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Introduzione al
miglioramento genetico
Tratto da "Elementi di Miglioramento genetico in cinologia"
a cura del Professor Roberto Leotta
Facoltà di Medicina Veterinaria - Università di Pisa
I principi del miglioramento genetico degli animali sono codificati da tempo e la loro formulazione matematica data
intorno all'inizio del secolo, sebbene la selezione sia stata sicuramente applicata dall'uomo nella notte dei
tempi a partire dalla domesticazione delle specie (delle quali si pensa che la prima sia stata verosimilmente la
canina).
Si ritrovano indicazioni sugli obiettivi da perseguire e sui caratteri che devono presentare gli animali di varie specie
adibite a determinati compiti in iscrizioni e testi risalenti all'Antico Egitto ed all'Impero Romano. I
risultati ottenuti già allora erano tutt'altro che trascurabili, basti pensare ad alcune delle varie razze di
cani presenti; molossi assiri per la guerra, levrieri per la caccia, mastini napoletani per la guardia (Fiorone, 1961;
Van Vleck et Al.,1987; Matassino, 1989) e alle iscrizioni egiziane che raffigurano l'uso di felini per la caccia.
L'uomo alleva da diversi millenni animali di varie specie con lo scopo principale di ricavarne un utile economico; il
significato dell'allevamento è quindi la vendita di un prodotto animale (come la carne o il latte) o gli animali
stessi per uso amatoriale, affettivo o per lavoro (cavalli, cani, gatti etc.) e l'uso dei servizi da loro forniti. In
queste attività si inseriscono i cosiddetti caratteri quantitativi, che rivestono un ruolo fondamentale poiché
la vendita e quindi il ricavo economico sono solitamente ottenuti da una produzione quantitativa e che dipende da un
controllo genetico complesso (dovuto sia a molti geni distribuiti su più loci che ai diversi fattori
ambientali).
Per i settori zootecnici orientati alla produzione di animali da compagnia, come il cane ed il gatto, non meno
importante risulta lo studio dei caratteri qualitativi, come ad esempio il colore del mantello; tuttavia il loro
controllo genetico spesso non è di tipo mendeliano semplice ed alcuni fenomeni possono rendere difficile la
precisa definizione del genotipo di un individuo per tali caratteri.
I risultati raggiunti, dovuti all'uso empirico di validi principi, in uso tuttora nell'attuale teoria della
selezione, furono esplicitati, all'inizio del secolo, in una teoria matematica che ha consentito balzi enormi nel
miglioramento di caratteri complessi (quantitativi), come la produzione di latte nei bovini, l'accrescimento e la
numerosità della nidiata. Tale formulazione, in accordo con Linch e Walsh (1998) opera in modo tale che "ciò che
si presenta, alla mente, di notevole complessità, collassa in una formulazione relativamente semplice" e che sta alla
base dei progressi sopracitati (p. es.: la produzione lattea nei bovini in U.S.A. dal 1958 al 1980 ha avuto un incremento
da 12000 a 17500 libbre di latte per lattazione, e dovuto, per circa il 40% ad effetti
genici) (Van Vleck et
al.,1987).
La necessità e le difficoltà di applicare e formulare modelli matematici complessi ha alienato gran parte dei
biologi dallo studio di queste metodologie, anche se tali modelli, nella maggior parte dei casi sono limitati ad una
algebra semplice e ai principi di calcolo di base. La genetica quantitativa non può prescindere dall'uso
(anche a livello elementare) dei suddetti modelli.
Il passo più importante e ritenuto giustamente come il necessario fondamento per il progresso nel miglioramento
genetico, fu la registrazione delle performance e l'identificazione attendibile dei soggetti, che viene
universalmente riconosciuto ad un allevatore inglese del diciottesimo secolo, Robert
Bakewell. Il successo da lui ottenuto nella fondazione di varie razze bovine, ovine ed
equine viene attribuito alla sua cura nel rilevamento delle registrazioni ed all'uso della consanguineità per la
fissazione del tipo desiderato. La scelta dei riproduttori a fini selettivi é stata finora
basata sul concetto che animali con la migliore espressione fenotipica debbano avere anche il miglior genotipo.
L'accuratezza di questa stima é stata progressivamente migliorata con il confronto di soggetti a rassomiglianza
genetica superiore a quella esistente in media entro la popolazione (parenti) nonché utilizzando modelli
statistici molto sofisticati legati alla teoria delle probabilità, che possono ridurre l'oscuramento sul
genotipo dovuto all'ambiente od alle tecniche di allevamento. Nelle grandi razze bovine da latte, per tori
con un alto numero di figli, la stima del valore genetico per la produzione quantitativa può essere molto vicina al
100% anche senza alcuna informazione sui geni e sugli alleli specifici contenuti nel loro genotipo.
L'analisi delle razze si è basata fino agli anni 60' sui libri genealogici che recepivano dati funzionali e
morfologici, oltre ad informazioni demografiche. Oggi, con l'avvento della genetica biochimica, sono state proposte
nuove prospettive grazie alla descrizione del polimorfismo di prodotti genici svincolati da effetti ambientali e
rilevati con metodologie immunologiche (gruppi sanguigni) o elettroforetici (proteine seriche o
eritrocitarie, proteine del latte). I polimorfismi biochimici sono stati già di
grande aiuto per l'analisi delle relazioni tra razze al fine di stimare il loro grado di originalità o di
somiglianza ed orientare i programmi di conservazione del germoplasma animale
(Balakrishnan e Sanghvil., 1968; Cavalli-Sforza et Edwards, 1967; Nei, 1972; Powell et coll.,
1972; Rogers, 1972). Tuttavia l'analisi diretta del DNA ha fatto emergere tutta la variabilità individuale e, con la
scoperta dei marcatori individuali, è stato possibile caratterizzare le diversità genetiche tra le razze e
popolazioni (Gregorius, 1984). Tali metodologie sono risultate particolarmente indicate per affrontare le
problematiche connesse con il riconoscimento individuale, la diagnosi di parentela, con le analisi di variabilità intra
razza, con la stima delle distanze genetiche tra razze.
Oggi, pur in ritardo rispetto ad altre specie animali, attraverso l'evolversi degli studi genetici, anche nella
specie Canis familiaris l'identificazione animale non è relegata ai soli certificati genealogici e ai tatuaggi,
bensì a sistemi di identificazione biologica cioè ai "marcatori genetici", che sono trasmessi dai genitori ai
figli secondo semplici leggi mendeliane (Bonetti, 1995).
I processi di selezione intensiva sono stati avviati prima dello sviluppo degli studi sui polimorfismi biochimici o
molecolari. Questi non hanno quindi influenzato direttamente la selezione, ma possono aver subito una evoluzione, nelle
popolazioni allevate solo per effetto di mutazioni o di trascinamento della selezione antropica, che, soprattutto
nelle razze locali, recepisce l'azione della selezione naturale. I dati molecolari possono essere perciò di aiuto
per le strategie di miglioramento, anche per le piccole razze e per i caratteri qualitativi ma si é ancora lontani
dal loro impiego nella selezione dei caratteri quantitativi.
L'ipotesi corrente é di aggiungere i dati molecolari agli schemi classici (selezione assistita) per migliorarne
l'accuratezza.
Alcuni genetisti del Laurence Berkeley-Laboratory della California hanno ipotizzato, nella specie canina, la
realizzazione di una mappa genetica onde poter giungere a spiegare le innumerevoli varianti morfologiche e
comportamentali, nonché poter riuscire ad individuare i geni coinvolti nelle malattie ereditarie si da poter
prevenire la trasmissione ereditaria (Bonetti, 1995), ed altri genetisti lavorano al "The Canine Diversity
Project", al Dipartimento di Biologia dell'Università di Ottawa, in Canada, con finalità affini, anche se non
del tutto simili.
In questo manuale verranno inizialmente considerati i primi passi da affrontare nella stesura dei piani di miglioramento
genetico. Successivamente, prima di trattare dettagliatamente i metodi di selezione (misura degli
animali, valutazione genetica e scelta dei riproduttori) ed i sistemi di accoppiamento come mezzi per realizzare il
miglioramento genetico che ci prefiggiamo, verrà considerato l'impiego delle informazioni inerenti la
parentela tra animali (genealogia) e la loro stima quale mezzo indispensabile per quantificare la consanguineità
dell'individuo ed il grado di parentela tra i diversi animali per la scelta dei riproduttori che l'allevatore
intende utilizzare in un piano di miglioramento genetico.
Tratto da "Elementi di Miglioramento genetico in cinologia",
di Roberto Leotta,
Facoltà di Medicina Veterinaria - Università di Pisa.
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