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Viaggio nel mondo della vivisezione
( foto: http://www.comune.catania.it/
)
La legislazione italiana è sempre stata poco attenta al tema vivisezione.
Infatti fino al 1992 l'unica legge esistente risaliva al 1931 ed era talmente
inadeguata che stabiliva come sanzione massima nei casi di violazione una multa
di 32.000 per i contravventori.
Finalmente, grazie alla spinta delle associazioni antivivisezioniste, nel 1992
veniva approvato il Decreto Legislativo n°116 che regolamenta l'impiego degli
animali nella sperimentazione. Purtroppo, nonostante qualche miglioramento, nel
complesso anche la nuova legge rimane assolutamente inadeguata, anche per chi
accetta in alcuni casi la vivisezione. Il Decreto Legislativo è costituito da
20 articoli che, da un lato pongono dei limiti all'impiego degli animali nella
ricerca, da un altro sanciscono anche le relative deroghe. Così si scopre che
si può non usare l'anestesia, si possono impiegare tutte le specie animali comprese quelle in via di estinzione.
Teoricamente i ricercatori dovrebbero dimostrare che non esistono metodi alternativi all'impiego degli animali. In pratica però non esiste nessuna
forma di controllo nelle autorizzazione che di fatto vengono concesse a tappeto. Inoltre, nei rari casi in cui sono stati eseguiti dei controlli, ad
esempio dai NAS (Nuclei Anti Sofisticazione), sono state riscontrate innumerevoli violazioni della normativa.
L'aspetto più criticabile di questa legge, per altro già molto permissiva verso i vivisettori, è la quasi assoluta impossibilità a mettere in atto
qualsiasi forma di controllo. Non esistono figure professionali predisposte a
ciò ed inoltre il Decreto Legislativo n°116 arriva al paradosso di sancire
che, per quanto riguarda le strutture private, il controllo sulla corretta applicazione della legge debba essere compito di un veterinario dipendente
della stessa struttura.
L'unico vero successo conseguito fino ad ora dal movimento antivivisezionista in
ambito legislativo è stata l'emanazione della Legge n°413 del 16 ottobre 1993
che sancisce il riconoscimento del diritto di obiezione di coscienza alla vivisezione da parte di studenti universitari, ma anche dei lavoratori di
industrie private. In pratica gli studenti che vogliono avvalersi di questo diritto, prima dell'inizio dei corsi universitari in cui si praticano
esercitazioni di vivisezione, devono comunicarlo per iscritto. Invece, i lavoratori che cercano un posto in un ente in cui si pratica vivisezione,
devono dichiararsi obiettori alla presentazione della domanda di assunzione o
di partecipazione al concorso.
Il vero problema di questa Legge è evitare che gli obiettori vengano discriminati sia agli esami che nelle assunzioni. Teoricamente un articolo
sancisce che tutti debbano essere trattati alla stessa maniera, in pratica però di solito è impossibile stabilire, soprattutto in ambiente
universitario, eventuali discriminazioni.
Lega Antivivisezionista (LEAL) - Via Settala 2, 20124 Milano, tel. 0229401323,
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