|
Il molosso tradito
a cura di Renzo Carosio
Articolo pubblicato sulla rivista "Canidapresa"
Questo scritto interessa le due razze molossoidi nazionali:
il mastino napoletano e il cane corso.
Come molti appassionati di queste due razze, più volte mi sono
sentito chiedere, forse provocatoriamente, se non sarebbe stato meglio, al posto di queste due "razze", con
parecchi problemi, averne avuta una sola. bella, funzionale e funzionante.
Per cercare di dare una risposta che possa avere un senso e una qualche valenza nel panorama cinofilo, si deve
necessariamente ricorrere a una tecnica virtuale.
Proviamo perciò a fare insieme un percorso da viaggiatori del tempo perduto. Questo sarà possibile solo attingendo
alle cono-scenze ed esperienze personali, arricchite dagli scritti e dalle testimonianze di altri appassionati e
studiosi, che in questi anni si sono occupati delle due razze.
Iniziando il nostro viaggio nella memoria, scopriamo che tutto il materiale, confluito disordinatamente nella mente,
col passare del tempo si è riordinato, quasi a dimostrare il miracolo del dono dell'intelletto. Così piano, piano,
si sono create relazioni tra scritti e argomenti e, come nel "data base" di un computer, si posso attingere
informazioni correlate e così riflettere sulle tappe della nostra storia cinofila, che poi sono alla base del nostro
esser mastinari piuttosto che corsisti....
La storia ha indicato chiaramente che il cane corso e il mastino napoletano erano in origine un'unica razza. Non vi
è testo che non ripercorra, ma forse sarebbe meglio dire, batta le stesse strade. Tralasciamo l'origine dei molossi
che ci porterebbe in tempi lontanissimi all'Asia centrale e al Tibet, ai molossi degli Assiri, al molosso
dell'Epiro. In Italia le testimonianze antiche più significative (per numero e contenuto), della presenza di
cani molossoidi sono di epoca romana. I romani li chiamavano genericamente "molossus". Le ricerche fatte dagli
appassionati sull'etimo del nome mastino hanno portato a propendere per due ipotesi: una derivazione dal provenzale
mass = casa o dal latino mansuetinus = mansueto. Anche per risalire al termine corso troviamo analoghi riferimenti.
Uno dei primi studiosi che s'interessò al cane corso, il prof. Bonatti, propendeva per assegnare alla parola corso
una matrice celtico-provenzale che aveva quale significato "robusto", altra ipotesi più condivisa è quella che
corso derivi dal latino cohors = guardia del corpo. Il termine mastino lo troviamo tra le opere dei maggiori
scrittori del 1300 Dante e Boccaccio, in tempi successivi nel 1500 in opere dell'Ariosto. Il termine corso lo
troviamo sempre nel 1500 nell'opera di Erasmo da Valvassone dove compare riferita al corso la famosa frase:
"et sia facile all'ira, aspro et superbo". Con questi presupposti si poteva collocare in ordine temporale la
dizione corso successiva a quella di mastino. La ricerca dell'AICC (Associazione Italiana Cane Corso) dal titolo
"Alla scoperta delle origini" pubblicata nel 1998*, riporta testimonianze circa l'uso bellico del cane corso
in Sabina intorno all'anno mille, rimescolando così un po' le carte. Se nel passato non c'era diversità di
razza, ma solo diversità di denominazione, ed eventualmente d'impiego, non si ci deve scandalizzare se
la selezione umana, con il tempo, ha creato due razze distinte. Gli inglesi hanno creato varietà di terrier che
i profani (e non solo) fanno molta fatica a distinguere le une dalle altre. Di per sé la divisione del ceppo di
origine in base all'utilizzo, poteva avere una valida motivazione storica e cinotecnica. Ora è di tutta evidenza
che una volta operata questa scelta, si cercasse una miglior specializzazione per gli impieghi specifici delle due
tipologie, finendo per aumentare in qualche misura la diversità.
In particolare il ceppo originario che per comodità chiamerò MOLOSSO ITALIANO era comprensibile che subisse
nelle due tipologie una significativa differenziazione nell'altezza e nei pesi. Un po' come è successo negli
Schnauzer, dove esistono lo riesenschnauzer (schnauzer gigante) e addirittura due "razze" più piccole: lo
schnauzer medio e lo zwergschnauzer (schnauzer nano).
A differenza degli schnauzer molto simili nell'aspetto e distinguibili per la taglia, quello che è accaduto al
nostro "MOLOSSO ITALIANO" durante la fase della cosiddetta "specializzazione" nelle due tipologie, è
stato molto pesante, al punto di stravolgere e distruggere l'identità razziale d'origine. Il mastino napoletano
è stato oggetto di una selezione basata sulla ricerca dell'ipertipo verso l'alto.
Una ricerca sempre più esasperata che ha spostato la selezione fuori da ogni logica di lavoro e d'impiego,
regalandoci un cane oltremodo pesante, con un aumento impressionante di pelle e rughe (che molti collegano a
linfatismo).
Il rovescio della medaglia del nostro molosso italiano è stata la selezione funzionale di un cane di dimensioni più
contenute con un ottimale rapporto peso-potenza. Questo lavoro ha dato risultati accettabili, fino a quando
esponenti della cosiddetta cinofilia ufficiale hanno messo gli occhi su questo potenziale "gioiellino". Forse senza
rendersene conto, magari animati da buoni intenti, i promotori del riconoscimento hanno mischiato un po' le
carte, come ampiamente documentato. Disattendendo le verifiche sul campo, essi hanno redatto uno standard di
razza che rispondeva più alle ragioni della politica (riconoscimento ufficiale) che a quelle delle realtà
zootecnica della razza. La storia del molosso italiano aveva già avuto una tappa significativa nel 1949 al momento del
riconoscimento della sua entità "specializzata" di taglia maggiore che aveva preso la denominazione di mastino
napoletano.
Alla fine degli anni ottanta anche l'altro gruppo concorreva per salire agli onori
dell'ufficialità.
Il ceppo di origine comune con il mastino napoletano e la somiglianza dei cani a quei tempi, rischiavano però di
essere un ostacolo insormontabile. Non restava, a questa seconda variante del molosso italiano, di rinnegare il suo
ceppo di origine e tagliare qualunque legame con il fratello maggiore. Questa esigenza fu tanto sentita, al punto di
trasferire nel disegno descrittivo del cane corso caratteristiche diverse della realtà zootecnica della
razza. Il contenuto di questa operazione è condensato da quanto scritto dallo stesso autore nel disegno descrittivo:
"In nessuna ragione il cane corso deve ricordare il mastino napoletano".
La selezione di questa seconda tipologia del molosso italiano da lavoro denominato cane corso, dopo il
riconoscimento ufficiale avvenuto nel 1994, prendeva tristemente la strada della ricerca
dell'ipertipo, non solo di quei caratteri che avevano originariamente motivato
la selezione da lavoro, ma soprattutto di quei caratteri che lo distinguevano e lo allontanavano dal mastino napoletano
prima maniera. Purtroppo lo standard così redatto, finì per diventare il cavallo di Troia per introdurre e fissare
nel cane corso caratteristiche di altre razze in particolare del boxer. Con questa operazione scellerata si programmava
di fatto la distruzione del residuo patrimonio zootecnico riferibile all'antico molosso italiano. Infatti basta
guardare le fotografie per verificare quanto gli odierni soggetti di mastino napoletano e di cane corso che ci
propone quali riferimento la cinofilia ufficiale, possano rappresentare (e ricordare) la nostra storica razza.
La razza del mastino napoletano è rimasta sostanzialmente stabile per un trentennio (fine anni '70) per cui il
processo "evolutivo " si è sviluppato nei successivi vent'anni.
Nel cane corso il processo "evolutivo" si è compiuto in pochi anni. Infatti tutto cominciò nel 1998 con
l'apparizione, da un giorno all'altro, di soggetti con caratteristiche di tipo mai viste prima. Per il cane corso
l'interrogativo di come sia potuto accadere ciò, viene accentuato dal fatto che lo standard di razza non è mai
cambiato.
A questo punto ogni altro commento appare superfluo, le immagini sono abbastanza eloquenti....
di Renzo Carosio
Sito web consigliato dallo staff: www.canecorsoitaliano.com
Questo articolo è protetto dalle Leggi Internazionali di Proprietà.
E' PROIBITA la sua riproduzione totale o parziale, all'interno di qualsiasi mezzo di comunicazione
(cartaceo, elettronico, ecc.)
senza l'autorizzazione scritta dell'autore.
|