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Dirofilariosi cardiopolmonare

Eziologia e ciclo biologico

L'agente eziologico della Dirofilariosi cardiopolmonare del cane e del gatto è Dirofilaria immitis.
I parassiti adulti nella maggioranza dei casi si localizzano nell'arteria polmonare e nelle sue diramazioni e nel cuore destro, tuttavia sono frequentemente segnalate localizzazioni erratiche: vena epatica, cuore sinistro, aorta, arterie iliache, femorali, popliteee e testicolari, ventricoli cerebrali e camera anteriore dell'occhio. Il numero di parassiti adulti in sede cardiopolmonare varia in modo considerevole e si può osservare la presenza di 3 fino a 50 parassiti anche se a volte essi possono essere più di 100.
Morfologicamente i parassiti adulti si presentano con un corpo allungato e sottile di sezione circolare e di colore biancastro.
Presentano uno spiccato dimorfismo sessuale in quanto il maschio è più piccolo (12-17 cm X 0,7-0,9 mm) della femmina (circa 30 cm X 1-1,3 mm) e la sua estremità caudale è sottile ed a spirale mentre quella della femmina è dritta, tozza e arrotondata. La femmina è larvipara e dopo la fecondazione partorisce le L1 che si ritrovano nel torrente circolatorio. Le L1 misurano 300-330 micron di lunghezza e 7 micron di larghezza. La loro sopravvivenza nel torrente circolatorio del cane può raggiungere due anni durante i quali il loro numero nel circolo periferico può raggiungere 105 /ml.

La localizzazione nel circolo periferico sembra seguire dei ritmi circadiani essendo più elevata nelle ore serali e notturne anche se questo fenomeno è molto più frequente e spiccato in Dirofilaria repens rispetto a Dirofilaria immitis. Tuttavia la presenza di filarie adulte non sempre è accompagnata da microfilariemia in quanto numerosi fattori quali: la presenza di adulti tutti dello stesso sesso, la presenza di maschi e femmine localizzati in sede diversa o di femmine "vecchie", i trattamenti farmacologici attivi solo sulle forme larvali o capaci di indurre sterilità nelle femmine e, infine, l'instaurarsi di fenomeni immunomediati, possono determinare l'assenza delle microfilarie dalla circolazione.
Questo fenomeno viene definito "Filariasi occulta".
Per svilupparsi a parassita adulto Dirofilaria immitis. necessita di una fase di crescita in un dittero ematofago che funge da ospite vettore intermedio. Svariati generi e specie di culicidi possono trasmettere il parassita. Le femmine di questi ditteri si infettano durante il pasto di sangue su un animale infetto e le L1 nelle successive 24 ore si localizzano nel lume dei tubuli malpighiani invadendone le cellule della parte distale e in circa 8-10 giorni evolvono a L2. Dal tredicesimo giorno incominciano ad apparire le L3, lunghe circa 1 mm, che abbandonano i tubuli malpighiani perforandone la parte distale, attraversano il corpo dell'artropode localizzandosi nell'apparato buccale (labium).
La penetrazione nelle cellule e l'abbandono dei tubuli malpighiani rappresentano due momenti critici per la sopravvivenza della zanzara; in caso di un elevato numero di larve la zanzara muore. Alcune specie di zanzara sono in grado di incapsulare le larve e ucciderle a livello dei tubuli malpighiani, oppure di produrre sostanze che causano la lisi delle microfilarie. Durante il pasto di sangue le larve emergono dal labium per depositarsi sulla cute immerse nell'emolinfa che ne impedirà l'essiccamento e raggiungono il derma attraverso il foro causato dalla puntura della zanzara. La sopravvivenza e la possibilità di sviluppo delle larve nel dittero dipende da svariati fattori quali la temperatura (il ciclo nel vettore si arresta sotto i 18°C e le larve riprendono lo sviluppo quando la temperatura si alza). I culicidi potenzialmente interessati alla trasmissione della dirofilariosi sono raggruppabili in due sottofamiglie: Anophelinae (con il genere Anopheles) e Culicinae (con i generi Culex, Aedes, Culiseta, Mansonia e Coquillettidia). Il corpo di questi insetti presenta dimensioni variabili tra 4 e 10 mm ed è diviso in tre regioni: testa, torace ed addome. La testa presenta occhi composti, antenne filiformi, formate da 14-15 articoli a funzione sensoriale, ed un apparato buccale formato da un labium a doccia che avvolge una proboscide. Quest'ultima e costituita da labrum, epifaringe, ipofaringe, 2 mascelle e 2 mandibole a forma di stiletto. Il maschio si nutre di succhi vegetali mentre la femmina è anche ematofaga. Durante il pasto di sangue la saliva di questi insetti diluisce ed impedisce la coagulazione del sangue assunto ed induce la dilatazione dei capillari ematici. All'apparato buccale segue il faringe costituito da una pompa cibaria e una pompa faringea posteriore; tra le due pompe si trova una valvola che in alcuni Anopheles e in Culex pipiens è provvista di spine e dentelli capaci di emolizzare gli eritrociti e danneggiare meccanicamente alcune delle microfilarie ingerite e ucciderle, diminuendo così la carica infettante. Seguono quindi l'esofago, il proventricolo, l'intestino medio, l'intestino posteriore, il retto e l'ano. Al punto di unione tra intestino medio ed intestino posteriore si trovano i tubuli del malpigli a funzione escretoria. Il torace è costituito da 3 segmenti: pro-, meso- e metatorace; a ciascuno di essi è articolato un paio di zampe lunghe e sottili.
Sul mesotorace sono inserite due ali, mentre sul metatorace si trovano un paio di bilancieri, strutture proposte all'equilibrio durante il volo. L'addome è costituito da 10 segmenti gli ultimi dei quali sono trasformati in apparato genitale esterno. La cavità interna è detta emocele in cui scorre l'emolinfa costituita da un parte liquida e da elementi cellulari (emociti); l'emolinfa svolge le funzioni di apparato circolatorio e provvede alla fagocitosi dei corpi estranei. Il sistema nervoso è costituito da due cordoni principali e da gangli segmentali. L'organo genitale femminile è costituito da 2 ovari, un ovidotto e dalle spermatiche in cui vengono conservati gli spermatozoi; per poter deporre le uova la femmina deve nutrirsi di sangue fonte di aminoacidi ed altre sostanze necessari alla loro maturazione. Il numero di uova prodotte (100-400) è in funzione della specie e della quantità di sangue ingerita dalla femmina. La schiusa delle uova avviene 2-3 giorni dopo la deposizione e dalle uova emergono delle larve vermiformi, che evolvono in 4 diversi stadi larvali ed in pupa prima di diventare adulti. Il ciclo si completa in 6-16 gioni a seconda della specie e delle condizioni climatiche. Nei paesi a clima temperato la presenza degli adulti è limitata ad alcune stagioni ( tarda primavera, estate ed inizio autunno) e la sopravvivenza all'inverno è garantita dalle uova (Aedes), dalle larve (alcuni Anopheles e Coquillettidia) oppure dalle femmine adulte (alcuni Anopheles e Culex).
Le zanzare si dirigono verso l'ospite attratte dall'emissione di CO2 e dall'odore e lo localizzano in base a gradienti di temperatura e umidità. Alcune specie si allontanano solo di pochi metri dall'habitat larvale mentre altre possono spostarsi per più di 50 KM. La ricerca dell'ospite segue ritmi circadiani diversi a seconda della specie: alcune pungono di solito durante la notte, altre alle prime ore del mattino, altre ancora presentano due picchi di attività all'alba ed al tramonto. Le zanzare possono essere esofaghe ed endofaghe (secondo il luogo dove compiono il pasto), esofile ed enofile (in base al luogo in cui vivono), zoofile, antropofile o entrambe in base all'ospite preferenziale. Il cane è preferito al gatto da molte specie di zanzare capaci di trasmettere D. immitis, ciò sembra anche essere legato al fatto che mentre il cane di notte dorme, il gatto è in continuo movimento mentre le zanzare necessitano di un certo tempo di contatto con l'ospite per nutrirsi e dalla più piccola taglia del gatto.
Le L3 vengono quindi inoculate ad un nuovo ospite con la puntura dell'insetto e nei primi 3-6 giorni esse si localizzano nel derma mutando ad L4, quindi raggiungono i capillari linfoematici ed iniziano la loro migrazione verso il cuore che raggiungono dopo circa 80-120 giorni periodo durante il quale mutano ad L5 e misurano 3-11 cm. Dopo circa 6 mesi dalla penetrazione nel cane (pp 6 mesi) esse diventano sessualmente mature e le femmine dopo la fecondazione cominciano a partorire le microfilarie. Gli adulti sopravvivono fino a 5 anni nel cane. Nel gatto il periodo prepatente è più lungo che nel cane (circa 8 mesi). Le microfilarie circolanti nel cane possono essere trasmesse ai cuccioli per via transplacentare ma non possono evolvere a parassita adulto.
Epidemiologia
La dirofilariosi cardiopolmonare (DFCP)è una malattia cosmopolita anche se con frequenze fortemente variate nei diversi paesi. Le aree di maggiore endemia sono gli Stati Uniti, il Giappone e le regioni nord orientali dell'Australia. Nel Bacino del Mediterraneo la più estesa area endemica è situata nel nord Italia ma la parassitosi è presente anche in Francia, in Corsica, Spagna, Portogallo e Grecia. Il parassita è stato inoltre segnalato in cani residenti in Germania e Austria che avevano soggiornato per periodi anche brevi in aree endemiche.
Gli ospiti elettivi della dirofilariosi cardiopolmonare sono rappresentati dai cani e canidi selvatici ma anche i felini, i roditori, gli ungulati, i mammiferi marini ed i primati, compreso l'uomo, possono essere interessati dalla malattia.
Dal punto di vista epidemiologico tre fattori principali condizionano la diffusione della malattia:
a. l'ambiente,
b. la densità dei vettori ospiti intermedi e
c. la presenza di ospiti di ospiti elettivi serbatoi della parassitosi (ospiti in cui il parassita sia in grado di portare a termine il proprio sviluppo ad adulto e riprodursi-ospiti microfilariemici).

Ambiente
I fattori ambientali principali che favoriscono la presenza e la diffusione della DFCP sono rappresentati da elevata umidità e temperature idonee allo sviluppo ed alla attività dei culicidi ospiti intermedi; infatti, più elevata è la stagione di attività degli insetti e maggiore è il rischio di infestazione.
Altro importante fattore è l'antropizzazione del territorio a cui è connesso un aumento della densità di ospiti elettivi (cani) e può contribuire alla creazione di habitat idonei allo sviluppo dei culicidi anche durante il periodo invernale. In ambito europeo la pianura Padana, soprattutto le aree medie e terminali del corso del Po, è quella che più risponde a queste caratteristiche. Da queste zone la malattia si è diffusa in Toscana interessando il litorale e risalendo lungo il corso dell'Arno e le aree appenniniche e prealpine fino in Svizzera mentre il parassita è assente o con prevalenza molto bassa nelle altre regioni centrali e, soprattutto, nel regioni meridionali italiane dove è però presente D. repens. Alcuni studi hanno dimostrato che una preesistente infestazione da D. repens tende ad impedire lo sviluppo di D. immitis.

Il Vettore
Nella pianura Padana i generi dei culicidi ospiti i intermedi presenti sono: Anopheles, Culex, Aedes, Culiseta, Mansonia e Coquillettidia ma, l'inquinamento delle acque superficiali ha consentito in alcune zone il prevalere di Culex pipiens, la specie più resistente in queste condizioni (ex: unica specie catturabile nella città di Milano). Rispetto ad altre specie, inoltre, Culex pipiens ha anche una maggiore capacità di difesa contro le infestazioni dalle larve di D. immitis per la presenza di spine e dentelli a livello del faringe (armatura cibaria) capaci di danneggiare meccanicamente alcune delle microfilarie ingerite e ucciderle e ciò rende questa specie maggiormente competente nella trasmissione della malattia. Un altro fattore importante è legato alla predilezione di molti ceppi di questa specie a compiere il pasto di sangue sul cane (ospite serbatoio) e sull'uomo; quest'ultimo aspetto può spiegare la crescente frequenza dei casi umani segnalati negli ultimi anni.

Il reservoir
I serbatoi della malattia sono rappresentati dagli ospiti microfiilariemici ed il cane è l'animale in cui questa condizione, in assenza di controllo, si verifica con elevata frequenza. Il gatto invece, pur essendo recettivo, la microfilariemia è spesso assente o di modesta intensità o transitoria. Il ruolo dei canidi selvatici (volpi) in Italia come serbatoi della malattia sembra essere trascurabile. Nelle aree italiane endemiche il rischio di infestazione e la prevalenza della DFCP in cani non sottoposti a profilassi farmacologica è elevatissima.
Un importante fattore da considerare è che quando l'intensità della microfilariemia nella popolazione canina è bassa aumenta lo spettro di ospiti vettori infetti ed in grado di trasmettere la malattia.
Per quanto riguarda il gatto, questo animale oltre a non rappresentare un serbatoio crea diverse difficoltà diagnostiche in quanto la valutazione della microfilariemia spesso risulta negativa (microfilariemia assente o modesta) ed anche altri tipi di indagini (test immunologici) risultano spesso falsamente negativi in questa specie animale. Queste difficoltà determinano probabilmente una a sottostima della frequenza della malattia nel gatto ( prevalenza riportata 5-23%). Nel gatto inoltre la DFCP presenta alcune differenze sostanziali rispetto al cane in quanto mentre nei cani non sottoposti a profilassi farmacologica la gravità della malattia è più elevata nei cani che dormono all'aperto, nel gatto ciò accade soprattutto nei gatti che dormono in casa in cui gli episodi gravi e, spesso, fulminanti sono molto frequenti. Ciò sembra essere legato al fatto che i gatti maggiormente esposti alla puntura dei culicidi infetti, gatti che trascorrono la maggior parte del tempo in ambiente esterno, sono in grado di elaborare una risposta immunitaria che li rende in parte resistenti. Negli ultimi anni, però, l'osservazione di gatti microfilariemici è enormemente aumentata in nord Italia.

Patogenesi
Macrofilarie
La presenza di parassiti adulti nelle arterie polmonari e nel ventricolo destro (sedi naturali) induce un danno di progressiva gravità in tali distretti determinando:

a. Arteropatie

Il danno meccanico dovuto alla presenza di parassiti adulti nelle arterie polmonari è inizialmente (pochi giorni) responsabile di un rigonfiamento e degenerazione delle cellule endoteliali con un di stanziamento delle giunzioni intercellulari e conseguente esposizione dei tessuti sub-endoteliali con conseguenti arteriti. Dopo circa un mese dall'arrivo delle filarie nelle arterie, si osserva la crescita di formazioni villose che originano dalla migrazione delle cellule muscolari lisce nell'intima e nel lume vasale; queste formazioni sono ricoperte da cellule simili a quelle endoteliali ma meno resistenti alle sollecitazioni con amplificazione della formazione di queste formazioni. Il danno endoteliale e la flogosi vascolare sono responsabili di un aumento della permeabilità vascolare e di edema infiammatorio perivascolare. A livello del circolo polmonare la flogosi e le alterazioni emodinamiche conseguenti ai danni indotti dai parassiti portano ad una dilatazione dei grossi vasi, alla perdita di elasticità per conseguente fibrosi ed alla riduzione della portata in alcune aree molto ben evidenziabili radiograficamente. Le reazioni antigeni/anticorpo con l'attivazione del complemento, inoltre, contribuiscono all'alterazione della funzione endoteliale ed all'aumento della permeabilità vascolare. 

b. Ipertensione polmonare ed alterazioni del parenchima polmonare

Questi danni portano ad ipertensione polmonare anche per la costrizione e l'ostruzione dei vasi. Oltre alla presenza dei parassiti ( anche di microfilarie nei vasi piccoli) e alla comparsa delle formazioni villose l'ostruzione è anche causata da emboli conseguenti alla morte dei parassiti (anche in seguito alla terapia adulticida), per la perdita di elasticità delle pareti arteriose polmonari e per la formazione di trombi conseguenti al danno endoteliale ed al rallentamento del flusso ematico. Per tutti questi motivi il grado dell'ipertensione polmonare spesso non è correlato al numero di parassiti presenti ma ad una più complessa interazione ospite/parassita. La flogosi si estende quindi agli alveoli ed al tessuto interstiziale perivascolare ed in caso di tromboembolismo si osserva ischemia regionale e broncocostrizione con conseguenti necrosi, atelettasie ed edema polmonari. Queste lesioni possono essere enormemente aggravate in caso di morte (ex per terapia) delle macrofilarie. Collateralmente all'instaurarsi delle arteropatie, anche il parenchima polmonare evolve in senso patologico come conseguenza della parassitosi. Si osserva infatti flogosi dei tessuti perivascolari, sia a livello alveolare che interstiziale, fibrosi polmonare, enfisema e ipertrofia della muscolatura bronchiale e proliferazione dell'epitelio bronchiale. La flogosi vascolare e perivascolare si amplifica durante il trattamento adulticida, con infiltrazioni di cellule infiammatorie e reazioni di ipersensibilità di tipo III. In caso di tromboembolismo si osservano ischemia regionale e broncocostrizione importante, alterata produzione di surfactante, atelettasie, edema polmonare, infarcimento del parenchima e necrosi ischemica con grave riduzione della funzionalità polmonare. In alcuni casi si può osservare anche un versamento pleurico di modesta entità. In seguito alla morte dei parassiti post-trattamento, inoltre, si possono anche osservare lesioni polmonari non collegate alla localizzazione anatomica dei trombi ed alle loro dimensioni. Queste lesioni comprendono: alterazioni delle cellule epiteliali alveolari pavimentose con conseguente fibrosi con riduzione degli scambi gassosi e fragilità capillare. Nel gatto si osserva ancheuna flogosi con componente macrofagica e proliferazione reattiva delle cellule alveolari cubiche con grave riduzione delle aree disponibili per gli scambi gassosi. Si ipotizza che queste reazioni siano conseguenti al rilascio di sostanze tossiche da parte delle macrofilarie morte in seguito al trattamento adulticida oppure a reazioni immunitarie ancora non note.

c. Lesioni cardiache

Conseguenza dell'ipertensione polmonare è la dilatazione del ventricolo destro con ipertrofia; in animali con intensa attività fisica e fenomeni tromboembolici ciò determina insufficienza cardiaca che, nei casi più gravi, si manifesta con ascite, idrotorace ed idropericardio ed edemi periferici. Le alterazioni funzionali si estendono quindi al ventricolo sinistro e alle valvole cardiache. La presenza delle macrofilarie nel cuore destro, inoltre, può essere responsabile di danno valvolare meccanico con endocardite oppure insufficienza valvolare acuta se i parassiti si agganciano alle corde tendinee.

d. Coagulopatie sistemiche

Alcuni studi sembrano evidenziare che D. immitis possieda una capacità intrinseca di indurre alterazioni della coagulazione caratterizzate da inibizione della coagulazione.

e. Shock

La morte sia delle macro che delle microfilarie può essere causa di shock sistemico; tutti gli animali trattati con farmaci adulticidi sono a rischio di shock, mentre nel caso della terapia microfilaricida sono considerati a rischio di shock i cani di peso inferiore ai 16 Kg oppure tutti i cani con un numero di microfilarie > di 10.000/ml.

f. Azione patogena delle microfilarie

Le microfilarie vive possono essere responsabili di ostruzione dei capillari ematici, di patologie immunomediate, di granulomi renali, di immunodepressione generalizzata e/o specifica verso la parassitosi, di produzione, potenzialmente patogena per l'ospite di IgE. Le microfilarie morte possono provocare shock anafilattico e la formazione di microgranulomi in sede epatica e renale e di ulcere pruriginose cutanee.

g. Sindrome della vena cava (SVC)

La SVC si può manifestare in corso di dirofilariosi cardiopolmonare nel cane e molto più raramente nel gatto. In Italia risultano colpiti da questa sindrome il 12% dei cani parassitati; i soggetti di piccola taglia hanno una probabilità di presentare la SVC 40 volte superiore a quella dei cani di taglia maggiore. Dal punto di vista sintomatologico la SVC ha un andamento acuto ed è caratterizzata da emoglobinuria, dispnea e soffio cardiaco ad insorgenza improvvisa e spesso ad esito infausto in mancanza di una terapia adeguata. Sebbene la carica parassitaria nei cani colpiti sia spesso elevata, la SVC si può manifestare anche in cani con infestazioni relativamente basse. Questa sindrome è causata dalla localizzazione delle macrofilarie nell'atrio destro in prossimità della valvola tricuspide e non nelle vene cave, nel qual caso si osserva morte improvvisa degli animali senza i sintomi caratteristici della SVC. Le macrofilarie nell'atrio destro interferiscono sulla cinetica e funzionalità della valvola tricuspide; ciò determina rigurgito di sangue nell'atrio destro durante la fase sistolica con soffio cardiaco. La gittata del ventricolo destro si riduce moltissimo e lo scompenso emodinamico del circolo arterioso polmonare si riflette sul circolo sistemico con possibile shock e morte dei cani colpiti. Le macrofilarie nelle camere cardiache destre sono responsabili di emolisi e ciò determina la comparsa di emoglobinuria. In situazioni sperimentali la SVC è stata provocata mediante somministrazioni di farmaci macrofilaricidi e ciò sembra avvalorare l'ipotesi che la dislocazione delle macrofilarie nell'atrio destro (SVC) possa essere la conseguenza della morte di alcuni parassiti che causa, per fenomeni di ipertensione polmonare conseguenti a fenomeni tromboembolici a livello polmonare, una brusca riduzione della gittata sistolica con dislocazione delle macrofilarie nell'atrio destro. In corso di SVC si possono anche osservare coagulazione intravasale disseminata, epatomegalia e degenerazione e necrosi epatiche, nefropatie gravi legate all'emoglobinuria ed insufficienza renale.

h. Nefropatie

La dirofilariosi cardiopolmonare può indurre glomerulonefriti per deposito di immunocomplessi circolanti o per la formazione in situ di immunocomplessi a partire da antigeni circolanti solubili prodotti dalle macrofilarie. E' anche possibile osservare una minore per fusione per insufficienza cardiaca congestizia, riduzione del tasso di filtrazione legato alla diminuzione della pressione oncotica per ipoalbuminemia, amiloidosi, emosiderosi dovuta alla distruzione meccanica dei GR nella SVC.

i. Epatopatie

Stasi venosa con degenerazione e necrosi delle cellule epatiche e danni epatocellulari immuno mediati. Ciò determina un aumento sierico degli enzimi epatici.

l. Morbo di Cadiot (osteopatia ipertrofica)

Con produzione periostale che inizia dalle falangi e prosegue prossimamente ed è dovuta al danno polmonare.

m. Localizzazioni atipiche

Sia gli adulti che gli stadi larvali si possono reperire in localizzazioni diverse dal circolo polmonare. Spesso i cani con localizzazione aberrante delle macrofilarie non sono microfilariemici. Il gatto è considerato un animale predisposto alle localizzazioni atipiche (p. 42). Le localizzazioni atipiche osservate sono:

1. localizzazione delle macrofilarie nel circolo arterioso (cuore sx, arterie cerebrali e in diramazioni dell'aorta addominale) con ostruzione completa o parziale e fenomeni tromboembolici che si amplificano con il trattamento adulticida.

2. Localizzazioni nel SNC con formazioni di granulomi

3. Localizzazioni oculari con uveiti anteriori causate dal danno meccanico, dal rilascio di metabolici tossici e da reazioni Ag-Ac.

4. Localizzazioni cutanee con formazioni simili ad ascessi soprattutto agli arti di cisti sottocutanee interdigitali

5. Le macrofilarie sono risultate localizzate anche in cisti intramuscolari, nei bronchi e nella cavità peritoneale.

La patogenesi nel gatto è simile ma più grave che nel cane in quanto le lesioni polmonari sono spesso più gravi ed estese rispetto al cane e spesso si osservano alterazioni neurologiche e polmonari gravissime con morte improvvisa non preceduta da sintomi clinici. Nei gatti è inoltre frequente l'osservazione di chilotorace.

Sintomatologia
La DFCP canina presenta una molteplicità di quadri clinici in virtù dei numerosi meccanismi patogenetici di questa parassitosi. Pensare quindi alla DFCP solo come sindrome cardio-respiratoria è limitante e spesso fuorviante.
La frequenza dell'infestazione sembra essere relazionata all'habitat del cane più che ad una vera e propria predisposizione di razza. Si stima infatti che i cani che vivono all'aperto presentino un rischio 4-5 volte superiore di contrarre la malattia rispetto a quelli che vivono in casa. Sono anche segnalate alcune razze in cui il rischio è maggiore rispetto ad altre come il boxer, il pastore tedesco, il setter, il pointer ed il beagle.
Anche il sesso sembra rivestire un ruolo significativo in quanto i cani di sesso maschile sembrano presentare un rischio 4 volte superiore rispetto alle femmine.
L'età in cui viene riscontrata l'infestazione sembra variare in base all'area geografica in quanto si riscontrano infestazioni in animali di età tanto più giovane quanto maggiore è l'endemicità.
I soggetti di taglia grande risultano più spesso colpiti rispetto a quelli di taglia piccola anche se le forme cliniche sono spesso più gravi in questi ultimi.

Le domande specifiche da porre ai proprietari che possono aiutare a diagnosticare l'eventuale dirofilariosi sono le seguenti:

1. resistenza all'attività fisica
2. tosse o tosse con sangue
3. difficoltà respiratoria
4. dilatazione addominale
5. emottisi
6. collassi, lipotimie, sincope
7. vicinanza con altri cani infestati
8. precedenti test diagnostici effettuati
9. precedenti trattamenti farmacologici preventivi

Se non ci si trova in un'area endemica bisogna chiedere soprattutto:
1. viaggi in località endemiche

Una scarsa resistenza all'attività fisica viene riportata soprattutto da quei proprietari che fanno un utilizzo "sportivo" del cane (ex: cacciatori), nei cani di piccola taglia che fanno invece una vita sedentaria è difficile che i proprietari riportino questo segno clinico.
I segni clinici legati all'interessamento cardiopolmonare e relativi principalmente ai fenomeni tromboembolici ed ostruttivi causati dalla presenza del parassita sono:
Tosse, dispnea, scarso rendimento fisico, emottisi, sincope, insufficienza cardiaca destra, rantoli, ipossiemia, morte.
L'emottisi è determinata dalle modificazioni delle pareti vascolari e dai traumi causati dalla tosse.
L'insufficienza cardiaca congestizia tende a colpire più frequentemente tende a colpire più frequentemente i cani maschi e, spesso, amicrofilariemici e determina un accumulo di sangue nel sistema venoso prossimale al ventricolo destro con: ascite, tachicardia, cachessia, polso giugulare, edema periferico e idrotorace, ipoalbuminemia. In questi casi la rimozione del liquido ascitico non è consigliato perché non risolutivo e poi aumenta l'ipoalbuminemia. 
In alcuni casi si osserva una polmonite allergica causata dalla presenza di microfilarie, in particolare di microfilarie morte per la risposta immunitaria protettiva del cane, a livello del microcircolo polmonare. Le polmoniti allergiche, pertanto, sono più frequenti in corso di filariasi occulta. Oltre alla tosse, alla dispnea ed ai rantoli si osserva anche eosinofilia periferica ed eosinofilia del liquido di lavaggio tracheale.
In altri casi si può osservare granulomatosi eosinofilica diffusa a livello polmonare( ma anche localizzati in altri organi quali linfonodi, milza, fegato, midollo osseo, trachea, tratto gastroenterico) e causata dalla presenza di frammenti di macrofilarie morte che, oltre alla tosse ed alla dispnea sono causa di febbre, dimagramento, anoressia, linfoadenomegalia periferica, eosinofilia, basofilia, neutrofilia, monocitosi ed ipergammaglobulinemia.
In altri casi si può osservare pneumotorace con notevoli difficoltà respiratorie.
Le lesioni renali, principalmente di natura immunomediata, sono causa di proteinuria con ipoalbuminemia ed ipercolesterolemia, dimagramento e ascite. Nei casi di insufficienza renale si osservano anche iperazotemia, ipercreatininemia, poliuria e polidipsia.
Le lesioni epatichesono responsabili dell'innalzamento ematico degli enzimi epatici; queste lesioni, però, non rappresentano un motivo per un ritardo di una terapia macrofilaricida 
La DFCP nel cane è spesso associata a coagulazione intravasale disseminata che, quando di grado elevato, può causare la morte del soggetto per gravi trombosi e gravi emorragie.

Sindrome della vena cava (SVC)
Questa sindrome a rapida insorgenza è responsabile di elevata mortalità ed è caratterizzata da emolisi imponente per il danno meccanico causato dalla presenza dei parassiti nel cuore destro, in particolare nell'atrio destro, con conseguente emoglobinuria. Gli animali presentano anche mucose pallide o itteriche, forte abbattimento, anoressia, dispnea, distensione delle vene giugulari e soffio cardiaco a livello dell'area tricuspidale. Si osservano inoltre: epatomegalia, iperbilirubinemia, emoglobinemia, bilirubinuria.

In caso di localizzazioni erratiche (sinonimi: aberranti-atipiche) delle macrofilarie o per la presenza di microfilarie si possono osservare:

a. uveiti, edema corneale, blefarite e fotofobia in caso di localizzazioni oculari;

b. cecità, convulsioni, atassia, letargia e coma in cado di localizzazione cerebrale;

c. fenomeni paretico/paralitici in caso di localizzazione nel midollo spinale;

d. fenomeni ischemici con dolore agli arti e alle dita con febbre e depressione in caso di localizzazione in arterie sistemiche (più frequentemente colpita risulta l'arteria femorale);

e. ascessi cutanei e cisti interdigitali contenenti il parassita che possono determinare disturbi di deambulazione.

Sintomatologia della DFCP nel gatto
I felini parassitati generalmente presentano due forme cliniche: forma acuta e forma cronica.
La forma acuta è caratterizzata da sintomi polmonari gravi e sintomi a carico del SNC; essa è causata principalmente dal tromboembolismo grave polmonare, con conseguente dispnea e tosse parossistica o insufficienza respiratoria grave con morte improvvisa dell'animale, e a livello del SNC con atassia, crisi convulsive, midriasi, salivazione, abbattimento grave e anoressia.

La forma cronica è legata all'interessamento polmonare e gastroenterico con vomito, anoressia, perdita di peso, letargia e tosse; spesso in questa forma nel gatto si osserva chilotorace. I segni clinici più comuni della forma cronica sono però l'anoressia e l'abbattimento (segni aspecifici) e solo basandosi sul fatto che il gatto vive in una zona endemica si può ipotizzare una DFCP.

 

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