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Documentazione letteraria dell’antica Grecia Nel mondo greco si approfondisce l’analisi del cane: non solo Omero ne annota acutamente le reazioni all’incontro col padrone, ma i personaggi di Esopo, pur ampiamente umanizzati, conservano vivaci tratti naturali.
Odissea, XVII "…quando Argo, il cane, ch’ivi giacea,
del paziente Ulisse, la testa, ed ambo sollevò gli orecchi. Nutrillo un
giorno di sua man l’eroe, ma corne, spinto dal suo fato a Troia, poco
frutto poté. Bensì condurlo contra i lepri, ed i cervi, e le silvestri
capre solea la gioventù robusta. Negletto allor giacea nel molto fimo di
muli e buoi sparso alle porte innanzi finché, i poderi a fecondar
d’Ulisse, nel togliessero i servi. Ivi il buon cane, di turpi zecche pien,
coricato stava. Com’egli vide il suo signor più presso, e, benché tra
que’ cenci, il riconobbe, squassò la coda festeggiando, ed ambe le
orecchie, che drizzate avea da prima, cader lasciò; ma incontro al suo
signore muover, siccome un dì, gli fu disdetto. Ulisse, riguardatolo,
s’asterse con man furtiva dalla guancia il pianto, celandosi da Eumèo,
cui disse tosto: “Eumèo, quale stupor! Nel fimo giace cotesto, che a me
par cane sì bello”. (trad. I. Pindemonte)
Teogonia
"Con lei, fanciulla dal vivido sguardo, dicono che si congiunse in amorosi amplessi il terribile, il tracotante, l’iniquo Tifone: ed essa, incintasi, partorì figli feroci. Prima generò Orto, il cane di Erione; il suo secondo parto fu l’invincibile, nefando, voracissimo Cerbero, il cane di Ades……" (trad. F. Gargiulo – Ed. B.U.R.)
Contro Licambe "E spossato, con ansia della riva tu rimanga a ciglio del frangente, nel freddo, stridendo i denti, come un cane, riverso sulla bocca." (M. Hodgart – La satira – Ed. II Saggiatore)
Favole
Un tale stava preparando un banchetto per invitare un suo intimo amico. Il suo cane andò a chiamare un altro cane e gli disse: “Amico mio, vieni qui a pranzo con me”. Quello venne e si arrestò tutto giubilante a contemplare il gran banchetto esclamando in cuor suo: “Capperi! Che razza di fortuna inaspettata mi compare improvvisamente davanti agli occhi! Ora mangio e mi riempio fino alla nausea, in modo da non aver più fame per tutto domani”. Mentre il cane così parlava tra sé e sé e intanto dimenava la coda, pieno di fiducia nel suo amico com’era, il cuoco notò quella coda che andava in qua e in là, e afferratone il proprietario per le zampe, lo scaraventò immediatamente fuori dalla finestra. Il cane se ne tornò indietro, allontanandosi con grandi guaiti. Uno dei cani che incontrò sulla sua strada gli chiese: “Come è andato il pranzo caro?”. “Oh”, rispose lui, “a forza di bere mi sono talmente ubriacato, che non so nemmeno io dove son passato per uscire”.
Tra i lupi e i cani scoppiò un giorno la guerra, e i cani scelsero a comandare le loro forze un cane greco. Questo continuava a temporeggiare dinanzi alla battaglia, e i lupi facevano grandi millanterie di ciò. Ma egli disse loro: “Sapete perché io vado coi piedi di piombo? Perché, prima d’agire, bisogna sempre riflettere. Voi siete tutti d’una stessa razza e d’uno stesso colore, mentre i nostri sono diversi di costumi e fieri delle loro diverse patrie. Ma se non hanno nemmeno un colore solo e uguale per tutti! Ce n’è di neri e di rossi, di bianchi e di cenerini. Come potrei portarli in guerra, se sono così discordi e differenti?”.
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