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La struttura atomica
( immagine: www.massimilianopeana.com
)
Intorno alla fine dell'Ottocento (con la scoperta dell'elettrone) fu dimostrato che
l'atomo non era
indivisibile, bensì a sua volta composto da particelle più piccole (alle quali ci si riferisce con il termine
"subatomiche"). In particolare, l'atomo è composto da un nucleo carico positivamente e da un certo numero di
elettroni, carichi negativamente, che gli vibrano attorno senza un'orbita precisa (l'elettrone si dice infatti
delocalizzato), nei cosiddetti gusci elettronici. Il nucleo è composto da protoni, che sono particelle cariche
positivamente e da neutroni che sono particelle prive di carica: protoni e neutroni sono detti nucleoni. In
proporzione se si considera il nucleo grande come una mela, gli elettroni gli ruotano attorno ad una distanza pari a
circa un chilometro; viceversa un nucleone ha massa quasi 1800 volte superiore a quella di un elettrone.
Si definiscono due quantità per identificare ogni atomo:
-
Numero di massa (A): la somma del numero di neutroni e
protoni nel nucleo;
-
Numero atomico (Z): il numero dei protoni nel nucleo, che
corrisponde al numero di elettroni esterni ad esso.
Per ricavare il numero dei neutroni si sottrae al Numero di
massa il Numero atomico.
Esiste una grandezza che ne quantifica la massa, definita peso atomico (più correttamente "massa atomica"): si
tratta della massa effettiva dell'atomo in rapporto ad un dodicesimo della massa di un nucleone (questo è il nome
con cui vengono chiamati protoni e neutroni) dell'atomo di carbonio. Il numero degli elettroni che ruotano attorno al
nucleo è uguale al numero dei protoni nel nucleo: essendo le predette cariche di valore assoluto uguale, un atomo è
normalmente elettricamente neutro e pertanto la materia è normalmente elettricamente neutra. Tuttavia esistono atomi
che perdono o acquistano elettroni in virtù di una reazione chimica: la specie che ne deriva si chiama ione.
Gli atomi aventi lo stesso numero atomico hanno le stesse proprietà chimiche: si è dunque convenuto a definirli
appartenenti allo stesso elemento.
Due atomi possono differire anche nell'avere numero atomico uguale ma diverso numero di massa: simili atomi sono detti
isotopi ed hanno medesime proprietà chimiche. Un esempio di ciò è l'atomo di idrogeno: in natura è presente in
grande maggioranza formato da un protone ed un elettrone. Vi è però, in minore quantità, anche il deuterio che è
formato da un protone, un neutrone ed un elettrone (con esso si forma l'acqua pesante) e il trizio (estremamente raro)
formato da un protone, due neutroni ed un elettrone.
Chimicamente, idrogeno, deuterio e trizio hanno però identiche proprietà.
Alcuni cenni di storia della teoria atomica
Già dal IV secolo a.C. alcuni filosofi greci (Leucippo, Democrito e Epicuro) e romani (Lucrezio), i cosiddetti
atomisti, ipotizzarono che la materia non fosse continua, ma costituita da particelle minuscole e indivisibili. Queste
considerazioni derivavano però da semplici intuizioni filosofiche. I diversi atomi erano supposti differire per
forma e dimensioni. L'idea atomistica fu poi avversata da Aristotele il cui pensiero, successivamente, fu adottato
dalla Chiesa cattolica: per questo motivo bisogna aspettare fino al XIX° secolo perché gli scienziati riprendessero in
considerazione l'ipotesi atomica.
Nel 1808, John Dalton spiegò i fenomeni chimici secondo i quali le sostanze sono formate dai loro componenti secondo
rapporti ben precisi fra numeri interi, ipotizzando che la materia fosse costituita da atomi. Nel corso dei suoi studi
Dalton si avvalse delle conoscenze chimiche che possedeva (la legge della conservazione della massa e la legge delle
proporzioni definite) e formulò la sua teoria atomica, che si fondava su quattro punti:
-
la materia è formata da particelle elementari chiamate atomi che sono indivisibili e indistruttibili;
-
gli atomi di uno stesso elemento sono tutti uguali tra loro;
-
gli atomi di elementi diversi si combinano tra loro in rapporti di numeri interi e generalmente piccoli dando
così origine a composti;
-
gli atomi non possono essere né creati né distrutti.
gli atomi di un elemento non possono essere convertiti in atomi di altri elementi.
Questa viene considerata la prima teoria atomica della materia perché per primo Dalton ricavò le sue ipotesi
per via empirica.
I primi modelli atomici
Con la scoperta della radioattività naturale, si intuì successivamente che gli atomi non erano particelle
indivisibili, bensì erano oggetti composti da parti più piccole. Nel 1902, Joseph John Thomson propose il primo
modello fisico dell'atomo: aveva infatti scoperto un anno prima l'elettrone. Egli immaginò che un atomo fosse
costituito da una sfera di materia caricata positivamente (protoni e neutroni non erano stati ancora scoperti) in cui
gli elettroni - negativi - erano immersi (modello a panettone).
Nel 1911, Ernest Rutherford fece un esperimento cruciale per mettere alla prova il modello di Thomson. Bombardò un
sottilissimo foglio di oro, posto fra una sorgente di particelle alfa (non nuclei ma atomi di elio(fonte: Caforio
e Ferilli, PHYSICA 3, Ed. Le Monnier) pag. 252) e uno schermo al solfuro di zinco. Le particelle, passate
attraverso la lamina, sarebbero rimaste impresse sullo schermo. L'esperimento portò alla constatazione che i
raggi alfa non venivano quasi mai deviati. Essi attraversavano il foglio di oro senza quasi mai esserne
disturbati. Solo l'1% dei raggi incidenti era deviato dal foglio di oro e lo era in modo notevole (alcuni venivano
completamente respinti). Sulla base di questo fondamentale esperimento, Rutherford propose un modello di atomo in cui
quasi tutta la massa dell'atomo fosse concentrata in una porzione molto piccola, il nucleo (caricato positivamente) e
gli elettroni gli ruotassero attorno così come i pianeti ruotano attorno al sole (modello planetario). Il nucleo è
così concentrato che gli elettroni gli ruotano attorno a distanze relative enormi, aventi un diametro da 10.000 a
100.000 volte maggiore di quello del nucleo. Rutherford intuì che i protoni da soli non bastavano a giustificare
tutta la massa del nucleo e formulò l'ipotesi dell'esistenza di altre particelle che contribuivano a
formare l'intera massa del nucleo. Nel modello atomico di Rutherford non compaiono i neutroni, perché queste
particelle furono successivamente scoperte da Chadwick nel 1932.
Il modello di Rutherford aveva incontrato una palese contraddizione con le leggi della fisica classica: secondo
la teoria elettromagnetica una carica che subisce una accelerazione emette energia sotto forma di radiazione
elettromagnetica. Per questo motivo, gli elettroni dell'atomo di Rutherford, che si muovono di moto circolare
intorno a nucleo, avrebbero dovuto emettere onde elettromagnetiche e quindi, perdendo energia, annichilire
nel nucleo stesso (teoria del collasso), cosa che evidentemente non accade. Inoltre un elettrone, nel perdere
energia, potrebbe emettere onde elettromagnetiche di qualsiasi lunghezza d'onda, operazione preclusa nella teoria
e nella pratica dagli studi sul corpo nero di Max Planck e, successivamente, di Albert Einstein. Ciò portò i fisici
a introdurre una nuova e rivoluzionaria teoria: la quantizzazione dell'energia.
Bohr e la meccanica ondulatoria: l'atomo oggi
Nel 1913 Niels Bohr propose una modifica concettuale al modello di Rutherford. Pur accettandone l'idea di modello
planetario, postulò che gli elettroni avessero a disposizione orbite fisse nelle quali non emettevano né
assorbivano energia (questa infatti rimaneva costante): in particolare, un elettrone emetteva od assorbiva energia
sotto forma di onde elettromagnetiche solo se effettuava una transizione da un'orbita all'altra, e quindi passava ad uno
stato a energia minore o maggiore (per approfondire si veda l'atomo di Bohr).
Questa idea, non compatibile con le leggi della fisica classica (di Newton), si fondava sulle idee dell'allora
nascente meccanica quantistica. Il modello di Bohr spiegava molto bene l'atomo di idrogeno ma non quelli più
complessi. Sommerfeld propose allora una correzione al modello di Bohr secondo cui si aveva una buona
corrispondenza fra la teoria e le osservazioni degli spettri degli atomi (uno spettro è l'insieme delle frequenze delle
radiazioni elettromagnetiche emesse o assorbite dagli elettroni di un atomo). Nel 1930 fu scoperto il neutrone per
cui si pervenne presto ad un modello dell'atomo pressoché completo in cui al centro vi è il nucleo composto di
protoni (positivi) e neutroni (protoni e neutroni si chiamano collettivamente nucleoni) ed attorno vi ruotano gli
elettroni. Ciononostante il modello di Bohr-Sommerfeld si basava ancora su postulati e soprattutto funzionava bene
solo per l'idrogeno: tutto ciò, alla luce anche del principio di indeterminazione di Heisenberg, convinse la
comunità scientifica che fosse impossibile descrivere esattamente il moto degli elettroni attorno al nucleo,
motivo per cui ai modelli deterministici fino ad allora proposti si preferì ricercare un modello probabilistico,
che descrivesse con buona approssimazione un qualsiasi atomo. Ciò fu reso possibile grazie alla meccanica
ondulatoria.
Fu abbandonato il concetto di orbita e fu introdotto il concetto di orbitale. Secondo la meccanica quantistica non
ha più senso infatti parlare di traiettoria di una particella: da ciò discende che non si può neanche
definire con certezza dove un elettrone si trova in un dato momento. Ciò che si poteva conoscere era la probabilità
di trovare l'elettrone in un certo punto dello spazio in un dato istante di tempo. Un orbitale quindi non è una
traiettoria su cui un elettrone (secondo le idee della fisica classica) poteva muoversi, bensì una porzione di
spazio intorno al nucleo definita da una superficie di
equiprobabilità, ossia entro la quale c'è il 95% della probabilità che un elettrone vi si trovi. In termini
prettamente matematici un orbitale è definito da una particolare funzione d'onda, l'equazione di
Schrödinger, in tre variabili, i numeri quantici, ciascuna delle quali è associata rispettivamente all'energia, alla forma e
all'orientamento nello spazio dell'orbitale.
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