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La diversità
genetica dei cani africani
I cani presenti nei villaggi Africani non sono il frutto di
incroci tra razze pure, ma pare che discendano in linea diretta da un gruppo ancestrale di cani indigeni come viene
confermato da uno studio diretto dal Cornell's Center for Vertebrate
Genomics, su centinaia di soggetti locali semi-selvatici. Ciò significa che i cani trovati nella
maggior parte delle regioni Africane sono geneticamente differenti dalle razze canine non native e dagli incroci tra
queste. Questa differenziazione genetica dipende anche dal fatto che tali soggetti non sono stati sottoposti a
selezione artificiale come accade per le altre razze, e dunque il loro pool genetico mostra molta più
variabilità.
Lo studio, pubblicato il 3 Agosto sul sito Proceedings of the National Academy of Sciences, potrebbe far luce sulla
storia dell'addomesticamento del cane, rispondendo alle tante domande alle quali gli studiosi non sono ancora
riusciti a dare risposta. In futuro sarà forse possibile chiarire quali furono i tempi ed i luoghi
dell'addomesticamento canino e come questa specie sia riuscita ad adattarsi all'ambiente Africano, agli
insediamenti umani ed ai diversi tipi di alimentazione.
"I geni delle moderne razze canine costituiscono un piccolo gruppo, ma i cani Africani che abbiamo analizzato
mostrano una diversità genetica molto più grande" afferma l'autore Adam Boyko, ricercatore associato al
laboratorio di Carlos Bustamante, professore di Biologia, Fisica e Chimica alla Barkeley University in California.
I ricercatori dell'Università della California (Davis), impegnati nel "Village Dog Genetic Diversity
Project", insieme ad altri ricercatori e a dei veterinari locali, hanno esaminato 318 cani provenienti da sette regioni
dell'Egitto, Uganda e Namibia.
Sono stai inoltre analizzati soggetti di razza, tra I quali quelli che presumibilmente provengono dall'Africa, quelli
Portoricani e gli incroci tra razze pure ottenuti negli Stati Uniti. I ricercatori ed i veterinari hanno raccolto
foto ed informazioni sul peso, sull'età, sul colore dei mantelli e sulle misure corporee dei cani; hanno poi inviato
ad analizzare i campioni alla Canine DNA Bank del Baker Institute for Animal Health che gestisce un archivio in
crescita di DNA proveniente dai cani di tutto il mondo.
Boyko, Bustamante e gli altri colleghi si sono serviti di un programma per PC al fine di monitorare la diversità
genetica dei campioni. Hanno così scoperto che i cani dei villaggi Africani, sono un mosaico di soggetti indigeni
discendenti dai primi individui apparsi nel continente e di razze miste non native. Pare che alcune razze Africane come
il Cane dei Faraoni ed il Rhodesian Ridgebacks non abbiano origini africane essendo geneticamente più simili alle
razze non native.
Uno studio precedente suggerisce che il Cane Domestico probabilmente è stato originato dai Lupi dell'Eurasia,
circa 15.000-40.000 anni fa e riporta che i cani dell'Est Asiatico presentano la più grande differenziazione
genetica tra tutte le razze e ciò indica che l'addomesticamento sia partito proprio nell'Est
Asiatico. Tuttavia, i soggetti africani analizzati in questo studio rivelano una simile diversità genetica che solleva
dubbi riguardo l'area d'origine di questa specie.
Il team è attualmente impegnato a raccogliere campioni di DNA da cani di tutto il mondo, inclusi gli Stati Uniti. Gli
studiosi cercheranno di scoprire le origini delle razze moderne e quanta diversità genetica è stata persa a
causa della rigida selezione artificiale.
I ricercatori sono interessati a lavorare con i veterinari locali e con i proprietari al fine di ottenere il più
grande numero possibile di campioni da ogni angolo del mondo.
Tra i co-autori Heidi Parker ed Elaine Ostrander, genetisti al National Human Genome Research Institute; Rory
Todhunter, professore di scienza al Cornell's College of Veterinary Medicine; Paul Jones, genetista e ricercatore al Waltham
Centre for Pet Nutrition nel Regno Unito.
Lo studio è stato finanziato dal Cornell's Center for Vertebrate Genomics, dipartimento del Clinical Sciences and
Baker Institute of Animal Health; dal National Institutes of Health e dalla National Science
Foundation.
Fonte: ScienceDaily - http://www.sciencedaily.com
Traduzione a cura di Nicola Cacciola
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