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La storia di Pisa
Dalla fine del secolo XI e per buona parte del XII, Pisa
poteva ben dirsi la più grande potenza marinara del Mediterraneo, ed era
senza dubbio la più temuta, quale conseguenza delle numerose imprese
militari, e tra le più conosciute, grazie ai dinamici mercanti pisani in
grado di attivare innumerevoli vie commerciali. I mercati della città erano
presenti un po' ovunque e il suo porto affollato di merci e bastimenti
provenienti dalle destinazioni più disparate.
I lasciti e le eredità di queste fervide attività e contatti, che
spaziarono dal campo artistico ed architettonico a quello scientifico, hanno
segnato profondamente la storia e la tradizione dell' occidente, finendo per
far parte in maniera inscindibile del patrimonio culturale, artistico e
architettonico delle nostre città.
La partecipazione di ben 120 navi della flotta pisana alla Prima Crociata,
il ruolo decisivo svoltovi da Daimberto, arcivescovo della città e poi
patriarca di Gerusalemme, oltre che uomo di lettere ed abile soldato,
contribuisce infatti a dare della realtà pisana e dei suoi cittadini
guerrieri una immagine solo parziale. Occorre dunque ricordare la grande
espansione mercantile e commerciale verso Oriente, avvenuta in particolar
modo nella seconda metà del XIII secolo e durante il XIV. L'attività
marinara dei pisani in questo campo fu di grande rilievo, non solo verso
Bisanzio, ma anche verso il Maghreb, la Sardegna, la Catalogna e Cipro, lo
attesta oltre agli innumervoli documenti, la famosa "Carta Pisana"
mappa del 200 molto ben dettagliata di località e rotte sparse per tutto il
mediterraneo ed il mar nero. In Sicilia si assiste ad una massiccia
immigrazione di pisani nel corso del Duecento, decisiva per lo strutturarsi
delle relazioni e di un radicamento in loco che durò per molti secoli.
Nel 1999 sono state rinvenute a poche centinaia di metri dalla famosa Torre
di Pisa,presso la stazione di San Rossore, distante circa un miglio dal
mare, quattro navi di epoca romana. (ad oggi, 03/2005-il numero di navi
riportate alla luce è 23) sono state rinvenute in abbondanza ceramiche,
anfore e materiali archeologici di ogni genere connessi sia con la vita e i
traffici che si svolgevano all'interno di un porto, come cime e sartiame,
strumenti per la pesca e le manovre dei navigli, ancore in pietra, in legno
e in ferro, ceste e nasse , sia relativi a oggetti che dovevano far parte
dei carichi o del corredo delle imbarcazioni che frequentavano il porto
urbano di Pisa e che per qualche motivo sono caduti a fondo.
E' stata definita come la “Pompei del Mare”, è la scoperta archeologica
più importante degli ultimi cento anni che darà una enorme quantità di
informazioni sulle caratteristiche della marineria Mediterranea e sull'
antico porto urbano di Pisa .
Tutto ha inizio nel 1998 durante i lavori per la costruzione del nuovo
centro direzionale delle Ferrovie dello Stato. Gli scavi effettuati nel
cantiere che si trova a poche centinaia di metri da piazza del Duomo
rivelano subito la presenza di un primo relitto, una nave oneraria romana ,
in ottimo stato di conservazione(l'appellativo "romana è fittizio, in
quanto potrebbe essere stata costruita nei cantieri di Pisa, o di qualsiasi
altra parte del Mediterraneo, non è che c'è una targhetta sulla nave,come
trovo stupido l'appellativo "romana-o" per ogni cosa che fa
riferimento all'epoca dell'impero romano(roba da Piero Angela condizionatore
delle menti italiane), il quale ha fondato il suo impero creando vie di
terra, ma per quel che riguarda il mare, è Pisa che si deve prendere per
riferimento se si vuol iniziare a sciogliere vari nodi dell'antichità
classica). Sembrava un caso isolato, ma ulteriori scavi condotti dalla
Soprintendenza ai Beni Archeologici della Toscana portavano alla luce altri
relitti sempre in eccezionale stato di conservazione con parte del carico
che avevano a bordo ed anche resti di strutture portuali.
Notevole la quantità di materiali vari finora recuperata. Tantissime le
anfore di diverso tipo che venivano utilizzate per il trasporto di alimenti
e che hanno consentito di ottenere molte informazioni sui traffici
commerciali nell'antico Mediterraneo. Tanti altri oggetti facenti parte
degli strumenti di navigazione tipo argani, cordame, timoni, carrucole e
oggetti ad uso quotidiano , vasellame e addirittura sandali in cuoio ed in
legno, borse e grembiuli in cuoio. Trovate anche ossa di diversi marinai e
ossa di animali . Particolarmente toccante la scoperta dello scheletro di un
marinaio e di quello del suo cane.
La particolare conservazione dei reperti si deve a circostanze del tutto
casuali come la presenza di una notevole quantità di acqua di falda
superficiale e mancanza di ossigeno negli strati sabbiosi. Questa scoperta
straordinaria permette anche di ricostruire la vita dell'antico porto urbano
di Pisa in un arco di tempo che comprende 10 secoli dal V sec. a.C al V sec.
d.C.
La sede per il Museo della Navigazione dove poter vedere i numerosi reperti
e le navi quando sarà completato il loro restauro è stata stabilita in un
antico edificio pisano, già usato per la costruzione di imbarcazioni, gli
“Arsenali Medicei” .
Tuttavia la scoperta più inattesa all'interno di questo settore del bacino
portuale é costituita, oltre che dal rinvenimento di numerosi pezzi di
fasciame e di ordinate relativi ad imbarcazioni distrutte, dal ritrovamento
4 navi(ad oggi, 03/2005-n.navi 23), che le particolari condizioni di
giacitura hanno consentito di giungere fino a noi in un eccezionale stato di
conservazione.
. Questa scoperta è fondamentale per la definizione dell’ubicazione del
porto urbano facente parte del sistema di approdi del sinus pisanus: fino a
quel momento non si era certi della sua precisa collocazione.
L'attività di Porto Pisano chiamato anche Triturrita, è riportato in vari
documenti già dall' età romana. Il Borchardt, (storico dell'arte tedesco
dei primi del novecento vissuto per molti anni in Toscana) formula l'ipotesi
che Pisa avesse già una florida attività mercantile 5 millenni fà per i
commerci che univano Spina (porto greco-adriatico sul delta del Po a Pisa
(città-porto nata tra il delta dell'Arno e del Serchio che all'epoca si
univano in unico immenso delta) per la "strada dell'ambra".In età
romana, il porto pisano, ebbe un notevole incremento di attività,
diventanto uno dei porti di maggiore importanza sia per le merci che per le
flotte della Roma imperiale. Forse è a Pisa stessa, che Roma deve le sue
conoscenze marittime e militari quando vengono sconfitti per mare i
Cartaginesi alleati dei liguri e sempre a Pisa si appoggia dopo avere
assoggettato le popolazioni etrusche di Toscana per imparare l'arte del
navigare, ciò che gli permetterà in seguito di estendere e tenere i
contatti anche con le province più remote del Mediterraneo.(come si vede la
lotta per la supremazia del tirreno tra Pisa e Genova è durata millenni, e
come allora Pisa si alleava con la forte Roma per sconfiggere i liguri, dopo
circa un migliaio d'anni darà tutto il suo completo appoggio, che gli
risulterà fatale, ai disegni imperiali ghibellini pur di sconfiggere la sua
gloriosa nemica Genova)
L’intensa attività armatoriale, mercantile e finanziaria svolta dai
pisani, in progressivo incremento a partire dall’XI secolo in avanti,
determinò da parte loro la necessità di garantirsi approdi sicuri lungo le
coste toscane così da garantirsi attracchi d’emergenza o in caso di
necessità di approvvigionamenti, ma anche con la prospettiva di stabilire
un controllo sempre maggiore sul litorale toscano e da preservarlo dagli
attacchi dei saraceni. Avviarono dunque una serie di lavori tesi alla
fortificazione di alcuni luoghi strategici come Vada e Livorno, e poi Nugola
e Rosignano Marittimo. In accordo con l’impegno del papato teso a
contrastare con ogni mezzo l’avanzata islamica, si eressero poi due
monasteri, S.Felice di Vada e San Giustiniano di Falesia, entrambi della
prima metà del secolo XI. In particolare, un ruolo decisivo venne svolto
dai monaci di quest’ultimo convento, i quali presero parte
nell’edificazione del vicino castello di Piombino, che divenne ben presto
un altro importante porto, cruciale per le rotte di navigazione per
l’Isola d’Elba e le altre isole più piccole prospicienti, ma
soprattutto per i traffici con la Sardegna.
Dal 1157 il Comune di Pisa decise la fortificazione del Porto Pisano, il più
importante della città. Le sue strutture subirono progressive modificazioni
e distruzioni: nel 1290 fu infatti raso al suolo completamente, ed ulteriori
devastazioni furono compiute almeno fino al 1362, quando passò sotto il
dominio fiorentino. Nel 1156 si era avviata l'edificazione di una torre
sullo scoglio della Meloria, che fu terminata l'anno successivo. Nell'estate
del 1157 si eressero due torri nel Portus Magnalis, come si chiamava una
parte di Porto Pisano. La prima ad essere completata, nel novembre del 1162,
fu la torre dalla parte di Livorno; e l'anno successivo fu ultimata anche
l'altra, dalla parte della Frasca. Entrambe erano dette turres de Magnali.
Nel 1174 si pose mano all'edificazione del Magnum Fondacum, cioè del
magazzino per il ricovero merci, che era fortificato. Tutti questi lavori di
edilizia militare facevano parte di un progetto generale di fortificazione e
creazione di strutture portuali, progetto parallelo alla fortificazione
della città di Pisa. In esso si può comprendere anche la costruzione del
Fanale del porto di Livorno, di cui non si conosce l'anno esatto e di una
quarta torre, detta turris nova de Formice (la torre della Formica) in
costruzione, pare, nel 1285. La Torre della Formica rappresenta forse
l'esempio più significativo dell'importanza delle fortificazioni costiere
per il sistema portuale pisano. Si trattava infatti di una fortificazione
posta nel Porto Pisano, in una località strategica dove il console del mare
era tenuto a mantenere dei pali per consentire alle navi di accostarvisi ed
ormeggiare. Infatti le galere non navigavano isolate, ma in carovana. Quando
la carovana arrivava, nel porto non c’era posto per tutte, perciò alcune
dovevano sostare in rada, presumibilmente attraccate in questo punto.
L'assetto del porto mutò in seguito alle distruzioni operate dai Genovesi
nel 1285 e nel 1290, con l'abbattimento del Fanale e delle quattro torri del
Porto Pisano. In seguito, però, il Fanale e tre torri furono ricostruite
nel giro di pochi anni. Il primo nel 1310 era già funzionante e le torri
sono presenti fin dal 1297, nominate: la torre Vermiglia (turris Vermilia)
eretta sulle rovine della torre della Formica, la torre del Magnale (turris
Magnalis) e la Torrazza (Turrassa). Ciascuna torre era fornita di castellani
e sergenti.
La Torre di Foce d'Arno
Il fiume Arno, via di accesso della città al mare, era sempre stato
difficile alla navigazione per la presenza di banchi di sabbia. Soprattutto
il passaggio della foce era particolarmente difficile. Basti pensare che nel
1113 le galee pisane, in partenza per la spedizione delle Baleari, per
evitare di incagliarsi dovettero essere scaricate prima dell'uscita a mare
per essere ricaricate dopo la foce.
Secondo gli statuti dell'Ordine del Mare del 1304, i guardiani della torre
di foce d'Arno avevano anche il compito di consigliare ai marinai che
volessero uscire se era il momento opportuno o no di farlo. Inoltre una
barca, che stazionava presso quella torre, aveva il compito di aiutare i
ligna e le chiatte a entrare nella foce. Poi, prima di salpare per risalire
il fiume fino in città, i barcaroli dovevano controllare se sulla Torre di
Foce d'Arno era issata una vela, nel qual caso non dovevano muoversi, in
quanto ciò significava che l'accesso era pericoloso. Nel 1327 la dotazione
della torre comprendeva anche 60 "signales" per evidenziare il
canale d'ingresso, alcune dozzine di lanterne per le segnalazioni notturne,
tutto l'occorrente per alzare il pennone della vela sull'albero in cima alla
torre, filo e aghi per rattoppare la vela.
Quanto poi alle imbarcazioni più pesanti e di stazza maggiore, non potevano
raggiungere Pisa per via d'acqua e dovevano sbarcare a Porto Pisano.
Regolamenti e legislazione marittima
Quell’aristocrazia consolare di mercanti e armatori e uomini d’arme e di
legge che il 1153 aveva cacciato il visconte e fatti propri i diritti
economici che questo esercitava in nome della Marca, che aveva trasformato
per un decennio la città e i porto in un grande cantiere programmandone lo
sviluppo, negli stessi anni dava ai Pisani le prime norme dell’autonoma
convivenza civile, e fissava nei Costituti il patrimonio di leggi ed usi
ereditate dagli avi e in particolare quei “consuetudines quas habent de
mari” sulle quali per oltre un secolo aveva basato la propria attività e
di cui nel 1081 aveva chiesto conferma all’imperatore Enrico IV.
I Brevi del Comune e del Popolo nelle successive redazioni del 1286 e del
primo quarto del Trecento sono, accanto ai primi due Brevi dei consoli della
metà del XII secolo, le fonti che meglio ci aiutano a comprendere le
evoluzione delle strutture della città e del porto, i mutamenti della
rappresentanza politica e delle funzioni, lo stato della finanza pubblica e
la qualità degli affari.
Un segno significativo del crescente prestigio di Pisa, frutto delle
fortunate imprese militari compiute contro i saraceni in numerose occasioni,
è la compilazione di un codice marittimo, le “Consuetudini del mare”,
che per lungo tempo regolò la navigazione e le relative controversie.
Si ottenne per questi documenti anche l’approvazione del papa (1075) e
dell’imperatore (1081).
Resta indubitabile che in quest’epoca non esisteva alcuna forma di legge o
autorità, in mare, che non fosse quella della convenienza e della forza.
Così, accanto alle numerose attestazioni di gesta eroiche dei pisani contro
i così detti “pirati” saraceni, si ricordi a onor del vero un episodio
in grado di gettare una luce meno parziale sulla rievocazione storica. Si
tratta della storia di Motrone.
A nord della costa pisana, alla foce del piccolo torrente Motrone, si aveva
una insenatura naturale, non un vero porto, dato il basso fondale e
l’insufficiente fortificazione, inadatta sia per la guardia che per il
ricovero delle merci, ma comunque era assai utilizzato dai fiorentini – in
accordo con i lucchesi - per scaricarvi i propri carichi aggirando così le
imposizioni pretese dai pisani.
Ovviamente, questi ultimi provvedevano saltuariamente a raggiungere la
località ed appropriarsi dell’intero carico, al pari di un’operazione
di lotta al contrabbando, ritenuta però vera e propria pirateria da parte
tanto dei fiorentini che dei lucchesi.
I lucchesi, da parte loro, si riservavano di sequestrare il carico di ogni
imbarcazione che si avvicinasse alle loro coste, oppure di attaccare le
carovane che attraversavano il loro territorio senza esplicito permesso.
STORIA E IPOTESI SULLE NAVI Pisane NEL PORTO PISANO di San Rossore
di Edo Mori
(tratto da "Il Pendolo del Turismo")
Un tempo, l'Auser (ovvero il Serchio) raggirava il gruppo dei Monti Pisani
ad oriente passando dal lago di Bientina e si univa all'Arno presso
l'attuale Vico Pisano, anticamente chiamato Auser Insula. Secondo Strabone,
storico e geografo greco vissuto dal 63 a.C. al 19 d.C., il corso del fiume
rimase invariato fino al III secolo a.C., dopo di che, probabilmente per
eventi eccezionali calamitosi, lo stesso Auser ruppe gli argini nei pressi
della località che venne denominata Ripafratta, andando quindi a costituire
un nuovo alveo e corso che attraverso la valle già esistente tornò a
riversarsi nel fiume Arno, molto a Sud di Pisa. L'Auser era navigabile fino
a Pisa ed oltre e proprio sulla sua riva sinistra era stato costruito il
Porto Pisano, già conosciuto come Porto Etrusco. A quell'epoca sempre
secondo Strabone (V, 2, 3) Pisa distava dal mare, cioè dall'attuale San
Piero a Grado, all'incirca 20 stadi (vale a dire 3600 metri), quindi le navi
da carico o da guerra risalivano il delta paludoso dell'Arno e quindi l'Auser
fino al Porto Pisano. Anzi è da precisare che la congiunzione dell'Auser
con l'Arno aveva formato a sud-ovest di Pisa un "conum pirarnidis"
(costituito da un grosso acciottolato portato sopra tutto dall'Auser). Da
notare che nel 264 a.C., all'inizio cioè delle guerre puniche, Pisa divenne
la base navale romana più avanzata per tutte le operazioni belliche. Nel
Porto Pisano, data la continua utilizzazione di questo da parte di Roma, si
sviluppò una non secondaria attività cantieristica, tanto che viene
attribuito ad un pisano, certo Piseo Tirreno, l'idea di applicare rostri
metallici alle navi romane. Diversi consoli romani utilizzarono quel porto e
fra i più famo si si ricordano C. Attilio, nel 225 a.C. e nel 218 a.C. da
Publio Cornelio Scipione, mentre nel 217 a.C. fu rinforzata la presenza
navale e militare, temendo di dover far fronte ad un minacciato sbarco
Cartaginese. Il Porto Pisano fu utilizzato anche nel 205 a.C. con l'inizio
delle guerre contro i Liguri, molto bellicosi e spinti dalla bramosia di
conquistare le ricchezze ed i beni pisani e romani. Si ha addirittura
notizia che nel 193 a.C. i Liguri presero d'assedio Pisa con 40.000 uomini.
Fu a quel punto che da Arezzo il Console Minucio Termo giunse a Pisa con
numeroso esercito, per liberare la città dall'assedio e dalle violenze. Così
Rorna fece acquartierare a Pisa, in permanenza, un esercito ed una flotta
entrambi in misura numericarnente rilevante. Si noti che nella cartina
citata - che il Tolaini sembra aver tratto dal Trevisan, Tongiorgi 1953 -
sono stati riportati in neretto i corsi attuali del Serchio e dell'Arno,
frutto di imponenti lavori di canalizzazione svolti soprattutto per il
Serchio nei secoli. Dal II secolo a.C. e negli anni successivi, l'abitato
Pisano si sviluppava fra la riva destra dell'Arno e la sinistra dell'Auser,
ma di più verso quest'ultimo. L'abitato pisano, è bene precisarlo, secondo
Livio non era costituito da agglomerati qualsiasi, bensì da una vera e
propria "Città Murata" (oppidum) molto ricca e sviluppata. Pisa
possedeva, infatti, molti terreni fertili, cave di pietra e molto legname
per costruzioni navali. Gli Etruschi avevano dominato fino a quel momento
con tutta la loro civiltà (si sono infatti ritrovati in Pisa e nei suoi
dintorni diversi reperti archeologici (templi, tombe, santuari, ecc.).
Tuttavia la potenza bellica romana si era ormai imposta e ciò segnò il
declino irreversibile degli Etruschi che vennero a confluire nella Civitas
Romana. Comunque, il poeta romano Claudio Claudiano (Alessandria 370 d.C. -
405 d.C) definì il porto Pisano come Porto Etrusco, attestandone così
l'importanza regionale. Al porto Pisano vi si accedeva dalla Porta della
Pietra attraverso la via di Porto Pisano. La prima citazione di un altro
approdo, questa volta marittimo, distinto dalla Città di Pisa, dopo che
quello fluviale era divenuto meno adatto alla navigazione, si ritrova in
Tacito. Docurnenti posteriori indicano che il "sinus" pisano
distava 9.000 passi, circa 13 chilometri, da San Piero a Grado, cioè nella
zona di Stagno. Il tracciato della strada portuense marittirna corrispondeva
a quello dell'attuale Via Vecchia Livornese. Gli attuali reperti delle navi
Pisane di San Rossore evidenziano un loro affondamento repentino e ciò ci
induce a pensare ad un evento calamitoso, quale una grossa ondata di piena
congiunta a violente rnareggiate tali da non consentire il normale'defluire
delle acque dei due fiumi al mare. Non è immaginabile che l'affondamento
repentino delle navi di cui si tratta sia stato provocato dalla violenza
bellica dei Liguri, anche se tutto è possibile. Oltre che al volume citato
di Emilio Tolaini, alcuni dati sono estratti dal volume "Pisa,
solitudine di un impero" di Rudolf Borchardt editore Nistri-Lischi,
1977
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