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Il cane da porcaio
Molto simile al lavoro del "capraio" era quello del "porcaio" che si svolgeva sia nei paesi che nelle
campagne. Il porcaio, aiutato dal Cane Corso, portava al pascolo i suoi ed altrui maiali ricevendo dai rispettivi
proprietari, a stagione finita, un compenso in natura. I Cani Corso dei porcai erano animali di carattere e venivano
utilizzati sia per la custodia che per la difesa e la caccia. I porcai spesso incitavano il Corso contro il
"verro" (per ribadirne la sua supremazia) e la lotta finiva quando il Corso riusciva a sottometterlo,
afferrandolo per l'orecchio o per il grugno, e a trattenerlo fino al sopraggiungere del porcaio.
La notte, la morra dei maiali veniva chiusa nella "porcareccia" (stalla o chiuso per l'allevamento dei
porci) ed il Cane Corso legato con una catena davanti alla porta faceva buona guardia. Il giorno i maiali venivano
portati al pascolo nel querceto (leccio, cerro, ecc.) dove c'erano alberi ad alto fusto che hanno una ghianda come
frutto. Verso sera i maiali venivano ricondotti alla porcareccia e qui, prima che il porcaio, aiutato dal Cane
Corso, facesse rientrare tutti i maiali, veniva loro somministrata una bevanda d'acqua e farina, il cosiddetto
"beverone", molto gradita anche al cane.
Durante l'estate in molte regioni del meridione (Molise, Puglia, Campania e Lucania) la morra dei maiali veniva
portata a pascolare nelle ore fresche della notte e tenuta di giorno al riparo dal sole sotto le grandi querce in riva
ai fiumi.
Alla scrofa, presa dalle doglie e prossima al parto, veniva concesso di allontanarsi dalla morra e di scavarsi una tana
nel bosco, o nella macchia, in un posto tranquillo e sicuro.
Il porcaro lasciava che ogni cosa si svolgesse nella sequenza stabilita dalla natura e solo dopo tre o quattro
giorni, accompagnato dal Cane Corso, si recava alla ricerca della scrofa e dei suoi piccoli per recuperarli. Senza
l'aiuto del suo cane l'operazione sarebbe risultata difficile e rischiosa perché la scrofa avrebbe attaccato
chiunque avesse tentato di avvicinarsi alla tana. Il Cane Corso, fiutando il terreno, seguiva le tracce mentre il
porcaro lo osservava a dorso del somaro al cui basto erano state fissate due ceste di vimini. Scovata la scrofa, il
Corso partiva all'attacco e la bloccava afferrandola all'orecchio o al grifo. Gli alti grugniti richiamavano
l'attenzione del porcaro che, sopraggiunto presso la tana, prendeva i lattonzoli e li caricava nelle ceste avviandosi
verso la masseria o la porcilaia. Richiamava, quindi, il Cane Corso in quanto la scrofa ormai avrebbe seguito
docilmente la sua prole. I cuccioloni di Cane Corso venivano addestrati a questo lavoro unendoli agli adulti affinché
imparassero naturalmente.
La cagna Corso, ottima fattrice, veniva utilizzata dai porcai e dai caprai per allattare i maialini ed i caprettini
che erano in soprannumero o che, dopo un paio di giorni dal parto, venivano rifiutati o abbandonati dalla madre.
Un altro lavoro tipico interposto tra il porcaio ed il macellaio era quello del "castrino o
sanaporcelle" che consisteva nel castrare i maiali i cui testicoli (che a
volte erano cotti e mangiati anche dagli uomini) venivano dati ai cani che "presidiavano all'intervento".
Lo scrittore Carlo Levi nel suo libro "Cristo si è fermato ad Eboli" descrive "l'intervento e
il lancio ai cani" con un verismo tale da farne emergere anche gli aspetti più crudi.
Fonte: tratto dal sito web www.ilcontadodelmolise.com
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