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La coccidiosi nei
carnivori domestici
Protozoi appartenenti al Phylum Apicoplexa
Famiglia Eimeriidae -
Genere Isospora
Specie: I. felis ed I. rivolta gatto - I. canis, I. burrowsi, I. ohiensis, I. neorivolta
cane
( immagine: http://workforce.cup.edu
)
I coccidi sono causa delle più frequenti ed irradicabili parassitosi a carico degli animali d'allevamento. Benchè
la maggior parte dei loro ospiti sia in grado, col tempo, di opporre un' efficace resistenza immune, il loro primo
attacco -nei soggetti giovani- può spesso rivelarsi fatale, specie se accompagnato da altre parassitosi.
Infine sarà ben difficile, se non impossibile, eliminare del tutto il parassita dai contenitori d'allevamento. Di
conseguenza continuerà a propagarsi subdolamente in maniera quasi asintomatica, aspettando il momento giusto per
"esplodere".
Classificazione: i coccidi appartengono al phylum degli Apicomplexa (Levine, 1970), comprendente un gruppo
eterogeneo di parassiti endocellulari obbligati (es. Eimeria,
Cryptosporidium, Plasmodium, Toxoplasma) tutti caratterizzati da un "Complesso Apicale" (da cui il nome),
necessario alla penetrazione delle cellule dell'organismo ospite.
In questo phylum i coccidi rappresentano il gruppo maggioritario per l'abbondanza di specie: il sott'ordine
Eimeriorina (Leger, 1911), cui appartengono tutti i coccidi, comprende (a seconda del sistema di classificazione) 8-13
famiglie, 36-39 generi e più di 2000 specie descritte.
La famiglia degli Eimeriidae (Minchin, 1903) è la predominante e la più studiata, contando, da sola, 17
generi e circa 1700 specie.
Questa incredibile varietà è legata al fatto che le singole specie di coccidi hanno solitamente una gamma
ristretta di ospiti. Limitandosi spesso ad un'unica specie animale, o a specie affini, al limite spingendosi fino ai
soggetti appartenenti allo stesso genere, ma quasi mai oltre.
Accade così che, mentre qualsiasi veterinario è in grado di effettuare una diagnosi di coccidiosi, tramite una
semplice analisi delle feci, sono davvero pochi quelli in grado di classificarli esattamente, ed è quasi impossibile
raccogliere on-line informazioni sulle specie di interesse terraristico. Per fortuna il trattamento terapeutico
standard è praticamente identico per tutti, salvando i nostri beniamini, ma lasciandoci di un'ignoranza abissale!
Caratteristiche e Ciclo vitale: i coccidi sono parassiti che infettano preferenzialmente l'epitelio di rivestimento
dell'apparato digerente di molti invertebrati e di tutte le classi di vertebrati. Per questa ragione la coccidiosi è
oggi considerata come la più diffusa parassitosi per gli animali d'allevamento e da compagnia.
Oltre ad avere un ospite preferenziale, ogni specie di coccide ha anche un bersaglio cellulare estremamente
definito. Questo è generalmente rappresentato dalle cellule epiteliali intestinali (enterociti), tuttavia già
a questo livello una singola specie preferirà infettare cellule del tratto prossimale (duodeno, tenue) piuttosto che
distale (cieco, colon, retto), ovvero -a livello di cripte- infetterà le cellule apicali piuttosto che quelle basali,
spingendosi invece talvolta all'endotelio sottostante. Alcune specie di coccide si sono invece specializzate ad
infettare distretti diversi ad esempio il parenchima epatico, la cistifellea, il dotto biliare, l'utero, le
gonadi ecc... Comunque sia ad ogni specie di questo parassita corrisponderà un definito ospite animale ed un
ben definito tipo di cellula bersaglio all'interno di esso, con conseguenze importanti sul piano patologico
(malassorbimento dei nutrienti, malfunzionamento epatico, sterilità, ecc...).
Il ciclo vitale standard che viene generalmente descritto è legato alle specie di Eimeria di interesse zootecnico,
parassiti di conigli, ovini e bovini.
L'infezione inizia con l'ingestione, da parte dell'ospite, di almeno una Oocisti sporulata (che contiene cioè degli
sporozoiti maturi), questi sono di fatto imprigionati nella ciste protettiva, che sarà degradata durante la digestione
nel duodeno ad opera della tripsina e dei sali biliari (quindi non viene degradata dai succhi gastrici dello
stomaco).
Gli sporozoiti liberi, che costituiscono la forma
infettante mobile del parassita, penetreranno immediatamente nelle cellule bersaglio grazie al loro Complesso Apicale di
cui si è accennato poco fa. Una volta all'interno della cellula si circonderanno con un vacuolo
parassitoforo, che li proteggerà dall'attacco dei vacuoli digestivi (lisosomi); qui lo sporozoite inizia il suo primo ciclo
-detto merogonico- di riproduzione asessuale (divisioni mitiche multiple).
Ogni ciclo merogonico può produrre da un minimo di 2 ad un massimo di 100.000 nuovi parassiti, che uccideranno la
cellula ospite, liberandosi, ed iniziando -ognuno- un nuovo ciclo merogonico in una nuova cellula.
In genere il parassita effettua da 2 a 4 cicli merogonici. Nei casi delle parassitosi più produttive si avranno
quindi alla fine milioni di parassiti. Questo autonomo blocco del ciclo di riproduzione asessuata è necessario,
al coccide, per poter completare il suo ciclo vitale senza uccidere l'organismo ospite (stategia evoluta dalla maggior
parte dei patogeni).
L'ultima generazione di merozoiti genererà i gamonti, ovvero gli elementi della riproduzione sessuata. Alcuni
differenzieranno direttamente in macrogameti (uno per cellula, facenti vece di "gameti femminili"), gli altri
invece daranno microgametociti, che seguiranno un nuovo ciclo di fissioni multiple per poi formare dei microgameti
biflagellati (una sorta di "gameti maschili"). Questi ultimi saranno liberati nell'ospite funzionando come degli
spermatozoi che penetreranno le cellule contenenti i macrogameti per fertilizzarli e formare uno zigote.
Lo zigote sarà quindi avvolto da una robusta parete protettiva divenendo una nuova Oocisti, che sarà liberata
nell'intestino ed espulsa con le feci.
Questo ciclo dura solo da 3 a 10 giorni ed il parassita, alla fine, sparirebbe spontaneamente dall'ospite... ma in
cattività la probabilità di ingerire delle nuove particelle infettanti, distribuite a milioni nel terrario
è praticamente una certezza ed il ciclo ricomincia.
L'Oocisti espulsa non è pronta per l'infezione, ma in condizioni adatte (caldo-umide) subirà al suo interno una
divisione meiotica e poi due mitotiche generando 4 sporocisti, ognuna contenente due sporozoiti pronti ad
infettare. Questo naturalmente si riferisce ad un ciclo esemplificativo, perché nella realtà i coccidi
riscontrabili nei rettili, a seconda della diversa specie, possono produrre 2, 4 o addirittura 8 sporocisti per ogni
oocisti.
Mentre l'Oocisti immatura è sensibile a vari sistemi di disinfezione (raggi UV, temperature superiori ai 50°C o
inferiori ai 10°C), quella matura è estremamente resistente e può sopravvivere da un minimo di due mesi
fino ad un anno e mezzo anche in condizioni estreme!
Un tipo di ciclo aberrante riscontrato in laboratorio, ma ancora da confermare come funzionante in natura,
permetterebbe ai coccidi di propagarsi anche tramite un "ospite intermedio" come usano fare le tenie. In questo caso
l'oocisti sarebbe ingerita da un ospite "sbagliato" e lo sporozoite, invece di infettare la cellula bersaglio
specifica, si espanderebbe in diverse cellule dell'ospite facendo solo i cicli merogonici ed infine "sparirebbe"
incistandosi nei tessuti. Qui resterebbe dormiente fintanto che i tessuti del suo ospite intermedio non fossero mangiati
dall'ospite definitivo ove potrebbe completare il suo normale sviluppo ed il ciclo sessuato. Se questo tipo di
ciclo fosse confermato gli stessi insetti da pasto che usiamo potrebbero rivelarsi pericolosi vettori di coccidi ai
nostri beniamini se lasciati liberi in un terrario "infetto"... ma per ora è tutto da dimostrare.
Sintomi, patologie associate, diagnosi: il principale problema con le coccidiosi è che, mentre i sintomi della
fase acuta iniziale sono evidenti quanto devastanti, in un soggetto adulto che ha già sviluppato una risposta immune
al patogeno spesso la sintomatologia è molto più subdola, o talvolta assente. Possiamo così allevare un
animale per mesi senza aver alcun sospetto.
Infezione primaria: il primo contatto di un giovane animale con questo parassita può avere conseguenze blande (se le
oocisti sono ingerite in numero minimo ed il coccide infettante è caratterizzato da un ciclo scarsamente
produttivo), o più frequentemente essere acuto. Il ciclo acuto (vi parlo di ciò che accade tipicamente nei sauri)
porta un immediato stato di prostrazione nella vittima, facendole perdere l'appetito e causando la produzione di
feci liquide, spesso maleodoranti. Se il piccolo rettile non viene prontamente curato la disidratazione e la completa
perdita di appetito può fare sì che nei seguenti e più pesanti cicli di riinfezione il parassita abbia la meglio
uccidendolo (il tutto si risolve spesso in soli 10-15 giorni). Una coccidiosi presa troppo tardi è di difficile
trattamento ed il rettile spesso muore, anche se la cura ha effetto, a causa dei danni all'epitelio intestinale causato
dal parassita e dei danni ulteriori causati dai farmaci a fegato e reni.
Tra le vittime preferite di queste forme acute troviamo, non a caso, i sauri deserticoli, che nel loro ambiente naturale
-riarso dal sole e quindi sterile- incontrerebbero ben difficilmente questo parassita. Viceversa specie
appartenenti a zone caldo umide riescono spesso a cavarsela, o perlomeno a resistere molto più a lungo, prima di
accusare sintomi gravi.
Infezione secondaria: se il giovane rettile -grazie al rapido intervento di un veterinario competente- riesce ad
uscire dal tunnel, e voi siete così bravi da garantirgli un ambiente ultrasterile, i coccidi saranno per lungo tempo
un problema dimenticato. Tuttavia il vostro amico insolito conserverà nei propri globuli bianchi la "memoria immune"
del parassita che gli aveva dato tanto filo da torcere.
Ora ponete il caso che compriate un altro rettile, o acquistiate un compagno/compagna per il vostro beniamino e
questo sia un portatore "sano" del parassita... nel giro di un tempo davvero breve il coccide attaccherà nuovamente il
malcapitato, ma stavolta si troverà fronteggiato da un sistema immune adulto ed efficiente. Di conseguenza
l'infezione secondaria potrà apparire blanda, o addirittura asintomatica. Tuttavia non si può ignorare che sul lungo
termine gli effetti si vedranno comunque come spiegherò nelle righe seguenti...
Infezione cronica latente: questa di tutte è la forma più subdola perché agisce nell'ombra. Alle volte sarà
completamente asintomatica, ma potrà ad esempio prendere rapidamente il sopravvento se il soggetto è posto a
brumare (la riduzione metabolica paralizza il sistema immune), o comunque sottoposto a stress
(es. se un compagno di teca è dominante su di lui).
Altre volte si determinerà una patologia subliminale in cui i sintomi sono scarsi e sporadici, ma gli effetti
all'interno molto più gravi: il danno protratto all'epitelio intestinale potrà compromettere
l'assorbimento del calcio portando ad una vera MOM nonostante voi usiate regolarmente calcio, integratori
vitaminici e/o lampade UV. Alla lunga anche l'assorbimento dei nutrienti fondamentali viene ridotto ed il vostro
rettile sarà sottonutrito anche se mangia come una fogna.
Il danno tissutale provocherà anche microemorragie portando all'anemia. Se il colon è irritato i recupero dei
liquidi sarà incompleto e la disidratazione porterà a danni renali, coadiuvati ed aggravati dalla produzione
continua di anticorpi contro il parassita, che genereranno immunocomplessi insolubili che intasano il glomerulo renale
(questo tipo di sintomo provoca tipicamente la produzione di "urati" arancioni invece che bianchi).
Quindi, se l'infezione acuta uccide un piccolo rettile in un paio di settimane, quella cronica ci potrà mettere anche
un anno, ma non sarà meno letale perché i sintomi saranno evidenti solo troppo tardi.
Spero che questa "arringa del terrore" possa spingere anche i più pigri di voi a far analizzare le feci dei propri
rettili subito dopo l'acquisto e possibilmente anche prima di eventi importanti (es. prima della brumazione e degli
accoppiamenti). Il costo di queste analisi è basso (sui 15 euro) ed è possibile -se interessati- attrezzarsi
autonomamente. Una coccidiosi asintomatica, con basso titolo infettivo, si può anche non curare, ma dovrete tener
d'occhio i vostri beniamini per prevenire tutte le complicazioni a lungo termine e soprattutto evitare il
contagio di animali sani.
Prevenzione, terapia e igiene: come sempre prevenire è meglio che curare. La parola d'ordine è quarantena e vale
tanto per chi alleva un solo paio di amici a sangue freddo, che per chi ne ha la casa piena. Se per puro miracolo avete
uno stock di animali tutti sani (stenterei a crederlo, ma i miracoli esistono) l'introduzione di un nuovo soggetto
dovrà essere effettuata in modo molto curato facendo più analisi delle feci consecutive se si hanno dei dubbi, o si
osservano sintomi sospetti. Guai a maneggiare un altro animale o avere contatti con la sua teca dopo aver toccato
quello sospetto, tantomeno sposteremo eventuali prede non consumate da un terrario all'altro.
Se, essendo dei comuni mortali, di tanto in tanto affiorasse una coccidiosi tra i nostri beniamini, è importante agire
senza tanti ripensamenti appena i sintomi sono evidenti (tipicamente, come primo sintomo, si osserva la produzione
di feci emesse con più acqua, senza che siano necessariamente liquide).
Consultando un veterinario competente potrete stabilire i dosaggi delle terapie necessarie. Fino a pochi anni fa le
coccidiosi si curavano unicamente con i sulfamidici (Sulfadimetossina in primis), che vanno somministrati
quotidianamente fino a negativizzazione dei campioni fecali.
Per fortuna, più di recente, si sono applicati con successo anticoccidici aviari con un buon effetto
terapeutico anche sui rettili. Tra questi il più usato e meno tossico è l'Appertex (il cui principio attivo si
chiama Clazuril), messo a punto contro il genere Eimeria. Il farmaco, insolubile in acqua, si somministra come bolo
alimentare in dose unica, ripetendo eventualmente il trattamento dopo 7 giorni se le feci non sono divenute
completamente negative. Questo composto ha il vantaggio di diffondere nell'organiasmo con un'emivita -dichiarata per i
piccioni- di 3 giorni (ma nei rettili è sicuramente più lunga). Questa persistenza del farmaco elimina efficacemente
tutte le forme del parassita sia asessuate che sessuate, anche all'interno delle cellule, impedendone la
propagazione. Per alcune forme di coccidiosi resistenti al Clazuril si impiega invece un composto più tossico, il
Baycox.
Anche il Metronidazolo (principio attivo del Flagil) mostra una parziale efficacia contro i coccidi, ma solo ad alto
dosaggio e con cicli ripetuti di terapia, per cui non è solitamente utilizzato a questo scopo.
Accanto alla vera terapia è sempre imperativo applicare una terapia di supporto, in particolare è necessario
forzare il rettile a bere molto per evitare i danni renali e facilitare l'eliminazione del farmaco. Se il paziente si
rifiutasse categoricamente di mangiare da tempo (2-3 giorni non fanno, invece, alcuna differenza per lui) sarà anche
necessario imboccarlo per evitare che si indebolisca: per facilitare l'assorbimento del cibo si useranno degli
omogeneizzati di carne o frutta a seconda dei gusti alimentari del rettile. Vi chiederete come mai, se è disponibile una terapia così efficace, esista ancora un rischio di reinfezione dei
coccidi. Il vero problema non consiste nell'eliminarli dal vostro rettile, ma nel farli sparire da "casa vostra". Nella
pratica infatti le migliaia di oocisti prodotte si troveranno distribuite un po' ovunque sia nel terrario che
nel suo circondario: ogni volta che toccate il vostro rettile, o un oggetto del suo arredamento, ne raccogliete un
buon numero e poi le distribuite ovunque appoggiate le mani. Anche se per noi non c'è alcun pericolo resta il fatto che
queste piccole mine vaganti potranno attendere per mesi o anni prima di finire fortuitamente nelle fauci del vostro
beniamino ricominciando un ciclo infettivo. Peggio che mai se spostaste qualche pianta, o ramo, o roccia in un nuovo
terrario per un altro rettile!
L'igiene in questi casi dovrà quindi essere scrupolosa sia durante la cura che dopo. Ove possibile lavate tutto con
varichina (e poi sciacquate bene!), o "cuocetelo" in forno o con una vaporella, inutile dirvi che le piante sono
difficili da sterilizzare e dovrete rassegnarvi a sostituirle.
Rettili come le Pogone ed i Camaleonti, che hanno l'insana abitudine di leccare spesso il substrato su cui camminano,
sono predisposti alla reinfezione ed andrebbero curati in ambienti ben sterili passandoli -ad esempio- da un faunabox
ad uno nuovo appena defecano, disinfettando prima zampe, ventre, cloaca e coda con un po' di amuchina, per evitare
che si portino dietro il parassita.
Le informazioni qui riportate hanno solo un fine illustrativo:
non sono riferibili né a prescrizioni né a consigli medici.
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