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L'Ehrlichia
L'Ehrlichiosi è una malattia parassitaria trasmessa
dalle zecche del cane ( Rhipicephalus sanguineus e Dermacentor variabilis )
e causata da un batterio Gram negativo, parassita endocellulare obbligato,
identificato come Ehrlichia canis , appartenente alla famiglia delle
Rickettsiaceae (anche se la sua classificazione ancora è incerta, giacché
sembra collocarsi a metà strada tra virus e batteri).
Perché la trasmissione del parassita avvenga però la zecca deve rimanere
attaccata almeno per 48 ore di seguito alla sua vittima.
Esso si moltiplica unicamente nel citoplasma delle cellule mononucleate
dell'organismo (ovvero monociti, macrofagi, linfociti ematici e cellule del
sistema reticolo-istiocitario di fegato, milza, e linfonodi).
La zecca è il serbatoio naturale di Ehrlichia: basti pensare che la durata
di vita del vettore di aggira attorno ad 1 anno e mezzo, che un adulto di
zecca può sopravvivere senza nutrirsi per ben 19 mesi e che può continuare
a trasmettere i batteri al cane nei 155 giorni successivi al pasto di sangue
infetto.
Quando una zecca infetta (ninfa o adulto) morde un altro cane, nella sede d'infissione
della zecca si crea un forte flusso di cellule infiammatorie mononucleate,
che favorisce la disseminazione dei batteri nell'intero organismo del cane.
Bisogna ricordare inoltre che un'altra modalità con cui avviene la
trasmissione della malattia sono le trasfusioni di sangue da donatori
infetti.
L'Ehrlichiosi canina è una malattia diffusa in tutto il globo,
diagnosticata principalmente nelle aree tropicali e subtropicali, così come
in quelle al di sotto del 45° parallelo di latitudine dell'emisfero
settentrionale.
La malattia è endemica e prevalente in USA, America centrale, America
meridionale, isole Caraibiche, Europa meridionale, Africa, Medio Oriente e
Asia, Cina inclusa. In Giappone è stata descritta solo occasionalmente;
mentre l'Australia sembra esserne esente.
Tale distribuzione geografica corrisponde a quella del vettore principale,
ovvero R. sanguineus.
Clinicamente l'Ehrlichiosi classica prevede tre forme: acuta, subclinica e
cronica.
- La forma acuta inizia dopo 2-3 settimane circa dall'infezione e si
caratterizza per la presenza di febbre alta e letargia (due sintomi
abbastanza aspecifici); ma altri sintomi sono associati alla replicazione e
alla diffusione del parassita nell'organismo: scolo oculo-nasale, anoressia,
debolezza, dimagramento e aumento di volume dei linfonodi.
In questa fase, che in genere tende a risolversi spontaneamente in 2-4
settimane, ci sono solo lievi alterazioni di laboratorio: tromobocitopenia
(diminuzione delle piastrine), leucopenia (diminuzione dei globuli bianchi)
e anemia (calo dei globuli rossi).
- La forma subclinica o subacuta è un'infezione della durata variabile tra
1 e 4 mesi, che apparentemente non dà sintomi evidenti, se non un vago
malessere, anzi il peso del cane si normalizza e lo stato febbrile si
risolve; a volte questa condizione può persistere per anni e ci sono casi
in cui il cane riesce persino ad eliminare da solo il batterio; come unica
alterazione potremmo avere lievi cambiamenti dei parametri ematici, per
quanto riguarda la conta delle piastrine e dei globuli bianchi.
In questa forma l'animale potrebbe diventare un portatore sano
dell'infezione.
Quando però le difese immunitarie per un qualsiasi motivo dovessero subire
un calo, come in caso di stress o per la presenza di altre malattie
concomitanti, allora l'infezione può manifestarsi gravemente in forma
iperacuta e in alcuni casi anche dopo anni, esitando in un'emorragia fatale
(soprattutto quando intervengano cause autoimmuni).
- La forma cronica si caratterizza da dimagramento (il cane si presenta
cachettico), aumento di volume dei linfonodi (linfoadenopatia) e della milza
(splenomegalia), e comparsa di edema degli arti e dello scroto.
Inoltre, conseguentemente ad un'alterazione del midollo osseo, si ha una
pancitopenia, ovvero un drammatico calo di tutte le cellule del sangue.
Infine possono comparire anche segni neurologici (convulsioni, atassia,
iperestesia, anisocoria, ecc.), dovuti principalmente ad una meningite
infiammatoria o emorragica e in alcuni casi una zoppia, con andatura rigida
dovuta a poliartrite.
La gravità della malattia dipende da vari fattori, come dalla giovane età
dell'animale colpito, dalla patogenicità superiore di alcuni ceppi del
parassita rispetto ad altri, dalla presenza contemporanea di un'altra
patologia, dalla razza del cane (p.es.: il pastore tedesco sembra essere più
sensibile).
La diagnosi di questa malattia viene di solito formulata sulla base di una
combinazione di più segni: reperti clinici (febbre, emorragie,
dimagramento, zoppie, segni neurologici e oculari) ed alterazioni di
laboratorio, sia ematologiche (trombocitopenia, anemia non rigenerativa,
leucopenia o pancitopenia) che sierologiche (iperproteinemia,
iperglobulinemia, ipoalbuminemia, aumento di ALT e ALP).
Alla base dell'alterazione principale di questa malattia, ovvero della
diminuzione delle piastrine e/o del cattivo funzionamento delle stesse (piastrinopatia),
vi è la risposta umorale (immunitaria) stimolata dal batterio stesso.
I Linfociti B attivati che si differenziano in plasmacellule, infatti,
rilasciano un fattore che inibisce la migrazione delle piastrine e, come se
non bastasse, producono anche anticorpi anti-piastrinici che ne determinano
la distruzione. Per conseguenza vengono ad essere alterati o inibiti i
meccanismi di aggregazione e adesione delle piastrine e quindi la formazione
del coagulo, dando luogo ad emorragie anche in assenza di una conclamata
piastrinopenia.
Nei cani con emorragie si consiglia comunque l'emotrasfusione (20ml di
sangue fresco/pro Kg di peso del cane oppure 10ml di plasma arricchito con
piastrine/pro Kg di peso del cane). Ovviamente per fare una corretta
diagnosi bisogna differenziare questa malattia da altre che danno luogo a
sintomi simili cioè febbre, anemia o emorragie (babesiosi, intossicazione
da pesticidi, avvelenamenti da rodenticidi, anemie autoimmuni, leishmaniosi,
ecc.).
Purtroppo la diagnosi citologica, ovvero tramite l'osservazione al
microscopio dei parassiti grazie ad uno striscio ematico (con
l'identificazione delle caratteristiche morule all'interno dei monociti)
rappresenta un metodo diagnostico inaffidabile, anche perché è possibile
solo nei primi 5 giorni dall'infezione e comunque il numero di cellule che
li contiene è sempre limitato. Ecco dunque che appare fondamentale
ricorrere alla sierologia ( ELISA e IFI ) e alla biologia molecolare ( PCR )
se vogliamo essere certi della sensibilità e della specificità del metodo
diagnostico a nostra disposizione.
Normalmente un cane viene diagnosticato come sieronegativo se il titolo
anticorpale specifico è inferiore a 1/40, lievemente positivo se
quest'ultimo è compreso tra 1/40 e 1/80, moderatamente positivo se tra
1/160 e 1/320 ed infine fortemente positivo se uguale o superiore a 1/640.
Ma ciò non basta: infatti occorre contemporaneamente monitorare anche la
sieroconversione delle proteine plasmatiche, tramite l' elettroforesi .
Per quanto riguarda la terapia diciamo subito che fortunatamente disponiamo
di un farmaco efficace rappresentato dalle tetracicline , la cui attività
batteriostatica permette all'organismo di reagire adeguatamente dal punto di
vista immunitario; ma perché ciò avvenga, la terapia dovrà essere
proseguita per almeno un mese senza interruzioni, pena il rischio che il
batterio sviluppi resistenza nei confronti dell'antibiotico stesso.
Ma indubbiamente la prevenzione rimane la misura più efficace e alla
portata di tutti per evitare che si rischi di arrivare troppo tardi anche
con la terapia (dato che non sempre si riesce a diagnosticare per tempo la
malattia).
Certo sarebbe meglio che nessuna zecca si attaccasse al nostro cane; ma
nell'eventualità, appena individuata sarebbe preferibile rimuoverla nel più
breve tempo possibile (secondo le indicazioni dell'ultimo post).
E dunque noi veterinari non ci stancheremo mai di sottolineare l'importanza
di effettuare con costanza i trattamenti antiparassitari esterni usando
prodotti efficaci nei confronti delle zecche che, contrariamente a quanto si
crede, ormai rappresentano un rischio durante tutto l'anno, senza
distinzione tra una stagione e l'altra; e questo purtroppo è dovuto proprio
ai cambiamenti climatici tuttora in corso e che stanno portando ad una vera
e propria tropicalizzazione delle temperature anche alle nostre latitudini.
Il consiglio è quello di chiedere sempre al proprio veterinario di
fiducia di segnare il prodotto più indicato per il tipo di vita che conduce
il vostro animale (se convive con un gatto, ad esempio, ce ne sono alcuni
tossici per questa specie), per la sua età e la sua taglia , anche perché
stiamo parlando di sostanze potenzialmente tossiche e che quindi vanno
sapute maneggiare, per evitare di commettere errori per troppa superficialità,
di cui poi potremmo pentirci.
In ogni caso i trattamenti, per essere davvero efficaci, devono essere
ripetuti con regolarità almeno ogni 20 giorni.
Le informazioni qui riportate hanno solo un fine illustrativo:
non sono riferibili né a prescrizioni né a consigli medici.
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