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Il Campylobacter jejuni
( immagine: http://www.cdc.gov
)
E' uno dei microrganismi che viene rintracciato con più frequenza negli alimenti.
Il Campylobacter jejuni è stato considerato seriamente come potenziale patogeno alimentare solo dagli anni ’70, ma è probabilmente responsabile del doppio delle enteriti di cui si ha notizia rispetto alla ben più famosa Salmonella. Originariamente venne considerato un organismo non dannoso che vive in alcuni animali; uno dei misteri che lo riguardano è come possa vivere nell’apparato digerente degli uccelli senza provocare malattie e, al tempo stesso, essere un patogeno così invasivo per gli esseri
umani e per i cani.
La quantità di Campylobacter necessaria per causare un’infezione è molto bassa e negli ultimi 20 anni è aumentata la sua incidenza nelle intossicazioni alimentari, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. I soggetti sani non sono portatori di questo microrganismo ed esso non può essere trasmesso dalle persone infette a quelle sane.
L'infezione viene contratta attraverso gli alimenti o l’acqua ed il sintomo prevalente è la diarrea; sintomi secondari possono essere febbre, nausea, mal di testa e dolori addominali. Il malessere inizia, solitamente, 2-5 giorni dopo l’introduzione del microrganismo e gli effetti, che possono durare anche 10 giorni, sono molto debilitanti.
Molto di recente è stata portata a termine la mappatura genetica completa del Campylobacter e scienziati di tre centri in Inghilterra stanno ora lavorando intensamente per capire la funzionalità di ogni singolo gene.
( immagine: http://www.antropozoonosi.it
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Un filone di indagine si focalizzerà sull’attività dei geni del C. jejuni e sulla qualità e quantità delle proteine da esso prodotte a seconda dei vari tipi sollecitazioni ambientali. Ad esempio, si potrà vedere in che modo il C. jejuni reagisce a variazioni di temperatura, alla disponibilità di pochi nutrienti e a diversi livelli di acidità e di sali biliari.
I risultati serviranno per capire come faccia a sopravvivere in ambienti così diversi come l’acqua, la carne cruda e l’intestino umano e, al tempo stesso, suggeriranno possibili strategie per prevenire il suo sviluppo negli alimenti.
I geni che verranno ritenuti i maggiori responsabili della virulenza del C. jejuni saranno studiati più approfonditamente, per esempio analizzando come varia la loro attività in seguito a cambiamenti nella sequenza genetica.
Per ottenere questo genere di informazioni si usano le cosiddette micromatrici o microfotogrammi di DNA; si tratta di vetrini da microscopio trattati in modo particolare su cui è stampata la sequenza completa dei 1700 geni del Campylobacter.
Quando un estratto contenente cellule di Campylobacter viene fatto passare sui vetrini i geni delle cellule che sono attivi in quel momento vengono evidenziati e quindi identificati. Questo è un modo economico ed efficiente per confrontare l’attività di geni provenienti da cellule cresciute in condizioni differenti.
A partire da queste ricerche emergono già dei dati interessanti: per esempio, il Campylobacter possiede una serie di geni di virulenza. D’altra parte sembra che il microrganismo abbia vari geni capaci di codificare per un enzima che provoca delle modificazioni della struttura molecolare della membrana batterica.
Più di un terzo dei geni responsabili della virulenza, completamente diversi da quelli di altri patogeni, sembra non avere dei "doppioni" conosciuti in natura; ciò autorizza a pensare ad una specifica capacità di infettare del Campylobacter.
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