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Documentazione letteraria dell’Estremo Oriente Rari, nell’antichità, al di fuori dell’Europa, i documenti scritti nei quali il cane si differenzi da uno strumento di uso quotidiano e venga invece trattato come un essere capace di proprie reazioni psicologiche. È però già diffuso il costume di farne un protagonista di proverbi, e si può citare, come esempio, il sibillino proverbio sumero che raccomanda: “Di un cane legato – non guardare il canile”. In un contesto grettamente utilitaristico, assume particolare significato l’aneddoto, riferito a Confucio, che qui riportiamo.
Li-chi II, 2 ,3, 20 (Bertuccioli – La letteratura cinese – Ed. Sansoni) Quando morì il cane, Confucio ordinò a Tzu-Kung di sepperlirlo. “M’è stato detto che non si deve gettar via una tenda logora, perché potrà servire a seppellire un cavallo; che non si deve gettar via una vecchia calotta di carro, perché potrà servire a seppellire un cane” disse Confucio; “ma io sono povero e non possiedo coperture per carri. Quando scaverai la fossa, mettici una stuoia ad evitare che la sua testa poggi sulla nuda terra!”.
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