti collaterali sono l'anoressia, il vomito, la diarrea e l'aumento dell'attività degli enzimi epatici. In alcuni casi è stato dedotto che la comparsa degli effetti collaterali era legata alla niacinamide, perché con la somministrazione delle sole tetracicline molti degli effetti indesiderati tendevano a scomparire. Anche per l'associazione tetraciclina-niacinamide la riduzione e la sospensione della somministrazione devono essere decisi in base alla comparsa di effetti collaterali intollerabili e nel caso di guarigione completa per un periodo soddisfacente.

Sali d'oro

I Sali d'oro hanno molte proprietà immunomodulatorie, ma tutt'ora molte di queste non sono del tutto comprese. Possono essere somministrati per via orale (auranofin 29%) o parenterale (aurothioglucosio 50%). La seconda formulazione sembra più efficace. Questi composti dovrebbero essere usati nel caso di insuccesso terapeutico di glucocorticoidi e azathioprina o chloranbucile, in particolare nella fase iniziale della terapia. Le indicazioni sono il P fogliaceo, vulgaris e il Pemfigoide bolloso. Gli effetti collaterali non sono frequenti e sono la trombocitopenia temporanea, la nefrotossicità, l'epatotossicità, il dolore nel sito di inoculo ed in alcuni casi la TEN, in particolare se questa non è stata sospesa almeno da un mese o se somministrata in associazione con l'azathioprina. Nel caso della somministrazione per via orale l'emivita del farmaco è relativamente breve, mentre nel caso della somministrazione intramuscolare l'emivita è lunga a causa della capacità di questa molecola di legarsi alle proteine plasmatiche. Il periodo di latenza può essere molto lungo: 6-12 settimane.
Le dosi consigliate sono 0,1-0,2 mg/kg/12h PO o nel caso della somministrazione intramuscolare 1 mg/5kg/7gg per 10 settimane, poi mensilmente se è stata osservata la remissione della sintomatologia. 

Ciclosporina A

La ciclosporina agisce con un meccanismo d'azione non del tutto spiegato. Una volta assorbita si lega con i recettori intracellulari delle cellule T ed in particolare con la ciclofilina. Il complesso ciclosporina-ciclofilina impedisce il processo di trascrizione dell'interleukina 2 e l'a-interferone inibendo l'attivazione delle cellule T helper e dei linfociti T citotossici. In sequela indirettamente sono inibite le produzioni di altre citokine incluse l'IL-3,IL-4, IL-5, il TNFa e il g-interferone. L'indice terapeutico della ciclosporina è basso: ad alte dosi è tossica e a basse dosi è inefficace. L'assorbimento, distribuzione e metabolismo del farmaco possono essere diversi da soggetto a soggetto e cambiare nell'arco del tempo nello stesso individuo. 
Le moderne formulazioni microincapsulate permettono una loro migliore biodisponibilità ed una migliore apparente efficacia nel trattamento delle malattie immunomediate. La biodisponibilità è comunque bassa e l'assorbimento intestinale varia dal 15 al 60% della dose somministrata. Il farmaco è altamente lipofilo e la capacità intestinale di assorbimento aumenta se assunto con pasto grasso. Tutte le malattie gastroenteriche e la deficiente produzione di bile non permettono l'assorbimento ideale della ciclosporina. Il farmaco è metabolizzato dal sistema enzimatico microsomiale P-450 della mucosa intestinale (vedi scarsa biodisponibilità) ed epatico. I metaboliti vengono eliminati con le feci, bile e urina. La concentrazione ematica aumenta con il tempo in seguito alla saturazione dei tessuti ed all'accumulo nel grasso sottocutaneo. Nell'uomo, in particolare nei pazienti trapiantati, la concentrazione ematica viene costantemente monitorata per evitare pericolosi accumuli o aggiustare la dose giornaliera nel caso di insufficiente concentrazione (ottimale 250-500 ng/ml). Le indicazioni in medicina veterinaria sono la dermatite atopica, le fistole perianali, e esistono indicazioni aneddotiche da verificare sull'efficacia nel trattamento della dermatomiosite, sindrome granuloma-piogranuloma, complesso granuloma eosinofilico, LE discoide e gruppo pemfigo. La dose di farmaco consigliata è di 10 mg/kg/24h PO nel cane e 10 mg/kg/12h PO nel gatto. Molti farmaci interferiscono aumentando o diminuendo l'assorbimento intestinale o il metabolismo della ciclosporina. Per esempio la somministrazione contemporanea di vit E alla dose di 200-400 mg/24h PO o di succo di pompelmo è in grado di ridurre l'attività degli enzimi microsomiali dipendenti dalla P-450 dell'orletto a spazzola dell'intestino e favorire indirettamente l'assorbimento del farmaco. Il ketoconazolo, il fluconazolo, l'itraconazolo, l'eritromicina, la doxiclina, il metilprednisolone interferiscono con il metabolismo epatico della ciclosporina riducendone la clearance prolungandone l'emivita. Il ketoconazolo somministrato a basse dosi (5 mg/kg/24h PO) insieme alla ciclosporina permette di dimezzarne la quantità giornaliera con notevole risparmio per il proprietario.
Gli effetti collaterali sono rappresentati dal vomito e diarrea, iperplasia gengivale, papillomatosi, aumentata suscettibilità alle infezioni e malattie parassitarie (per es. toxoplasmosi) e nefrotossicità. Infine la ciclosporina inibisce la pompa della p-glicoproteina ed espone i soggetti trattati agli effetti indesiderati delle avermectine.

Tacrolimus

E' un farmaco macrolide prodotto dallo Streptomyces tsukabaensis. Agisce in maniera simile alla ciclosporina inibendo la risposta T-cell agli antigeni, la produzione di interleukine e la risposta delle T-cell a queste ultime. Inoltre inibisce la produzione di IFN-g, TNF-a e GM-CSF. Infine ha la capacità di deprimere la risposta dei mastociti, basofili, eosinofili, cheratinociti e cell. di Langerhans. Quest'ultima attività è molto importante nella dermatite atopica perché altera la presentazione degli allergeni delle cellule presentanti antigene, modificandone l'espressione per i recettori ad alta affinità (FceRI) delle IgE Nel cane la formulazione per via orale sembra essere tossica e viene usata solo la formulazione per via topica allo 0,1%.
Nel trattamento della dermatite atopica, il tacrolimo è efficace nel controllo dei casi con manifestazioni localizzate, è meno dispendioso e meno tossico della ciclosporina.
Esistono evidenze della sua efficacia nel trattamento del P. Eritematoso e L.E. discoide come unica forma di trattamento (6/8 casi che hanno risposto al trattamento con solo tacrolimus).
Nei pochi casi di cui si ha notizia non è stato osservato nessun effetto collaterale, il prodotto non è atrofogenico e non sembra che esista una relazione tra concentrazione ematica ed efficacia clinica perlomeno nel caso dell'uso per via topica.

Mycophenolato mofetil

Riduce l'attività dei linfociti e della produzione di anticorpi inibendo la sintesi della guanosina. I linfociti sono i maggiori utilizzatori della guanosina e pertanto questo farmaco è relativamente poco dannoso per l'attività delle cellule di altri tessuti. Viene usato nell'uomo in molte malattie autoimmuni della pelle. Nel cane studi recenti hanno mostrato un'efficacia di circa il 50% delle affezioni del gruppo pemfigo e anche questo farmaco probabilmente può essere usato associato ai glucocorticoidi allo scopo di ridurne la dose. Dose consigliata: 22-39 mg/kg/24h PO divise in tre somministrazioni.
Gli effetti collaterali riconosciuti sono la mielosoppressione, linfopenia, anoressia, diarrea, vomito, epato-pancreotossicità, suscettibilità a infezioni e parassitosi.

Immunoglobuline (IgG) umane

Sono usate nella medicina dell'uomo come coadiuvanti del trattamento delle malattie immunomediate ed autoimmuni. Nel cane sono state usate con qualche successo nell'anemia emolitica autoimmune, nel Gruppo eritema multiforme, P. fogliaceo e vulgaris, Pemfigoide bolloso, Epidermolisi bollosa acquisita, Dermatomiosite e orticaria cronica. Vengono somministrate per via endovenosa e si pensa che risultino efficaci per la proprietà che hanno le IgG di legarsi con la loro porzione Fc ad autoantigeni formando immunocomplessi che vengono poi eliminati, soppressione anti-idiotipica della produzione di autoanticorpi, inibizione del danneggiamento operato dal complemento, modulazione della produzione di interleukine, blocco dei recettori superficiali (FAS) della morte cellulare.
Dose suggerita: 1-2 gr/kg IV in 6-12 ore una sola volta o per due giorni. La remissione della sintomatologia può essere duratura nel caso della TEN e temporanea negli altri casi. Gli effetti collaterali osservati nell'uomo: mal di testa, mialgia, nausea, tachicardia, reazioni anafilattiche.

Ciclofosfamide

E' un derivato delle mostarde azotate la cui attività immunosoppressiva è stata scoperta durante la prima guerra mondiale con l'uso dei gas tossici. Agisce come un'agente alchilante interferendo con la duplicazione del DNA e trascrizione dell'RNA. E' un farmaco molto usato in tutte le forme di linfoma e come immunosoppressivo per la capacità che ha di inibire la linfoblastogenesi in particolare dei linfociti Th2. Questa attività ha come effetto la riduzione della formazione di anticorpi. Il farmaco è ben assorbito per via orale, ma ha scarsa affinità per le proteine carrier, viene rapidamente distribuito in tutto l'organismo e metabolizzato a livello epatico. Passa facilmente la barriera ematoencefalica, la placenta e viene eliminata anche con il latte. Le indicazioni principali sono il trattamento dell'anemia emolitica e trombocitopenia autoimmune, il LES, il complesso pemfigo e il Pemfigoide bolloso. La dose da somministrare è di 50 mg/m2 o 2,2 mg/kg per quattro giorni consecutivi la settimana per uno-tre cicli di terapia. La durata dei cicli di trattamento deve essere stabilita da caso a caso monitorando con frequenza settimanale il profilo ematologico. Gli effetti collaterali principali sono l'intensa mielosoppressione, il vomito e la diarrea, l'alopecia nelle razze con continua crescita del manto (barboncini, bobtail) e la cistite emorragica sterile che è un caratteristico effetto indesiderato di questo farmaco. La cistite è causata da un metabolita tossico chiamato acroleina il cui antidoto è il Mesna con cui si forma un composto stabile non tossico. In alternativa, oltre all'immediata sospensione della somministrazione del farmaco, la cistite può essere trattata con corticosteroidi e con la somministrazione endovescicale di DMSO al 25%.

Vincristina

E' un alcaloide della Vinca rosea ed ha attività antimitotica diretta, inibisce la sintesi delle purine e l'utilizzo dell'ac. glutammico limitando il metabolismo degli aminoacidi. Viene somministrata per via endovenosa e si lega per il 75% alle proteine dei tessuti, non oltrepassa la barriera ematoencefalica e viene metabolizzata a livello epatico. Nel LES viene usata in particolare nei casi di trombocitopenia autoimmmune grave alla dose di 0,01-0,025 mg/kg EV una volta alla settimana per più volte sino a ottenere conteggi delle piastrine superiori a 150.000 mm3. Gli effetti collaterali più frequenti sono la leucopenia, sintomi neurologici come la diminuzione della propriocezione ed il rallentamento della peristalsi intestinale (costipazione). Un'attenzione particolare deve essere posta sulla somministrazione endovenosa che deve essere eseguita alla perfezione tramite agocannula in teflon, evitando che il farmaco fuoriesca dal vaso venoso dove può provocare grave necrosi locale ed ulcerazione secondaria. L'operatore nelle fasi di preparazione del farmaco deve coprirsi gli occhi con occhiali e le mani con guanti, deve iniettare il farmaco lentamente e una volta esaurita la vincristina, deve iniettare abbondante soluzione fisiologica allo scopo di allontanare dal sito d'inoculo tutto il farmaco eventualmente accumulato.

Vit E

La vit E ha molte proprietà tra cui quella di interferire positivamente con il metabolismo cellulare dello zolfo, di stabilizzare le membrane lisosomiali proteggendole dai radicali liberi ed ha capacità immunomodulatrici favorendo: la linfoblastogenesi, limitando la chemiotassi dei neutrofili e macrofagi ed infine limitando l'azione dannosa dell'acido arachidonico e delle prostaglandine. Nel LES e LE discoide sembra che coadiuvi la terapia immunosoppressiva in particolare se somministrata per periodi molto lunghi. La dose da somministrare è di 300-800 UI ogni 12 ore PO somministrandola lontano dai pasti.

Sulfasalazina (Salazopyrin®)

E' il farmaco di scelta nelle coliti infiammatorie e in dermatologia veterinaria è stata usata con un certo successo nel trattamento delle vasculiti neutrofiliche e nella dermatosi pustolosa subcorneale. E' composto da Mesalazina legata a sulfopiridina. Quest'ultima molecola previene l'assorbimento a livello del tenue. I batteri nella parte terminale dell'ileo scindono il legame tra i due composti, la sulfopiridina viene assorbita e sembra avere scarsi effetti terapeutici, mentre la Mesalazina (acido 5-aminosalicilico) agisce topicamente con un meccanismo antiprostaglandinico ed antileucotrienico riducendo la flogosi attraverso l'inibizione: 1) della chemiotassi dei neutrofili, dei macrofagi, 2) della loro citotossicita', 3) della liberazione di istamina da parte delle mast-cell e 4) della produzione anticorpale. Entrambi le molecole sono metabolizzate a livello epatico.
La dose raccomandata è di 20-50 mg/kg fino ad un massimo di 1 gm q8h. La terapia deve essere protratta sino alla scomparsa della sintomatologia e solo in seguito ridotto il dosaggio diluendone le somministrazioni (50% della dose iniziale q12h). L'effetto collaterale più frequente e dannoso è la comparsa della cheratocongiuntivite secca causata da danni diretti della sulfopiridina alle ghiandole lacrimali. Altri effetti indesiderati sono l'anoressia, il vomito, l'ittero e più raramente anemia emolitica.
Mesalazina (Asacol®)- Al fine di ridurre gli effetti tossici della sulfasalazina in seconda istanza e' possibile somministrare la sola Mesalazina che viene fornita in preparati contenenti una resina acrilica che si dissolve a pH 7 liberando il principio attivo a livello dell'ileo. La dose consigliata è di 10-20 mg/kg p.c. q8h PO.

L'olio di cardamo
Notizie aneddotiche ed in parte l'esperienza personale, consigliano la somministrazione di olio di cardamo spremuto a freddo per il trattamento di alcune malattie su base neoplastica ed in particolare nel caso del Linfoma epiteliotropo (micosi fungoide), malattia che difficilmente risponde ai chemioterapici convenzionali. Il successo del trattamento è ovviamente variabile, solo parziale e di durata limitata, ma può aiutare qualche soggetto a condurre una vita di relazione decente per un periodo più prolungato di quanto gli permetterebbe la malattia. Il prodotto può essere acquistato in erboristeria e deve essere somministrato alla dose approssimativa di 3 ml/kg di peso corporeo PO 2-7 volte alla settimana. L'unico effetto collaterale osservato è la diarrea.

L'anemia (trombocitopenia) emolitica autoimmune

Consiste nella distruzione delle membrane eritrocitarie operata da anticorpi che aderiscono sulla superficie dei globuli rossi. Nella gran parte dei casi la causa dell'aggressione autoimmune rimane indeterminata. In alcuni casi la malattia è stata associata a infezioni o somministrazione di farmaci che, in soggetti probabilmente predisposti geneticamente, inducono la produzione di immunoglobuline G e/o M anti-eritrociti. Le manifestazioni cliniche sono varie e possono essere di tipo acuto o subacuto. I sintomi sono variabili ed in fuzione della gravità dell'anemia e delle conseguenze dell'eritrolisi. I proprietari nell'anamnesi riportano semplice depressione del sensorio, debolezza, scarsa resistenza alle basse temperature, anoressia, sino all'emoglobinuria e ittero. Alla visita fisica possono essere rilevati pallore delle mucose, subittero, ittero, febbre, splenomegalia etc. La diagnosi viene confermata attraverso i rilievi dell'esame emocromocitometrico (anemia rigenerativa, ipocromica, macrocitica con marcata anisocitosi), emolisi, emoglobinuria o bilirubinuria ed attraverso la positività al test di Coomb's. Nel caso di trombocitopenia sono osservati anche facilità al sanguinameento, epistassi, petecchie ed ecchimosi delle mucose e aree sottoposte a traumi ed ematuria.
Il trattamento consiste nella somministrazione di farmaci immunosoppressivi per un periodo sufficiente alla risoluzione stabile della sintomatologia. La mortalità è tuttavia alta a dispetto dei trattamenti eseguiti: 30-40%. I farmaci utilizzati sono gli stessi trattati sopra ed in particolare vengono utilizzati i glucocoticoidi, la ciclofosfamide e l'azathioprina. In base alla sintomatologia la terapia può essere più o meno aggressiva; nei casi più gravi può essere somministrato il desametasone EV alla dose di 0,1-0,2 mg/kg/12h per 2-3 giorni e successivamente il prednisone alla dose di 2-4 mg/kg/24 PO sino a risoluzione dell'anemia ed in seguito ridotta la frequenza della somministrazione. Nei casi resistenti deve essere somministrata anche la ciclofosfamide alla dose di 50mg/m2/48h. L'azatioprina anche in questa malattia viene usata in particolare associata ai glucocorticoidi allo scopo di limitarne gli effettti collaterali in particolare per la fase di mantenimento. La terapia trasfusionale con sangue fresco viene eseguita solo in caso di valori di ematocrito molto bassi (<20).


Le malattie infiammatorie croniche del tratto gastrointestinale

Le malattie infiammatorie croniche del tratto gastrointestinale più comuni sono quelle brevemente descritte di seguito. Il loro trattamento è affidato ad un numero relativamente vasto di farmaci da usare in varia combinazione in base 1) alla gravità delle manifestazioni cliniche, 2) alle conseguenze sullo stato di nutrizione del soggetto, ed 3) allo stadio evolutivo della malattia.

La gastroenterite eosinofilica
E' una malattia relativamente frequente caratterizzata da una diffusa o segmentaria infiltrazione di eosinofili in alcune porzioni del tratto gastrointestinale. L'eziologia non é stata del tutto chiarita e nella gran parte dei casi la causa primaria rimane indeterminata, ma é stato ipotizzato ed indirettamente provato che forme di allergia a cibi e le larve migranti di Toxocara canis ne siano i probabili responsabili. La malattia colpisce tutte le razze e la gravità dei sintomi dipende dalla combinazione dei tratti del tubo gastroenterico affetti e dal grado di infiltrazione del tessuto intestinale. Nella forma intestinale i sintomi predominanti sono la diarrea ed il vomito saltuario. Nel caso sia colpito anche il grosso intestino la diarrea diviene muco sanguinolenta. Dal punto di vista clinico i rilievi sono i soliti delle altre enteriti e la diagnosi anche in tal caso é difficile perché e' impossibile differenziare questa forma dalle altre enteriti croniche del piccolo intestino. La diagnosi può essere emessa attraverso l'analisi istologica delle biopsie intestinali e i cambi della dieta.

L'Enterite, gastro-entero-colite linfoplasmacellulare
E' l'enterite cronica più comune del cane e gatto ed e' caratterizzata da diarrea cronica con o senza malassorbimento dei nutrienti e/o proteinodispersione. La malattia può essere idiopatica o secondaria a malattie infettive, parassitosi, sovracrescita batterica intestinale, allergia a cibi, atrofia dei villi e linfangiectasia. I linfociti, le plasmacellule, i neutrofili, gli eosinofili e i macrofagi che sono presenti normalmente nella lamina propria dell'intestino, in questo caso vi si accumulano in quantità abnormi inducendo flogosi. La patogenesi molto probabilmente è di origine immunomediata ed e' causata dalla prolungata esposizione e contatto con la mucosa di antigeni e successiva formazione di immunocomplessi con IgG e IgA nella lamina propria e sottomucosa. Lo stato infiammatorio è provocato da un circolo vizioso che consegue all'attivazione del complemento ed al richiamo continuo di fagociti che liberano in loco enzimi lisosomiali e proteolitici.
La sintomatologia é generica: cachessia, diarrea di vario grado con presenza di muco e/o sangue, tenesmo e vomito saltuario in particolare nei gatti. Alla palpazione dell'addome e' possibile apprezzare le anse intestinali ispessite e a volte i linfonodi meseraici iperplastici. Le analisi di laboratorio possono evidenziare anemia ipocromica, leucocitosi neutrofilia, ipoproteinemia ed eventualmente tutti i rilievi di una leggera sindrome da malassorbimento.

La colite istiocitaria del Boxer
Il nome della malattia definisce di per se il pattern infiammatorio della lamina propria e mucosa del colon e la razza prevalentemente colpita. L'eziologia è sconosciuta, ma si suppone che risieda in un difetto della tolleranza nei confronti di alcuni agenti infettivi. La sintomatologia è caratterizzata da diarrea frequente, presenza di sangue vivo e muco nelle feci e tenesmo. La diagnosi viene confermata dall'esame istologico delle biopsie intestinali. 

Trattamento

Il trattamento deve essere tanto dietetico che farmacologico. I farmaci a disposizione possono essere usati singolarmente o in associazione in base al miglioramento o no della sintomatologia e alla comparsa degli effetti collaterali. 
La dieta
Devono essere utilizzate diete ipoallergiche visto il potenziale ruolo degli antigeni di origine dietetica (trofoallergeni) come cause primarie o secondarie. Alcune gastro-entero-coliti linfoplasmacellulari possono essere risolte con il solo trattamento dietetico tradizionale a base di pasti contenenti riso e ricotta o agnello, oppure con diete commerciali specifiche che contengono una fonte proteica unica trattata sino a ridurla in particelle non superiori ai 15000 KD (per es. Purina "HA", Hill's Z/D, etc). Le diete ipoallergiche devono sostanzialmente contenere fonti di carboidrati e proteine sconosciute al soggetto ammalato (vedi trial dietetico descritto nel capitolo delle allergie agli alimenti). Molti dei cibi in commercio definiti come ipoallergici contengono agnello, uova, coniglio, cervo o pollo come fonte di proteine, pertanto le diete tradizionali possono utilizzare tali ingredienti ed anche la ricotta o il pesce (solo per i cani) utilizzando come fonti di carboidrati il riso e/o le patate. Nel gatto e' stato sperimentato di grande utilita' la somministrazione di diete ad alto contenuto in fibre (per es. Hill's Prescription diet r/d) o l'additivazione di psyllium (per es. Plantenâ).
Ovviamente se la nuova dieta non fornisce il miglioramento sperato, deve essere intrapresa anche la terapia farmacologica. Comunque sia, se il miglioramento e' perlomeno temporaneo e' possibile che convenga semplicemente cambiare la dieta, poiché alcuni soggetti si sensibilizzano con il tempo ai vari cibi. Così al fine di prevenire questa evenienza la rotazione della dieta dovrebbe essere frequente.
Terapia farmacologica
I farmaci usati sono base di antibiotici con doppio effetto: antibatterico ed antinfiammatorio, corticosteroidi ed altri immunosoppressori. In base al caso, alla gravità della sintomatologia e allo stato generale del soggetto possono essere usate varie combinazioni di farmaci. Per esempio metronidazolo- sali di bismuto nei casi lievi, metronidazolo-prednisone nei casi più seri o quando la prima associazione non è efficace, e metronidazolo-prednisone-azatiopina o metronidazolo- azatiopina nei casi gli effetti indesiderati dei cortisonici siano insopportabili.
Antibiotici:
Metronidazolo (Stomorgyl®, Flagyl®) - Il metronidazolo e' un chemioterapico antiprotozoario efficace anche nei riguardi dei batteri anaerobi. Ha inoltre la proprietà di inibire l'immunità cellulo mediata ed alterare la chemiotassi dei neutrofili. L'assorbimento per via orale è relativamente buono con ampie variazioni individuali. Il farmaco deve esere somministrato con il pasto per favorirne l'assorbimento intestinale. Ha un'ottima distribuzione tissutale e viene rapidamente metabolizzato dal fegato e rene. Non deve essere somministrato in gravidanza ed allattamento ed a soggetti con insufficienza epatica. Gli effetti collaterali, sebbene infrequenti, possono essere seri: letargia, debolezza, anoressia, vomito, diarrea, ematuria, neutropenia ed epatossicità. Il metronidazolo può essere somministrato in combinazione con il prednisone e la sulfasalazina. Alcuni autori suggeriscono di usarlo come unico farmaco alla dose di 10-60 mg/kg /8-12h PO nei casi più lievi associato ai sali di bismuto. Nel caso si desideri usare combinazioni di farmaci e' necessario ridurne le dosi e ben valutare la remissione della sintomatologia.
Tetraciclina, Doxiciclina.
Antinfiammatori
Sali di Bismuto - Il bismuto ha proprietà protettive dirette nei confronti della mucosa gastroenterica, è un debole antibatterico e ha attività antiprostaglandiniche. La via di somministrazione è orale ed il farmaco viene assorbito solo in quantità modestissime. Non sono riportati effetti collaterali, in alcuni casi questi vengono provocati dai sali cui è legato il bismuto nella formulazione farmaceutica. Il bismuto interferisce con la somministrazione delle tetracicline.
Sulfasalazina o Mesalazina (vedi capitolo precedente). Questa terapia può essere usata come unica forma di trattamento o in combinazione con i corticosteroidi ed altri antibiotici in base alla gravità del quadro clinico. L'efficacia è buona ed il periodo di latenza varia da pochi giorni ad un mese. Non è infrequente dover utilizzare le dosi più alte per ottenere un definitivo miglioramento della diarrea e riduzione della proteinodispersione.
Corticosteroidi - Devono essere somministrati nei gatti e nei cani con sintomi seri o quando l'associazione metronidazolo-sali di bismuto non è efficace o come induzione del trattamento. La loro efficacia è legata all'azione antiprostaglandinica, antileucotrienica ed immunosoppressiva. I corticosteroidi inoltre aumentano l'assorbimento di acqua e sodio favorendo la disidratazione delle feci. La dose di prednisone consigliata è di 0,5-2 mg/kg p.c. q24h PO da ridurre eventualmente del 50% dopo 4 settimane di terapia se la sintomatologia regredisce. Nei gatti che manifestano intolleranza gastrica alla somministrazione per os è possibile utilizzare, ma con minor successo, il metilprednisone acetato come prodotto deposito per via iniettabile ogni 2-3 settimane. Nel cane il prednisone può essere associato con la sulfasalazina per ridurne la dose. La terapia deve essere monitorata per verificane l'efficacia e limitarne gli effetti collaterali riducendo la dose a quella minima efficace o sospendendo il trattamento se necessario. 
Immunosoppressori
Azatioprina - E' il farmaco ad attività immunosoppressiva più usato, è un analogo della purina e compete con le purine naturali nella sintesi del DNA e RNA prevenendo la replicazione delle cellule in rapida divisione. Inibisce la proliferazione dei linfociti e dei monociti e viene eliminata per via epatica come 6-mercaptopurina. L'azatioprina viene utilizzata in tutti i casi di insoddisfacente remissione della sintomatologia con gli altri farmaci, la dose consigliata nel cane è di 2 mg/kg p.c. q24h PO. La somministrazione del prodotto può essere protratta per mesi monitorando ogni due settimane i valori dell'esame emocromocitometrico e di ALT, AST, GGT.
Nella specie felina, come descritto in altro capitolo, è consigliabile usare il chloranbucile perché l'azatioprina risulta eccessivamente mielosoppressiva.


Le malattie autoimmuni e immunomediate dei muscoli scheletrici

Polimiosite
E' una malattia immunomediata che colpisce i muscoli striati degli arti e dell'esofago e la cui causa spesso rimane indeterminata. Le malattie parassitarie (la stessa toxoplasmosi), virali, altre malattie autoimmuni (LES, Dermatomiosite), l'assunzione di farmaci (per es. il trimetoprim-sulfadiazina nel Doberman) e neoplasie (malattia paraneoplastica) possono essere le cause predisponenti. L'abnorme risposta infiammatoria è sia di tipo umorale che cellulo-mediata. Non esiste una provata predisposizione di età, sesso e razza, sebbene le femmine di razze giganti di media età sembrino le più colpite dalla malattia. I sintomi sono: depressione, ipertermia, facile affaticabilità, difficoltà alla deambulazione, dolore e iperestesia alla palpazione dei muscoli e occasionalmente rigurgito causato da megaesofago. Dopo la fase acuta della malattia si osserva atrofia muscolare in particolare dei crotafiti e della muscolatura degli arti. La diagnosi viene emessa per esclusione di altre cause, con il rilievo di alte attività degli enzimi muscolari e con l'esame istopatologico delle biopsie.
Miosite dei muscoli masticatori (Miosite eosinofilica dei MM masticatori, Miosite atrofica cronica dei MM masticatori)
Colpisce selettivamente i muscoli masticatori (MM masseteri, pterigoidei e crotafiti). La singolare localizzazione di questa miopatia è correlata al fatto che questi muscoli hanno origine dal mesoderma e non dai miotomi come gli altri muscoli scheletrici. Le miofibre di questi muscoli sono di tipo 1 M e 2 M ed hanno pertanto proteine miofibrillari con proprietà antigeniche proprie e differenti dal resto della muscolatura striata. Nei soggetti con miosite dei muscoli masticatori sono state rilevate in circolo elevate concentrazioni di autoanticorpi antimiofibre di tipo 2 M. L'esordio della malattia sembra possa essere legato ad infezioni batteriche del tratto urinario, della pelle e secondaria lesione delle fibre muscolari presenti in questi siti. Le proteine muscolari liberate dalla flogosi da questi organi o da altri originati dal mesoderma possono indurre la formazione di autoanticorpi nei confronti delle miofibre di tipo 2 M. Colpisce in particolare giovani adulti delle razze Pastore tedesco, Doberman e Labrador, i maschi sono più colpiti delle femmine. Nella fase acuta i sintomi sono il gonfiore e dolore dei MM masticatori, il dolore all'apertura del cavo orale, a volte il trisma mandibolare. Può essere osservato esoftalmo, prolasso della nittitante e nella fase cronica cheratite. Con il passare dei giorni si ha atrofia molto marcata ed impossibilità ad alimentarsi. L'atrofia muscolare può essere osservata anche in assenza dei sintomi acuti della malattia. A volte è presente ptosi mandibolare secondaria a paralisi del trigemino. La diagnosi viene emessa tramite il rilievo di eosinofilia, ipergammaglobulinemia elevata attivita della CPK ed infine con l'esame istopatologico delle biopsie muscolari.
Dermatomiosite
E' una rara malattia immunomediata che in alcune razze come il Collie, Shetland sheepdog e Pastore della Beuce è ereditaria con carattere autosomico dominante ad espressione variabile. L'eziologia non è stata stabilita, ma vaccinazioni con virus vivi attenuati, malattie virali, farmaci, tossine e malattie neoplastiche potrebbero rappresentare il momento iniziale della malattia. L'ipersensibilità di tipo III è la base patogenetica della malattia. Nei soggetti con dermatomiosite la gravità delle manifestazioni cliniche segue in funzione diretta la quantità di complessi immuni circolanti formati da IgG e antigeni sconosciuti. Non sono presenti autoanticorpi anti-proteine muscolari o anti-proteine della pelle. Le lesioni muscolari e dermatologiche sono la conseguenza indiretta delle vasculiti di arteriole e piccole vene e quindi dei fenomeni trombotici che si stabiliscono in queste sedi. La deposizione dei complessi immuni circolanti in questi distretti probabilmente avviene per il fisiologico rallentato flusso di circolo e per la minor temperatura presenti nella pelle e muscolo. Nel Collie, Shetland sheepdog e Pastore della Beuce la malattia è familiare. La malattia è stata osservata occasionalmente anche nel Pastore tedesco, Chow Chow, Welsh corgy e Kuvatz. Nelle razze ove la malattia è congenita esistono la forma giovanile con esordio a 3-4 mesi di età e la forma adulta. Le lesioni dermatologiche vengono osservate per prime e sono caratterizzate da erosioni, ulcere e croste su muso, naso, punta degli orecchi, aree perioculari, punta della coda, regioni carpali e tarsali. Sono presenti paronichia, onicoressi e onicomadesi. La progressione e la gravità delle lesioni sono molto variabili, nei soggetti giovani possono venire osservate guarigioni spontanee, al contrario negli adulti la sintomatologia è grave e la prognosi infausta. La miosite è evidente dopo mesi dall'esordio della sintomatologia dermatologica e la gravità correla con quella della dermatite. I sintomi sono: atrofia dei crotafiti e delle parti distali degli arti, disfagia, disfonia e rigurgito causati dal megaesofago. L'andatura può divenire rigida con iperestensione degli arti. L'ipotesi diagnostica può essere confermata attraverso il rilievo di iperglobulinemia e elevate attività della CPK e attraverso l'esame istopatologico delle biopsie cutanea e muscolare.
La miastenia gravis
Esistono due forme di miastenia: 
1) La forma congenita causata dall'insufficiente presenza di recettori per l'ACh a livello postsinaptico e
2) La forma acquisita causata dalla formazione di autoanticorpi anti-recettori postsinaptici.
In questa seconda forma il processo infiammatorio non riguarda come nelle altre miopatie le miocellule, ma le strutture della placca neuromuscolare. Gli anticorpi appartengono alla classe delle IgG e si ipotizza che la loro formazione sia la conseguenza di 1) un difetto della sorveglianza immunitaria e/o 2) di reazioni di tipo crociato con antigeni esogeni o derivanti da alterazioni di strutture endogene simili ai recettori per l'ACh. La miastenia gravis nel cane è associata con una certa frequenza a timoma o iperplasia timica, sarcoma osteogenico e carcinoma dei dotti biliari. Con ogni probabilità in queste affezioni vengono liberate in circolo proteine con funzione antigenica che stimolano la formazione di IgG anti-recettori delle placche neuromuscolari. Una volta legatesi ai recettori, le IgG stimolano un processo infiammatorio con attivazione della frazione C3 del complemento e della fagocitosi distruggendoli in gran parte. La forma congenita colpisce il Jack Russel terrier, gli Springer spaniel e il Fox terrier. La forma acquisita sembra colpire più frequentemente il Pastore tedesco, il Labrador ed il Golden Retriever. Nella forma congenita l'età di esordio è 6-8 settimane, nella forma acquisita sembrano esistere due fasce di età 1-4 anni e 9-13 anni. Non è riportata predilezione di sesso, sebbene nella miastenia associata al timoma l'85% dei soggetti siano di sesso femminile. La sintomatologia è caratterizzata da: 1) una forma localizzata alla muscolatura faringea ed esofagea (megaesofago) con sintomi di disfagia, rigurgito, scialorrea, disfonia, atti continui di deglutizione; ed 2) una forma generalizzata diffusa a tutta la muscolatura spinale con o senza l'interessamento dei muscoli coinvolti nella forma localizzata. L'esordio della sintomatologia è acuto-subacuto ed è caratterizzato da facile/estrema affaticabilità in seguito al normale esercizio fisico e da tremori a riposo. Durante il riposo, i soggetti sembrano del tutto sani e alla visita clinica non è possibile rilevare nulla di particolare salvo che non siano presenti i sintomi della broncopolmonite ab ingestis secondaria al megaesofago. La diagnosi è possibile attraverso la ricerca degli anticorpi anti-placca ed il test dell'esercizio dopo stimolazione con inibitori delle colinesterasi.

Trattamento

La polimiosite e la miosite dei muscoli masticatori vengono trattate con prednisone, prednisolone e metilprednisolone a dosi immunosoppressive come le altre malattie immunomediate. La riduzione della dose di corticosteroidi da somministrare deve essere decisa in base al miglioramento della sintomatologia ed al solito deve essere progressiva. 
La dermatomiosite e la miastenia gravis vengono anch'esse trattate con i corticosteroidi, ma nel caso della prima la terapia a lungo termine prevede l'uso anche della pentoxifillina e nel caso della M. gravis della terapia con piridostigmina.

Pentoxifillina (Trental®)
E' un derivato sintetico della xantina e il suo effetto farmacologico, sebbene non del tutto spiegato, è legato alle sue proprietà di a) migliorare la flessibilità delle membrane degli eritrociti permettendo così una loro maggiore capacità di passaggio nelle piccole arterie e tessuti scarsamente irrorati, b) ridurre la concentrazione del fibrinogeno e di aumentare l'attività fibrinolitica migliorando la viscosità ematica e c) inibire le fosfodiesterasi originate dalle attività delle citochine. Il farmaco viene somministrato per via orale con il pasto ed il suo assorbimento intestinale è buono anche se la velocità di assorbimento (e quindi di eliminazione) varia molto da soggetto a soggetto. Viene metabolizzato dal fegato ed eritrociti ed i metabolici, tutti attivi, sono eliminati per via renale e con la bile. Le applicazioni di questa molecole in veterinaria sono poche: la dermatomiosite, le vasculiti, la dermatite atopica e l'endotossiemia nella specie equina. La dose da somministrare è di 10-20 mg/kg/24-48h PO se usato in associazione con i corticosteroidi, a dosi maggiori se usato come monoterapia. I tempi di latenza del farmaco sono molto lunghi (1-2 mesi). Gli effetti collaterali sono il vomito, l'anoressia e l'ipotensione. Le concentrazioni ematiche del farmaco aumentano se vengono somministrati contemporaneamente chinoloni e la cimetidina.
Piridostigmina (Mestinon®)
E' un'agente anticolinesterasico sintetico a lunga azione. Inibisce l'idrolisi dell'acetilcolina competendo con questa per l'adesione all'acetilcolinesterasi. Il complesso piridostigmina-acetilcolinesterasi è molto più stabile di quello naturale acetilcolina -acetilcolinesterasi. L'acetilcolina così accumulata nella sinapsi continua ad esercitare il suo effetto di stimolazione della contrazione muscolare. L'assorbimento per via orale è migliore con le normali compresse che con quelle a lento rilascio e dopo un'ora dall'ingestione inizia ad esercitare la sua attività. La pirodostigmina è efficace nel controllo dei sintomi nella forma acquisita e molto meno in quella congenita. La dose da somministrare consigliata è molto variabile: 2,5-40 mg/kg/8-24h nel cane e 0,25mg/kg/24h nel gatto. Le esperienze dei vari autori sono contrastanti, ma è conveniente iniziare sempre la terapia con dosi relativamente basse ed aumentarle progressivamente sino a quando i sintomi iniziano a migliorare. La durata della terapia è variabile e dipende molto dalla correzione della probabile causa primaria (per es. le infezioni batteriche). Gli effetti collaterali del sovradosaggio sono di tipo colinergico: scialorrea, vomito, diarrea, miosi, lacrimazione, broncospasmo, bradicardia. 
NB.: I corticosteroidi inibiscono parzialmente l'attività della piridostigmina, pertanto non è infrequente notare un miglioramento della forza muscolare dopo la sospensione del trattamento cortisonico.
Edrofonio (Tensilon®, non in vendita in Italia) e neostigmina (Fisiostigmina®)
Sono potenti anticolinesterasici a rapida (e breve) azione che vengono usati per emettere la diagnosi di m. gravis con un semplice test descritto di seguito. L'edrofonio, il migliore dei due, purtroppo non è in vendita in Italia per questo motivo viene usata la neostigmina anche se in alcuni casi con questo farmaco non è facile interpretare il risultato della prova. Il test si basa sulla capacità di queste molecole di ridurre il metabolismo dell'acetilcolina in brevissimo tempo in modo da osservare se, dopo la somministrazione, i soggetti hanno la capacità di compiere brevi esercizi senza la comparsa rapida della debolezza. I risultati della prova devono essere giudicati di conserva al proprietario in maniera critica allo scopo di non intraprendere terapie inutili, frustranti e dannose.
Modalità di esecuzione del test
Somministrare per via EV edrofonio cloruro alla dose di 0,1-0,2 mg/kg o in alternativa neostigmina 0,05 mg/kg IM, dopo 10-20 minuti far compire esercizio fisico al soggetto in esame. Nei soggetti con MG la tolleranza all'esercizio migliora in maniera eclatante con l'edrofonio ed in modo meno evidente con la neostigmina.
Gli eventuali effetti collaterali possono essere corretti con la somministrazione di atropina alla dose di 0,04 mg/kg.

NB.: Nelle malattie dei muscoli scheletrici la debolezza è uno dei sintomi più importanti, pertanto nel caso di terapie molto prolungate con corticosteroidi il clinico deve valutare se la permanenza di questo sintomo è il risultato degli effetti collaterali dei cortisonici (atrofia muscolare, inibizione dell'attività degli anticolinesterasici) o un mancato successo della terapia.

Trattamento della malattia broncopolmonare felina (Bronchite acuta e cronica, Asma felino o broncopolmonite eosinofilica felina) e della bronchite cronica ostruttiva del cane e cavallo (COPD)

Si tratta di malattie infiammatorie a carattere ostruttivo a carico dell'albero bronchiale caratterizzate da un'estrema variabilità della presentazione clinica.
L'eziologia è multifattoriale e le cause predisponenti, primarie o perpetuanti riconosciute sono le infezioni virali, batteriche e parassitarie delle vie respiratorie superiori, gli irritanti inalati (fumo, polveri, prodotti in spray, etc) e le allergie o loro combinazioni. I mediatori dell'infiammazione (istamina, serotonina, TXA2, prodotti dell'AA, radicali liberi) provocano aumento del tono dei MM lisci, edema ed ipersecrezione di muco. Le conseguenze acute e croniche di questo tipo di risposta infiammatoria sono 1) l'ipertrofia epiteliale e l'accentuato ricambio epiteliale, 2) l'ipertrofia delle cellule globose e submucosali, 3) l'edema della sottomucosa, 4) lo spasmo e successivamente l'ipertrofia della muscolatura liscia dei bronchi, 5) la presenza di essudato nel lume bronchiale ed 6) infine l'iperplasia delle ghiandole sottomucose e delle cellule globose con aumento della produzione di muco. Tutte queste modificazioni creano ostruzione del lume bronchiale e determinano la sintomatologia in funzione diretta della loro importanza. In particolare l'ipertrofia della muscolatura e la fibrosi della sottomucosa possono divenire stabili a dispetto del protocollo di terapia adottato e possono essere responsabili dell'apparente mancata risposta a lungo termine dei broncodilatatori ed antinfiammatori.
Nel cane le razze più a rischio sono quelle di piccola taglia, mentre nel gatto non sembra esistere predisposizione di razza. L'età di esordio nell'asma felino è precoce 10 mesi-2 anni, mentre nel cane generalmente i primi sintomi sono osservati oltre i 4 anni. Nella specie equina i sintomi vengono osservati oltre i due anni di età e, nei casi non clinicamente ancora manifesti, la broncocostrizione può essere il motivo dello scarso rendimento atletico dei soggetti avviati alle competizioni. Molti soggetti sono apparentemente in buona salute. Il quadro clinico iniziale è vago e può non essere riconosciuto dal proprietario se il soggetto fa vita sedentaria. Il sintomo principale è la tosse, gli altri possibili sono gli starnuti, l'affanno, il respiro rumoroso, i conati di vomito a seguito della tosse insistente e nei casi più avanzati e gravi la dispnea. La sintomatologia può essere latente a lungo ed essere esacerbata dall'esercizio, dal clima freddo, dalla presenza nell'aria di polvere, fumo etc. L'esame fisico nei casi meno gravi non permette di rilevare nulla di saliente, mentre nei casi più seri è frequente osservare lo sforzo espiratorio toraco-addominale prolungato e difficoltoso, a volte il respiro profondo e lento, può essere determinata l'ipereattività della trachea alla palpazione e all'ascoltazione rantoli e sibili (post-tussivi). Per stabilire la diagnosi devono essere escluse le infestazioni da Capillaria aerophila, Aleurostrongylus abstrusus, Paragonimus kellicotti e Dirofilaria immitis e le cardiopatie nel gatto, la Dirofilariosi, l'infestazione da Angiostrongylus vasorum, gli ascessi e i corpi estranei, le neoplasie broncopolmonari e le cardiopatie nel cane, e nel cavallo le broncopolmoniti parassitarie, le infezioni virali e le affezioni infiammatorie delle vie aeree profonde.
La diagnosi può essere confermata attraverso i rilievi radiografici e l'esame citologico degli aspirati broncoalveolari (Neutrofili +++, linfociti, eosinofili, cellule globose e ciliate +/++, muco ++++, Eosinofili ++++ nelle allergie). 

Terapia
La gran parte dei casi vede come fattore eziologico primario l'ipersensibilità ad aereoallegeni quali gli acari della polvere ed i pollini. Per questo motivo, per quanto difficoltoso, dovrebbero essere attuati tutti gli accorgimenti per limitare l'esposizione del soggetto agli allergeni. Per es. l'uso di spray acaricidi nell'ambiente domestico, l'uso di aspirapolvere ad acqua, eliminare tappeti e moquettes, nei mesi primaverili evitare di portare a passeggio il cane in campagna, evitare le giornate ventose etc. Nel cavallo infine devono essere usate precauzioni quali: non sollevare polvere durante le pulizie del box, usare la torba come lettiera e cibi melassati o pressati o inumiditi per evitare che il soggetto inali materiale antigenico in eccesso.
Il trattamento specifico in sintesi è affidato agli antinfiammatori ed ai broncodilatattori associati alla somministrazione ciclica (per es. 7gg ogni 3-4 settimane) di antibiotici ad ampio spettro.
Teofillina ed aminofillina
Sono inibitori delle fosfodiesterasi ed aumentano il rilascio di noradrenalina, stabilizzano i mastociti, rilassano la muscolatura liscia dei bronchi, migliorano l'attività del muscolo cardiaco, incrementano l'attività mucociliare, aumentano la secrezione di HCl dello stomaco ed esercitano un lieve effetto diuretico. Per questi motivi tali farmaci non devono essere somministrati in caso di ipertenzione, nei soggetti con aritmie cardiache, ulcere gastriche, ipertiroidismo, insufficienza epatica e renale. Queste molecole devono essere utilizzate nel trattamento a lungo termine degli asmatici. Gli effetti collaterali lievi più comuni sono la tachicardia, il nervosismo (agitazione), la polifagia, poliuria e polidipsia.
Dose consigliata di entranbi nel gatto 5 mg/kg/6-12h, nel cane 10(15) mg/kg/12h PO, nel cavallo 5-15 mg/kg/12h PO.
Salbutamolo, Salmaterolo, Almaterolo etc
Sono beta2 agonisti ad azione rapida utilizzati per risolvere in breve tempo il broncospasmo, ma possono essere usati anche nel trattamento a lungo termine dell'asma felino e della COPD del cavallo. Vengono somministrati per via inalatoria in particolare nel gatto e cavallo con dosatori spray muniti di areocamera e maschera. La dose approssimativa nel gatto e cane è di 20-50 mcg ogni 12h. Nel cavallo le dosi consigliate sono albuterolo 1-2 mcg/kg/6-24h e salmaterolo 70-210 mcg/400-500 kg/8h. Gli effetti collaterali sono determinati dal potenziamento dell'attività adrenergica in generale e i più frequenti sono la tachicardia e l'agitazione.
Glucocorticoidi a corta azione
Vengono usati a dosi antinfiammatorie per il trattamento a breve e lungo termine dell'asma bronchiale. Come nel caso delle altre malattie infiammatorie la dose di mantenimento deve essere individualizzata allo scopo di somministrare solo quella sufficiente a determinare il miglioramento del quadro clinico. Le dosi consigliate per prednisone, prednisolone e metilprednisolone sono 0,5-1 mg/kg/24h PO. Nel gatto se difficoltosa la somministrazione orale, può essere usato il metilprednisolone acetato per uso deposito alla dose di 20 mg/gatto ogni 2-3 sett. SC. 
Cavallo: i glucocorticoidi più usati nellaa specie equina sono il prednisolone alla dose di 2 mg/kg/24 PO (poco pratico per l'elevato numero di compresse da somministrare), il desametasone alla dose di 20-50 mg/400-500 kg IM o EV, il triamcinolone acetonide alla dose di 35 mg/400-500 kg IM o in alternativa il Beclometasone alla dose di 1320 mcg/400-500 kg/12h areosol, Fluticasone alla dose approssimativa di 2000 mcg/400-500 kg/12h aerosol. Gli effetti collaterali più importanti nella specie equina sono rappresentati in particolare dalla laminite e dall'ipotrofia muscolare.
Glucocorticoidi per uso inalatorio
Alcuni glucocorticoidi vengono somministrati per via inalatoria tramite aerosol dosato allo scopo di ottenere una potente azione antinfiammatoria locale sulla mucosa bronchiale ed evitare così gli effetti sistemici indesiderati. Gli inalatori erogano un quantitativo prestabilito di farmaco attraverso un beccuccio che nel gatto e cavallo deve essere collegato ad una camera di miscelazione e mascherina da applicare sul muso. I farmaci più usati sono Beclometasone, Busedonide, Fluticasone alla dose approssimativa di 200-500 mcg/12h nel gatto e 10 mcg/kg/12h nel cane. 

INF-a 
L'INF-a è un'immunostimolante endogeno con proprietà antivirali, immunomodulatorie e antiproliferative. La sua produzione viene stimolata dalle infezioni virali ed induce un'incremento 1) dell'attività dei macrofagi, dell'attività citotossica dei linfociti natural killer, 3) della produzione di INF-g, IL-1, TNF e 4) dell'attività dei linfociti Th 1. Infine limita la proliferazione B-cell, la produzione di immunoglobuline e la reazione di tipo ritardato. In commercio adesso è in vedita l'INF-a ricombinante (rINF-a) ottenuto dal clone di un singolo gene umano di INF-a prodotto da colonie di E.coli. L'rINF-a ha attività terapeutiche inferiori all'INF-a naturali e per questo deve essere usato a dosi maggiori. 
I cavalli sportivi affetti da malattia infiammatoria delle vie aeree profonde (IAD, 20%-50% dei cavalli da corsa), in particolare quelle con quadro citologico del BAL di tipo misto o neutrofilico, migliorano sensibilmente anche con la somministrazione di INF-a 50-100 U/cavallo/24h PO per 5-15 giorni. In questi cavalli i sintomi quali tosse, scolo nasale, e conta cellulare del BAL in due-tre settimane di terapia migliorano in modo significativo rispetto a quelli trattati in via tradizionale, la terapia è poco dispendiosa e non presenta effetti collaterali. L'efficacia di questa forma di terapia non è del tutto compresa, perché non è chiarita l'eziopatogenesi della IAD. Come in altre specie, bovini e gatti, l'rINF- a è efficace solo a basse dosi perché a quelle alte induce una risposta infiammatoria deleteria. La somministrazione per via orale stimola il tessuto linfoide associato all'orofaringe ad amplificare la produzione endogena di INF-a migliorando la comunicazione intercellulare ottimizzando così la risposta immunitaria naturale. Un limite di questa terapia può essere rappresentato dalla formazioni di anticorpi specifici anti-rINF-a e dalla sottoregolazione dei recettori specifici.


Trattamento delle gastriti

Le gastriti acute e croniche riconoscono un'incredibile varietà di cause e la loro identificazione e allontanamento sono alla base della risoluzione della sintomatologia. I processi flogistici, le erosioni o ulcerazioni della mucosa devono essere comunque trattate anche in via sintomatica e non specifica indipendentemente dall'eziologia. Infine, molti dei farmaci usati nella terapia delle gastriti vengono somministrati anche in via preventiva nelle affezioni renali, epatiche, in corso di somministrazione di FANS, corticosteroidi etc.
In particolare nella specie equina è necessario ricordare che il trattamento delle gastriti prevede anche la correzione dei fattori di rischio che sono rappresentati dall'intesità dell'esercizio giornaliero, da un'alimentazione prevalentemente costituita da concentrati e da periodi di digiuno prolungati nell'arco delle 24 ore (la produzione di HCl e pepsinogeno nel cavallo è continua). 

Metocloparamide e Domperidone

Hanno un meccanismo d'azione complesso e non del tutto compreso, ma esercitano certamente un'effetto antagonista nei confronti della dopamina sui recettori del SNC compreso il centro del vomito. Inoltre hanno la proprietà di stimolare la motilità dello stomaco e piccolo intestino sensibilizzando i recettori della muscolatura liscia all'azione dell'acetilcolina. Infine esercitano un'effetto di aumento del tono dello sfintere cardiaco impedendo il reflusso gastrico. Gli effetti netti sono la riduzione dei tempi di transito del cibo nello stomaco ed intestino e l'azione antiemetica. Il domperidone ha un'azione molto più potente della metoclopramide.
Nel cane l'assorbimento per via orale è completo in circa due ore e l'emivita è di circa 90 minuti. La via di somministrazione deve essere decisa in base all'importanza del problema e scelte le vie parenterali nel caso il vomito non garantisca l'assorbimento del farmaco. 
La dose consigliata della metoclopramide è di 0,2-0,4 mg/kg/4-8h PO, SC, IM. Nel caso di vomito grave 1-2 mg/kg/24 per infusione endovenosa continua. La dose del domperidone è di 0,05-0,1 mg/kg/12h PO.
Gli effetti collaterali sono la depressione, nel gatto i segni di ipereccitazione e disorientamento, atassia. La metaclopramide, inoltre accelera l'assorbimento del cibo e dei farmaci.

Gli anti-H2: Cimetidina, ranitidina e famotidina

Questi farmaci sono antagonisti dell'istamina per i recettori H2 delle cellule parietali dello stomaco e quindi riducono la secrezione di HCl e pepsina. Inoltre inibendo l'attività dell'acetilcolinesterasi, agiscono anche come paasimpaticomimetici stimolando lo svuotamento gastrico ed anche la motilità del piccolo e grande intestino. La pressione dello sfintere esofagogastrico, lo svuotamento dello stomaco e la secrezione bilio-pancreatica non vengono alterate. Questi farmaci trovano impiego nel trattamento e prevenzione delle gastriti e dell'ulcera gastrica.
La cimetidina deve essere somministrata nel cane alla dose di 5-10 mg/kg/6-8h PO, IM, SC, EV. Nella specie equina la dose consigliata è di 20-25 mg/kg PO o 6,6 mg/kg IM EV ogni 6 ore. Le controindicazioni all'uso della cimetidina sono l'insufficienza renale ed epatica. Gli effetti indesiderati riconosciuti sono la ginecomastia, la depressione della libido e l'agranulocitosi. Infine, in particolare la cimetidina, è in grado di ridurre l'attività del sistema microsomiale epatico prolungando l'emivita i molti farmaci (beta-bloccanti, benzodiazepine, calcioantagonisti, metronidazolo, amino- e teofillina etc.). Nella specie equina, in particolare se l'attività viene paragonata a quella dell'omeprazolo, la cimetidina ha un'efficacia scarsa.
La ranitidina ha emivita lievemente più lunga della cimetidina (2½h contro 1½h ) ed è anche 5-10 volte più potente. La dose da somministrare è di circa 1-2 mg/kg/8h PO, EV nel cane e 6,6 mg/kg/8h nel cavallo. Gli effetti indesiderati e le precauzioni d'impiego sono gli stessi della cimetidina, ma più rari. L'efficacia clinica nel trattamento della gastrite ucerosa è soddisfacente anche nel cavallo.
La famotidina è la molecola di più recente sintesi del gruppo, è cica 50 volte più potente della cimetidina e 10 della ranitidina e la sua azione antiacida è anche molto più prolungata nel tempo. La dose consigliata nel cane è di 0,5-1 mg/kg/24h PO, IM, EV, SC somministrata alla sera con il pasto. Non sono riportati effetti collaterali specifici. Nella specie equina la dose consigliata è di 3 mg/kg/12h PO e 0,3 mg/kg/12h EV; l'efficacia clinica risulta soddisfacente anche in questa specie, ma il costo del trattamento può essere proibitivo.

Omeprazolo

E' un'inibitore della pompa protonica e pertanto ha la capacità di inibire il trasporto e secrezione di idrogenioni dalle cellule parietali al lume gastrico. L'azione di questa molecola è più potente degli H2 antagonisti, ma il costo a volte ne limita l'utilizzo. Anche questo farmaco trova impiego nel trattamento e prevenzione delle gastriti e dell'ulcera gastrica in particolare nella specie equina. Viene assorbito facilmente dall'intestino e metabolizzato dal fegato dove inibisce anch'esso la funzionalità del sistema enzimatico dipendente dalla P-450. La dose consigliata è di 0,5-1,5 mg/kg/24h PO nel cane e 4 mg/kg/24h nel cavallo. In quest'ultima specie la durata del trattamento per l'ulcera gastrica non dovrebbe essere inferiore al mese. Gli effetti indesiderati sono rari e consistono in aumenti delle concentrazioni degli enzimi epatici.

I farmaci anti-H2 e l'omeprazolo se somministrati a lungo riducendo la secrezione acida causano ipergastrinemia riflessa che a sua volta può essere responsabile di ipertrofia delle cellule della mucosa gastrica (aumento dell'evidenza delle rughe) 

Misoprostol

E' un'analogo sintetico della prostaglandina E1 molto usato nella medicina umana nei soggetti costretti ad assumere FANS continuativamente. Nel cane sembra che quest'azione preventiva non sia parimenti efficace nella prevenzione dell'ulcera e non esistono studi controllati sull'efficacia della sua somministrazione in corso di gastriti ulcerose spontanee nel cane. Il misoprostol ha comunque la proprietà di esercitare un'effetto citoprotettivo e di migliorare i sistemi di cicatrizazione promuovendo sia il turn over cellulare che il miglioramento del flusso sanguigno della sottomucosa. Inoltre, stimola la formazione e secrezione di bicarbonati da parte delle cellule della mucosa gastrica. Per questa serie di motivi, in corso di gastriti ulcerose sarebbe molto utile associare il misoprostol ai farmaci anti-H2 od omeprazolo.
La dose consigliata è di 2-5 mcg/kg/6-8h PO. 
Il misoprostol stimola le contrazioni ed il sanguinamento uterino e pertanto è controindicato in corso di gravidanza. Gli altri effetti collaterali sono rappresentati dalla diarrea, dolore addominale e vomito.
Il misoprostol ha anche proprietà antinfiammatorie e sembra di qualche utilità nel controllo del prurito in corso di dermatite atopica.

Sucralfato


E' un composto basico di alluminio e sucrosio solfato. Dopo la somministrazione orale, il sucralfato reagisce con l'acido cloridrico formando una sorta di gel che tende ad aderire tenacemente con le sostanze proteinacee che in genere ricoprono le aree ulcerate. Questo complesso forma una barriera sul sito danneggiato che evita gli ulteriori effetti istolesivi che eserciterebbero l'acido cloridrico, la pepsina e la bile.
La dose da somministrare è molto approssimativa 0,5 gr ogni 5-10 kg/6-12h. Il sucralfato necessita di un'ambiente acido per essere efficace pertanto deve essere somministrato lontano da altri antiacidi. La costipazione è l'unico effetto collaterale del farmaco, mentre la biodisponibiltà dei farmaci per os può essere ridotta in maniera non prevedibile.

Idrossido di alluminio

E' un prodotto con proprietà antiacide in grado di alzare il pH gastrico e limitare la retrodiffusione degli ioni H+ nella mucosa. Con l'innalzamento del pH viene indirettamente inibita anche l'azione della pepsina.
Le indicazioni sono le esofago-gastriti ulcerose e la prevenzione dell'assorbimento dei fosfati in corso di insufficienza renale. Alo stato attuale delle cose, considerata la scarsa palpabilità dei composti le quantità da somministrare e la frequenza delle somministrazioni, l'us di questi composti è un po' decaduto. Le dosi consigliate sono 2-10 ml di sospensione ogni 2-4h nei piccoli animali. Nel puledro 15-20 ml 4 volte al giorno. 
La somministrazione di questo composto riduce l'assorbimento dei farmaci che hanno bisogno di pH acido per l'assorbimento e di molti altri che vengono chelati dalla sospensione. Gli effetti collaterali più comuni sono la costipazione e l'ipofosfatemia.


Trattamento dell'Helicobacteriosi

Attraverso l'esame istopatologico e/o batteriologico delle biopsie gastriche è possibile stabilire il ruolo predisponente o perpetuante dell'Helicobacter sp. Nel caso di gastriti recidivanti o nel caso di soggetti di proprietà di pazienti in trattamento di gastrite da Helicobacter pylori è opportuno tentare la terapia specifica che consiste nella somministrazione di Metronidazolo 20 mg/kg/12h PO, Amoxicillina-ac. Clavulanico 20 mg/kg/12h, Claritromicina 5-10 mg/kg/12h PO o Azitromicina 5-10 mg/kg/24h/5 giorni PO usati da soli o in combinazioni e associati a Sali di bismuto (per es. De Nol 1 cpr/10kg/8h).

Pancreas Esocrino

Pancreatite Acuta


I fattori eziologici in grado di scatenare il processo autodigestivo della ghiandola che caratterizza la PA sono molti, ne elenchiamo alcuni in ordine di probabilita' ed importanza:
Obesita' e Squilibri dietetici, Iperlipemia, Ipercalcemia, Reflusso duodenale, Farmaci e tossici, Ipersensibilita' tipo III o IV. Le compressioni midollari (lussazione disco intervertebrale, traumi spinali), la dilatazione gastrica e/o le parziali torsioni di stomaco e milza ed infine, le manipolazioni chirurgiche. 

Terapia

Il primo approccio terapeutico é quello di mettere a riposo la ghiandola, impedendo al cane di vedere, olfattare e ovviamente assumere cibo per alcuni giorni. 
Il bilancio idroelettrolitico deve essere restaurato e mantenuto attraverso la somministrazione di liquidi per via endovenosa. Se sono presenti vomito e diarrea é opportuna la somministrazione di soluzioni idroelettrolitiche e quella d'elezione é il Ringer lattato (40-90 ml/kg/24h). Al contrario se attraverso l'emogasanalisi viene stabilita grave acidosi questa dovrà essere corretta anche con soluzioni di bicarbonato che hanno lo svantaggio di poter indurre ipocalcemia a volte già presente nella PA. Nel caso il vomito e la diarrea non siano gravi e non sia possibile stabilire con certezza lo stato acido-base del paziente é consigliabile somministrare semplicemente soluzione fisiologica. 
La somministrazione di plasma 20 ml/Kg in 6 ore o di sangue intero sarebbe utilissima per l'apporto di antiproteasi e di albumina che puo' prevenire lo shock e risolvere l'ischemia pancreatica.
Se il dolore é molto intenso e presente anche dopo ore dall'esordio della sintomatologia può essere somministrato butorfanolo alla dose di 0,1-0,2 mg/kg per via endovenosa od intramuscolare o sottocutanea.
E' consigliabile nei casi di PA associata ad iperlipidemia e al fine di prevenire o trattare la DIC somministrare per via sottocutanea eparina nella quantità di 75 UI/kg ogni 8 ore.
La somministrazione di glucocorticoidi, a meno che' non si sospetti un suo ruolo nell'eziologia del caso, e' indicata nei casi di grave ipotensione al fine di impedire o risolvere lo stato di shock e ridurre lo stato infiammatorio. Il glucocorticoide più indicato per la risoluzione dello shock é il prednisolone sodio succinato alla dose di 10-40 mg/kg, mentre il prednisone alla dose di 1 mg/kg/24h PO può essere usato a scopo antinfiammatorio per alcuni giorni.
Infine devono essere somministrati antibiotici ad ampio spettro al fine di impedire infezioni da opportunisti.

Insufficienza pancreatica

Classificazione

1. Atrofia pancreatica idiopatica
· Atrofia pancreatica idiopatica giovanile del Pastore Tedesco (in minore misura Setter inglese e Collie);
· Atrofia pancreatica;
2. Fibrosi pancreatica
· esiti di PA ed in particolare P.A. a periodiche riacutizzazioni;
· esiti di malattie infettive quali Parvovirosi, Rotavirosi, Coronavirosi
· enteriti croniche;
· reazioni immunomediate di tipo II e/o III a seguito di precedenti lesioni acinari causate dalle eziologie sopraelencate.

Il malassorbimento causato dall'insufficiente produzione pancreatica di succo é inizialmente di tipo endoluminale e si instaura quando la massa pancreatica é ridotta del 90%. La patogenesi della sindromre da malassorbimento in corso di insufficienza pancreatica inizia con 1) l'incompleta digestione del chimo e 2) l'acidificazione del piccolo intestino. Conseguenze della diminuita secrezione del succo pancreatico
1) La diminuita secrezione dei bicarbonati non permette l'alcalinizzazione del duodeno. L'abbassamento del pH del piccolo intestino impedisce l'attività degli enzimi digestivi e provoca la precipitazione degli acidi biliari che essendo osmoticamente attivi richiamano acqua nel lume. 
2) La mancata ottimale digestione del chimo gastrico inoltre l'ipergastrinemia e la produzione di HCl gastrico.
3) Il malassorbimento induce depressione della sintesi delle proteine costituenti la mucosa intestinale che risente negativamente anche del ridotto trofismo dei prodotti della digestione, della secrezione pancreatica e di enterormoni (enteroglucagone). 
4) L'enterite conseguente alla sovrapoplazione batterica, la malnutrizione che si instaura con il tempo e l'acidificazione del piccolo intestino inducono la parziale atrofia dei villi.
5) La perdita del potere battericida del succo pancreatico, la selezione della flora operata dalla diminuizione del pH e l'abbondante concentrazione di alimenti indigeriti favoriscono una smodata crescita batterica. 
6) Lo stato di malnutrizione deprime la risposta immunologica locale contribuendo all'aggravarsi dell'enterite batterica. Sembra inoltre che il malassorbimento di VitE provochi una minor risposta immunologica perché rappresenta un cofattore della proliferazione linfocitaria. 
7) Il consumo operato dai batteri di Vit. B 12 é uno dei fattori responsabili dell'anemia e della diminuiuta proliferazione delle cripte intestinali (e quindi dell'appiattimento dei villi) e della diminuita sintesi di enzimi della mucosa del digiuno. 
8) La sovracrescita batterica nell'intestino induce fermentazione e putrefazione delle ingesta con produzione di prodotti irritanti per la mucosa e osmoticamente attivi: idrossiacidi grassi (richiamo di acqua). Di conserva al basso pH inibiscono la conversione in sali degli acidi biliari, impedendo così la formazione di micelle e la digestione lipidica. 
9) A causa della steatorrea vengono inoltre malassorbite anche le Vit liposolubili.
Terapia
- La dieta del soggetto con I.P. deve contenere scarse fibre, buone quantità di fonti di carboidrati ed elevate quantità di proteine di origine animale o ancora meglio, possono venire somministrate diete commerciali altamente digeribili. La fonte di lipidi può essere sostituita con successo da olio di mais o di arachidi, dato il loro buon contenuto in trigliceridi a media catena. Nel caso il proprietario possa affrontare la spesa, sarebbe opportuno aggiungere all'alimento olio di cocco o simili contenenti solo trigliceridi a media catena che risultano assorbibili senza l'intervento della micellazione;
- La digestione deve essere assicurata attraverso la somministrazione di abbondanti quantità di estratti pancreatici (per es:Tryplase®). La quantità da somministrare deve essere valutata da caso a caso in funzione della diarrea e della presenza di cibo indigerito nelle feci. Tali composti devono essere somministrati in parte nel cibo al fine di predigerire l'alimento (il cibo mescolato con il prodotto deve riposare per circa 30-40 minuti) ed in parte prima del pasto per os, per permetterne l'ulteriore digestione. 
- Il processo digestivo deve essere facilitato impedendo l'abbassarsi del pH duodenale che favorisce la denaturazione degli enzimi somministrati e la precipitazione dei sali biliari limitando la micellazione dei lipidi. La secrezione acida gastrica deve pertanto essere limitata attraverso la somministrazione di Cimetidina 10 mg/kg p.c. q8 h PO Ranitidina 2,2 mg/kg q12 h PO o Famotidina 1 mg/kg q 24 h PO in cicli mensili di 2 settimane circa;
- la perdita di vitamine liposolubili attraverso la steatorrea ed il consumo di Vit B12 deve essere reintegrata con prodotti polivitaminici per os e/o per via iniettabile se il malassorbimento é molto marcato;
- la sovrapopolazione intestinale deve essere impedita con la somministrazione ciclica di antibiotici o chemioterapici (metronidazolo 20-40 mg/kg q12h PO, neomicina-bacitracina 1cpr/5-10 kg q12h PO, doxiciclina 10 mg/kg/24h PO)
- nel caso che a dispetto della terapia la diarrea non migliori può essere opportuno somministrare prednisone per os alla dose di 0,5-1 mg/kg/die, perché in alcune occasioni con il tempo si instaura anche un enterite linfoplasmocitaria.


Trattamento delle affezioni epatobiliari dei piccoli animali

La terapia di questo vasto gruppo di malattie prevede, quando possibile, l'allontanamento delle cause identificate come responsabili (tossici esogeni vari, farmaci epatotossici, cause metaboliche e immunomediate) e la somministrazione di molecole utili ad impedire la progressione del danno parenchimale ed il miglioramento delle funzioni epatobiliari.
La reale efficacia di queste terapie non è quantificabile in senso stretto e non esistono in letteratura veterinaria documentazioni di studi controllati che ne validino l'impiego. Tuttavia l'esperienza accumulata nell'epatologia dell'uomo e quella più aneddotica del trattamento delle epatopatie nel cane e gatto, ci permettono di fornire indicazioni terapeutiche sull'uso di alcuni principi attivi.


Gli immunosoppressori

I glucocorticoidi


I cortisonici sono indicati nelle forme infiammatorie su base immunomediata o autoimmune, una volta esclusa l'eziologia infettiva e le neoplasie linforeticolari. Per questa serie di motivi è indispensabile che siano eseguiti con accuratezza anche l'esame citologico e/o bioptico del parenchima epatico in modo da caratterizzare il quadro infiammatorio. L'uso dei cortisonici, se controllati gli effetti indesiderati (glicogenosi e encefalopatia epatica in particolare), è associata ad un considerevole miglioramento della sintomatologia ed a prolungamento dei tempi di sopravvivenza. Alcuni mediatori della flogosi (fibronectina e il fattore di derivazione piastrinica) promuovono la chemiotassi dei fibroblasti e fattori di crescitta del collagene. Per questo motivo l'azione dei glucocorticoidi risulta utile nel limitare la fibrosi epatica riducendo la sintesi di collagene attraverso l'inibizione dell'attività della prolina-idrossilasi. Il metilprednisolone, prednisone e prednisolone sono i glucocorticoidi più usati. In alternativa, nelle fasi iniziali del trattamento, può essere somministrato il desamentasone a dosi equivalenti (vedi trattamento delle malattie immunomediate e autoimmuni).

L'azathioprina

Viene usata nelle malattie epatiche infiammatorie quando i glucocorticoidi da soli non sembrano del tutto efficaci o quando i loro effetti indesiderati sono intollerabili. Nel caso di insufficienza epatica non è stimabile la conversione dell'azathioprina nel suo metabolica attivo 6-mercaptopurina e per questo motivo è difficile stabilirne l'efficacia e la tossicità. Il protocollo di somministrazione è lo stesso delle altre malattie immunomediate e autoimmuni.

Antifibrotici e chelanti del rame

Zinco


Questo elemento ha varie proprietà: a) inibisce in parte la deposizione di nuovo collagene (azione antifibrotica) limitando la disponibilità di ferro e rame che sono necessari alla sua sintesi; b) stimola la sintesi di oltre 200 metalloproteine intestinali tra le quali una che limita l'assorbimento di tutto il rame ingerito con gli alimenti (azione chelante il rame); c) è un cofattore molto importante nella sintesi di alcuni tessuti, nel funzionamento di molti sistemi enzimatici e nell'utilizzo di gruppi sulfidrilici da parte di organi come il fegato ove svolgono un'azione antiossidante. In commercio esistono formulazioni farmaceutiche contenenti vari sali di Zn: gluconato, acetato e solfato. Indipendentemente dal prodotto usato, sarebbe molto utile determinare la concetrazione plasmatica di Zn che dovrebbe essere compresa tra 200 e 500 mcg/dl. La dose consigliata per il trattamento iniziale della tesaurosi da rame è di 10 mg/kg/12h PO di Zn solfato da ridurre successivamente un volta raggiunta la concentrazione ematica ottimale.
Gli effetti collaterali della somministrazione di Zn sono il vomito e, in rari casi di sovradosaggio, l'emolisi.

La colchicina

Inibisce la liberazione di fattori di crescita dei fibroblasti da parte dei macrofagi, la chemiotassi dei leucociti e la formazione del collagene. Inoltre inibisce la sintesi e secrezione di amiloide A, trovando impiego anche nel trattamento dell'amiloidosi. La colchicina è ben assorbita dagli enterociti e metabolizzata completamente dal fegato che elimina i metaboliti attivi con la bile. Questi vengono di nuovo riassorbiti e si concentrano in particolare nei leucociti. Questo farmaco trova impiego nella tesaurosi da rame, in particolare in quei casi dove è confermata la concentrazione di 1000-2000 mcg/gr di tessuto. Gli effetti collaterali sono per questo il vomito, la diarrea e la mielosoppressione. La dose consigliata è di 0,025-0,030 mg/kg/24h PO.

La D-penicillamina

La principale indicazione di questo farmaco è la tesaurosi da rame. La riduzione della presenza di rame nel fegato segue nel tempo la riduzione della concentrazione ematica operata dall'azione chelante del farmaco che ne favorisce l'escrezione renale. Questo periodo di latenza può richiedere alcuni mesi. La penicillamina ha azione antireumatoide, riduce la sintesi del fattore reumatoide IgM e la formazione di immunocomplessi senza alterare la funzione linfocitaria. Infine ha la capacità di formare un complesso stabile con la cistina che può essere rapidamente eliminato per via renale. Per questo può aver successo anche nel trattamento dell'urolitiasi da cistina. La dose da somministrare è di 10-15 mg/kg/12h PO a stomaco vuoto. Gli effetti indesiderati sono la nausea, il vomito, la febbre, glomerulonefriti, linfoadenomegalia e la neutropenia.

Altri farmaci (coleretici, "epatoprotettori")

L'acido ursodesossicolico


E uno di molti acidi biliari che, per le sue proprietà idrofile, compete con gli altri nell'ileo per l'assorbimento durante il ciclo enteroepatico riducendo il riciclo di altri composti potenzialmente tossici in corso di colestasi. Ha azione anche coleretica e aumentando il flusso biliare limita la perossidazione delle membrane fosfolipidiche degli epatociti operata dagli acidi biliari. La dose consigliata è di 15-20 mg/kg/24h PO per lunghi o lunghissimi periodi con riduzione progressiva della terapia prima della sua interruzione (colestasi di ritorno). Gli effetti collaterali sono rapresentati solo dalle ostruzioni biliari meccaniche.

S-adenosil-L-metioina 

Ha svariate proprietà e le principali sono: a) è il precursore dell'antiossidante glutatione, b) migliora la coniugazione degli acidi biliari con la taurina e c) viene metabolizzata a poliamine necessarie al metabolismo degli epatociti. La dose da somministrare è di 20 mg/kg/12-24 PO a stomaco vuoto. Non sono riportati effetti indesiderati.

Silimarina

Viene estratta dal Cardo mariano, usato già nell'antichità per le sue proprietà antinfiammatorie e antiossidanti. Dose consigliata 4-10 mg/kg/12-24 ore PO. Non sono conosciuti effetti indesiderati.

Lattulosio

In corso di encefalopatia epatica, allo scopo di ridurre la formazione di ammonio da parte della flora microbica ureasi-produttrice, è necessario l'impiego di antimicrobici (metronidazolo, amox.-ac. Clavulanico, associazioni neomicina-bacitracina, chinoloni etc) e di lattulosio. Questo zucchero è inassorbibile e ha lo scopo di rendere più acido il colon dove viene scisso dai batteri in acidi organici. La riduzione del pH mantiene stabile la flora batterica e favorisce la formazione di ioni ammonio che fungono da composti osmotici. Il richiamo di acqua e la lieve diarrea allontanano l'ammoniaca limitandone l'assorbimento. La dose da somministrare è di 0,5 mg/kg ogni 6-12h PO.

Altri principi attivi come per es la fosfatidilcolina, la tiopronina, il glutatione (TAD) ed altri prodotti compositi per uso veterinario (per es. Glutamax®) vengono comunemente somministrati per coadiuvare l'attività epatocitaria. L'uso di questi farmaci e relative dosi sono a discrezione del clinico e non esistono articoli scientifici che ne abbiano comprovato efficacia nella medicina degli animali d'affezione.


Trattamento conservativo dell'insufficienza renale cronica

L'insufficienza renale è uno dei più frequenti motivi di morte degli animali d'affezione. Le unità funzionali del rene, una volta danneggiate non sono riparate dall'individuo e non esiste forma di trattamento medico in grado di recuperarle. L'emodialisi ed il trapianto renale sono le uniche forme di trattamento realmente efficaci, ma nell'insufficienza renale cronica del cane e gatto tutto questo è improponibile per motivi tecnici ed economici. 
Lo scopo della terapia conservativa è quello di migliorare le condizioni cliniche del soggetto limitando le modificazioni organiche e metaboliche secondarie all'insufficienza renale. 

Per approntare la terapia è indispensabile conoscere accuratamente la sintomatologia che è stata oggetto della visita e le condizioni del paziente. 
In particolare:
- La progressione della malattia: depressione, perdita di peso, variazione dell'appetito, atrofia muscolare, entità della poliuria e polidipsia, sintomi gastroenterici.
- Lo stato del paziente: disidratazione, stato di nutrizione, entità dell'atrofia muscolare, altre affezioni associate, pressione sanguigna, esame ecografico del parenchima renale, altro se necessario. 
- Un pannello base di esami di laboratorio e altre indagini se necessarie:
- Esame emocromocitometrico: entità dell'anemia, trombocitopenia e eventuale leucocitosi.
- Profilo biochimico (almeno): urea, creatinina, colesterolo, Ca, P, Na, K, Proteine totali, Albumina, Profilo elettroforetico delle proteine plastiche
- Stato acido base: HCO3-, TCO2
- Esame delle urine: PS, proteinuria, creatinuria, esame citologico del sedimento, esame colturale

I dati clinici hanno lo scopo ovvio di a) stabilire l'eventuale causa primaria, b) emettere la prognosi e valutare se possono realmente esistere margini di miglioramento, c) intraprendere la terapia con i soli farmaci necessari e d) usare tali dati come riferimento per monitorare al meglio le loro variazioni con la terapia.

I trattamenti possibili sono riportati di seguito:
Terapia idroelettrolitica

E' strettamente necessaria in tutti i casi di oliguria e iperazotemia. 
Lo scopo è di a) espandere il volume plasmatico, b) aumentare il flusso ematico renale e quindi la filtrazione di urina, c) correggere gli squilibri elettrolitici, d) ridurre la concentrazione dell'azotemia prevenendo così il continuo danneggiamento del parenchima.

La via ideale di infusione è quella endovenosa e, considerando che la terapia idroelettrolitica deve essere protratta spesso per periodi lunghi, è conveniente usare cateteri endovenosi fissi.
La quantità di liquidi da infondere deve essere approssimativamente calcolata considerando i segni clinici della disidratazione (vedi riquadro) ed il peso corporeo: % disidratazione X peso corporeo = litri necessari.
Per esempio: soggetto di 10 kg con 6% di disidratazione 10X0,06 = 0,6 L

Nella gran parte dei soggetti con IRC le concentrazioni di Na e Cl sono normali, pertanto è possibile somministrare soluzione fisiologica o lattato di Ringer senza provocare alterazioni elettrolitiche. In alcuni casi in particolare quelli con poliuria grave, la perdita di acqua può essere maggiore di quella di Na e pertanto è presente ipernatriemia. Questa può essere corretta usando soluzioni di NaCl 0,45% (per esempio ½ flacone NaCl 0,9% + ½ flacone Soluzione glucosata 5%) sino a normalizzazione dello squilibrio.
Il più comune disturbo elettrolitico in corso di IRC è l'ipokaliemia in particolare a) nel gatto, b) nei soggetti anoressici e con grave PU/PD ed c) in quelli che sono sottoposti da tempo a terapia idroelettrolitica aggressiva con o senza uso di diuretici. I sintomi sono la debolezza, l'atonia intestinale e nel gatto la ventroflessione del collo, la flessione dei carpi e tarsi. I segni non sono clinicamente manifesti se la concentrazione del K non scende al di sotto dei 2,5 mmol/L. Il deficit deve essere corretto aggiungendo KCl alle soluzioni.

Correzione dell'acidosi metabolica

Può essere necessaria quando il GFR è molto ridotto, l'uremia è seria ed il pH è inferiore a 7,2. Se non è possibile eseguire un profilo emogasanalitico si considerano critici i valori di TCO2 < 15 mmol/L. Il trattamento consiste nella somministrazione endovenosa di bicarbonato di sodio insieme alla soluzione idroelettrolitica scelta. La quantità approssimativa si stabilisce con il seguente calcolo:

0,3 X peso corporeo X (concentrazione di HCO3- normale - HCO3- misurato) = mmol/L bicarbonato

oppure

(0,5 X peso corporeo) X (11-HCO3- misurato) = NaHCO3 mEq

La durata dell'infusione deve essere di circa 30-60 minuti e dopo circa 3-6 ore dovrebbe essere ripetuta l'emogasanalisi.

In alternativa, e comunque nei casi in cui si ipotizza l'acidosi metabolica e non si vuol rischiare una somministrazione endovenosa di bicarbonato alla cieca, è possibile somministrare NaHCO3 per os senza grosse conseguenze alla dose di 8-12 mg/kg/8h. La quantità stabilita deve essere disciolta in acqua e può essere somministrata tal quale o mescolata al cibo. Alternativa al bicarbonato è il citrato di potassio alla dose di 0,5 mEq/kg PO che ha capacità alcalinizzanti ottime ed è in grado di fornire un supplemento di K. 

NB: La durata della terapia idroelettrolitica ed acido base deve essere stabilita in base alla diminuzione dell'azotemia, della creatininemia, alla normalizzazione della disidratazione, del riempimento capillare e dell'appetito.

Correzione della dieta

Allo stato attuale delle conoscenze non esistono prove certe che la minore concentrazione di proteine nella dieta sia in grado di rallentare realmente la progressione il danno renale e diminuire la concentrazione dell'urea in maniera tangibile. Inoltre, molti cani con problemi renali cronici o insufficienza renale sono in cattivo stato di nutrizione ed hanno masse muscolari ipotrofiche a causa della dispersione di proteine con le urine. Per questi motivi le diete commerciali formulate allo scopo (K/D Hill's, Renal formula 1 e 2 Eukanuba, etc) contengono un'adeguato tenore proteico e calorico per evitare pericolosi stati di malnutrizione. Queste contengono anche scarse quantità di fosforo per limitare il fenomeno preesistente dell'iperparatiroidismo secondario e ridotte quantità di Na per evitare l'aggravamento dell'ipertensione.

Riduzione della fosforemia e iperparatiroidismo secondario

L'assorbimento intestinale del fosforo contenuto nella dieta, in particolare se di tipo tradizionale, può essere inibita parzialmente con la somministrazione di idrossido di alluminio e magnesio idrossido alla dose approssimativa di 100 mg/kg/24h con il pasto. Nel caso di elevate concentrazioni della fosforemia è necessario somministrare calcitriolo alla dose di 2-6 ng/kg/24h PO, ma molto lontano dai pasti per evitare che venga favorito l'assorbimento intestinale di Ca e P. La somministrazione di calcitriolo è necessaria a) perché il rene danneggiato non è in grado di produrne una quantità adeguata, b) perché l'iperfosfatemia inibisce direttamente la conversione renale di 25-idrossicolecalciferolo in calcitriolo, c) per tentare di evitare la demineralizzazione di Ca dalle ossa indotta dalla ritenzione renale di fosfati, d) indirettamente ridurre la concentrazione del paratormone che nell'insufficienza renale cronica agisce come tossina uremica deprimendo in particolare l'appetito e la linfoblastogenesi. 

Controllo dell'ipertenzione

Nel caso di soggetti con pressioni sistoliche elevate (per es >180 mmm Hg), oltre al controllo dietetico dell'assunzione di Na, devono essere somministrati ACE-inibitori per ridurre l'ipertenzione che è uno dei fattori di progressione dell'insufficienza renale cronica. I farmaci utilizzabili sono enalapril (Enacard®) alla dose di 0,2-0,5 mg/kg/12-24h, ramipril (Vasotop®) alla dose di 0,125 mg/kg/24h, benazepril (Fortekor®) alla dose di 0,2-0,5 mg/kg/12-24h. Le dosi riportate sono quelle indicate per soggetti con problemi cardiovascolari e pertanto devono essere ridotte in funzione del reciproco della concentrazione plasmatica della cretinina e comunque adeguate alla risposta. Gli effetti indesiderati peggiori sono rappresentati dalla grave ipotenzione e ridotta perfusione renale.

Controllo della nausea, vomito e gastrite uremica

In corso di uremia sono presenti la nausea ed il vomito provocati da fattori centrali a causa dell'aumentata concentrazione delle tossine uremiche (per es metilguanidina) e locali causati in particolare dalla gastrite secondaria all'ipergastrinemia.
Il vomito, la nausea e la secondaria anoressia possono essere controllati in parte dalla somministrazione di metoclopramide (Metoclopramide cloridrato®) alla dose di 0,2-0,4 mg/kg/6-24h PO, IM o EV. Il farmaco può provocare disturbi nervosi transitori quali per es. eccitazione, disorientamento, tremori e convulsioni. Il farmaco favorisce l'assorbimento dei farmaci compresi gli ACE-inibitori, la cimetidina, il diazepam e la digossina, per questo motivo devono essere considerati eventuali effetti secondari al loro sovradosaggio.
La gastrite uremica deve essere trattata con antagonisti dei recettori H2 quali la cimetidina alla dose di 5 mg/kg/8-12h PO o EV, ranitidina alla dose di 2-4 mg/kg/12-24h PO o EV o la famotidina alla dose di 0,5-2 mg/kg/24h PO. Anche in tal caso queste molecole devono essere somministrate a dose ridotta considerando la quantità in funzione del reciproco della concentrazione plasmatica della cretinina. Per coadiuvare l'azione dei farmaci sopraccitati, in particolare nei casi ove è presupponibile la presenza di erosioni o ulcerazioni della mucosa gastrica, è utile la somministrazione di sucralfato o sodio bicarbonato (vedi terapia delle gastriti).

Uso dell'eritropoietina ricombinante per il trattamento dell'anemia

L'anemia in corso d'insufficienza renale è la conseguenza della distruzione delle cellule iuxstaglomerulari e degli effetti mielosupppressivi di alcune tossine uremiche. L'anemia è anche uno dei fattori più importanti della progressione dell'insufficienza renale a causa della minor portata di sangue al parenchima renale e peggioramento della funzione dei tubuli. La somministrazione di eritropoietina alla dose di 100 U/kg SC tre volte alla settimana nella gran parte dei casi provoca un aumento del valore dell'ematocrito di 0,5-1 mm per giorno. La somministrazione può essere ridotta a una, due volte la settimana quando l'ematocrito ha raggiunto il valore di 35-40 per il cane e 30-35 nel gatto. Con il miglioramento del valore dell'ematocrito si osservano con frequenza segni di benessere quali l'aumento dell'appetito, del peso corporeo e della vitalità. Purtroppo il miglioramento può non essere quello atteso nel caso di avanzamento della malattia e perché con il tempo si possono formare anticorpi anti-eritropoietina che ne limitano l'efficacia.


Trattamento dell'insufficienza renale acuta

Il trattamento sintomatico dell'insufficienza renale acuta prevede la somministrazione aggressiva di fluidi come nel caso dell'IRC e la somministrazione di farmaci (dopamina e furosemide) per favorire la ripresa della formazione ed eliminazione di urina. 
Di seguito riportiamo per comodità cenni generali sull'uso delle catecolamine nella medicina degli animali d'affezione.

Uso delle catecolamine nella medicina intensiva.

Le catecolamine naturali o di sintesi vengono somministrate per stimolare i recettori del sistema nervoso simpatico. Le catecolamine usate in terapia sono la noradrenalina, la dopamina, la dobutamina e l'isoproterenolo ed i recettori sono classificati come alfa adrenergici, beta adrenergici e dopaminergici.

I sintesi la stimolazione dei recettori alfa1-2 promuove la contrazione della muscolatura liscia compresa quella vascolare, quella dei recettori beta1 l'attività inotropa e cronotropa cardiaca, quella dei recettori beta2 anche il rilassamento della muscolatura liscia bronchiale e quella dei recettori dopaminergici il flusso ematico nei distretti renale, splancnico, cerebrale e coronarico. Gli effetti metabolici principali sono l'attività lipolitica (beta1), glicolitica (beta2), il rilascio di ormone della crescita e l'inibizione della produzione di prolattina (alfa2).

Adrenalina
E' un farmaco potente con spiccata attività inotropa, cronotropa e a dosi basse 0,04-0,2 mcg/kg/1-5 minuti EV riduce anche la resistenza della vascolatura periferica. Queste azioni trovano impiego nel trattamento dell'arresto cardiaco e nello shock. Ha azione broncodilatatrice e può essere di efficacia nelle crisi asmatiche acute e gravi in associazione con i corticosteroidi e i broncodilatatori. 
Dopamina (Revivan®)
Alla dose di 0,5-3 mcg/kg/minuto EV è in grado di aumentare considerevolmente il flusso ematico renale, coronarico e splancnico. Al contrario a dosi più elevate 10 mcg/kg/min predomina l'effetto alfa1 con aumento dell'attività cardiaca e vasocostrizione periferica. La principale indicazione della somministrazione della dopamina è l'insufficienza renale acuta con oliguria. La dopamina deve essere diluita in soluzione fisiologica o di Ringer o glucosata al 5% (per es. una fiala di 200 mg diluita in 1L di liquidi fornisce una soluzione contenente 200mcg/ml). Per favorire la produzione (aumento flusso glomerulare) ed eliminazione di urina deve essere associata alla somministrazione di fluidi e furosemide (azione sui tubuli) alla dose di 1 mg/kg/ora EV, sebbene nel cane i tubuli renali posseggano recettori dopaminergici in grado di promuovere la diuresi e natriuresi. Nel gatto la diuresi associata alla somministrazione di dopamina è indotta solo dall'aumento della pressione arteriosa e non dall'aumentato flusso renale perché non sono presenti recettori dopaminergici su glomerulo e tubulo. Infine per una corretta somministrazione della dopamina devono essere evitate le soluzioni alcaline perché la rendono inattiva e la somministrazione di metoclopramide che è un alfa2 antagonista in gardo di interferire con l'attività della dopamina.
Dobutamina (Dobutrex®)
A dosi contenute, per es. nel cane 2,5-20 mcg/kg/min e nel gatto 0,5-3 mcg/kg/min, ha un prevalente effetto inotropo e scarsa azione cronotropa. Anche la dobutamina deve essere diluita in fluidi evitando la soluzione fisiologica nei pazienti con problemi cardiaci (per es una fiala di 250 mg in 500 ml di fluidi fornisce una soluzione di 500 mcg/ml). L'indicazione principale è lo shock non cardiogeno con perfusione tissutale ridotta e la terapia iniziale della cardiomiopatia dilatativa.

 

Questo manuale è destinato agli studenti di Medicina veterinaria.

L’intento degli autori è stato quello di fornire note pratiche di terapia delle principali malattie
degli animali d’affezione e da reddito, con particolare riferimento:
a) alle strategie di terapia adottabili,
b) alle precauzioni d’impiego dei farmaci,
c) agli effetti collaterali,
d) alle interazioni tra le varie molecole
e) alle dosi consigliate dalla letteratura veterinaria attuale.

 

Lo staff di Fossombrone desidera fare i complimenti
al Prof. M. Corazza per il manuale riportato in questa pagina


N.B.
Lo staff di questo sito web declina ogni responsabilità per quanto sopra riportato.
Si consiglia comunque di consultare un medico veterinario prima della somministrazione dei farmaci sopra citati.

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